Come cambiano gli stimoli monetari sulle due sponde dell’Atlantico

La BoE come atteso ha aumentato l’arsenale a disposizione per il suo programma di QE con ulteriori 100 mld di sterline, ma ha al contempo manifestato l’intenzione di ridurre, e non aumentare, l’intervento monetario nei mesi a venire, prendendo di sopresa gli operatori, senza oltrettutto menzionare neanche come ipotesi l’idea di adottare tassi negativi.

Per quanto riguarda il Recovery Fund da 750 mld di euro dell’Eurozona, anche qui al più ci si attende il calcio di inizio di un lungo dibattito che non lesinerà duri confronti, alla luce soprattutto della posizione contrarian dei c.d. “frugal four” (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca).

Il diverso approccio alle politiche di stimolo sui due versanti dell’Atlantico si ribadisce sui mercati valutari, con l’euro in visibile arretramento in area 1,12 contro dollaro e la sterlina che ieri ha accusato in maniera significativa le incertezze manifestate dalla Banca Centrale anglosassone. Questo malgrado Trump non manchi mai di movimentare il mercato, preso tra lo scontro con l’ex consigliere Bolton (il cui libro dipinge un quadro del Tycoon decisamente impietoso) ed il braccio di ferro con la Cina. Per quanto rigiarda quest’ultima tematica, il Presidente americano, andando come non di rado contro il parere dei suoi consiglieri, ha ventilato un taglio netto dei rapporti con il Dragone (“total decoupling”) minaccia a quanto pare recapitata a destinazione nella Citta Proibita dato che Pechino ha confermato di voler accellerare il ritmo di acquisto dei beni agricoli statunitensi rispettando così i termini della tregua commerciale stilata nella c.d. Fase 1.

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