Cina vs Usa, è l’inizio di una guerra valutaria?

Il luglio azionario è stato caratterizzato dal consolidamento nell’imminenza delle sedute delle banche centrali in Europa e Usa alla fine del mese. L’indice MSCI EM ha ceduto qualcosa (intorno all’1,7%), mentre i mercati sviluppati hanno fatto registrare un leggero segno più grazie alle azioni Usa. Come esempio, azioni e valute sono risaliti con forza, in controtendenza rispetto ai Paesi emergenti, mentre il mercato indiano s’è mostrato particolarmente fiacco. Per quanto riguarda gli afflussi di capitale è proseguita la tendenza degli scorsi mesi: Le azioni dei mercati emergenti continuano a subire deflussi, mentre tra gli investitori internazionali resta elevata la domanda di obbligazioni. E’ quanto sottolinea nel suo commento il team Mercati Emergenti di Raiffeisen Capital Management.

Come previsto, la Fed abbassa i tassi, ma nega che si tratti di un ciclo di tagli duraturo

L’avvenimento più importante di luglio è arrivato alla fine del mese: la banca centrale Usa (Fed) aveva abbassato dello 0,25% i margini dei tassi per i Fed Funds, portandoli tra l’1,75 e il 2%. La musica d’accompagnamento ha però sorpreso quasi tutti gli operatori e gli osservatori. Il presidente della Fed, Powell, ha dichiarato esplicitamente che questo ritocco non è assolutamente pensato come l’inizio di un nuovo, lungo ciclo di abbassamento dei tassi. Una vera doccia fredda per i mercati finanziari, che avevano in parte già prezzato tre o quattro abbassamenti dei tassi per i prossimi 12 mesi. L’umore non è migliorato neppure con l’anticipo di due mesi della fine della riduzione di bilancio della Fed.

Il dollaro risale

Subito dopo la decisione in tema di tassi, il dollaro è risalito a un nuovo massimo pluriennale, nel frattempo è però nuovamente leggermente sceso. Solo nelle prossime settimane si vedrà se sarà in grado di sviluppare una nuova spinta al rialzo. È noto che un dollaro più forte è generalmente negativo per gli investimenti nei Paesi emergenti. A ciò s’aggiunge che una valuta Usa forte ostacola le banche centrali dei mercati emergenti nell’alleggerimento della rispettiva politica monetaria.

Trump ha annunciato a sorpresa nuovi dazi nei confronti della Cina
In fondo, la situazione suggerita dai dati Usa non forniva al presidente della Fed argomenti tali da giustificare l’abbassamento dei tassi. Non sorprende, quindi, che siano stati i rischi internazionali a occupare gran parte della scena, il conflitto commerciale in special modo. Il presidente Trump ha reagito all’abbassamento dei tassi, da lui considerato troppo tardivo e troppo limitato, con un nuovo attacco alla banca centrale. Inoltre, quasi a voler spingere la Fed a ulteriori abbassamenti dei tassi con un inasprimento del conflitto commerciale, ha annunciato subito dopo, tra la sorpresa di tutti, nuovi dazi per circa 300 miliardi di dollari sulle importazioni dalla Cina.

La moneta cinese scende sotto quota 7 yuan per dollaro: è l’inizio di una guerra valutaria?

All’inizio di agosto, lo yuan ha sfondato per la prima volta dal 2009 la quota di sette yuan per dollaro. In questo modo, le valute si spostano di nuovo maggiormente al centro dell’attenzione come possibile campo di battaglia nella guerra commerciale. È sicuramente possibile che prima o poi Trump ricorra anche a interventi mirati per indebolire il dollaro. Questo è un compito che spetta al ministero delle finanze; per questa ragione non sarebbe necessario l’assenso del parlamento né quello della banca centrale.

Un tale scenario, però, non pare essere ancora maturo al momento, anche perché Pechino ha subito stabilizzato lo yuan a quota sette. Il dollaro, inoltre, è una moneta anticiclica e, come tale, dovrebbe quindi tendenzialmente cedere non appena l’economia mondiale riprendesse a crescere. Vista così, per il desiderio di Trump di un dollaro più debole sarebbe molto meglio smettere di appiccare continuamente nuovi focolari di disturbo per l’economia mondiale che non sospingere ogni volta di nuovo verso l’alto involontariamente la moneta statunitense con le sue dichiarazioni e i suoi interventi.

Sinora, i dati economici fondamentali non indicano ancora alcuna vera ripresa dell’economia mondiale. Tuttavia, si moltiplicano i segnali di un arrivo graduale dello stimolo cinese sull’economia reale. Nei prossimi tempi, ciò potrebbe irradiarsi in modo positivo specialmente su Asia ed Europa. Nei prossimi mesi dovrebbero produrre i loro effetti anche gli abbassamenti dei tassi negli Usa e in numerosi Paesi emergenti.

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