Coronavirus e politica economica: i prossimi passi dell’Europa

A cura di Paolo Zanghieri, Senior Economist di Generali Investments

La portata dell’intervento di banche centrali e governi non è stata ancora sufficiente per mettere fine al nervosismo sui mercati finanziari, soprattutto per quanto riguarda l’obbligazionario privato. Sono due i pilastri che ancora mancano: innanzitutto, fornire finanziamenti a lungo termine alle aziende non finanziarie è un interruttore molto efficace, in grado di impedire che i problemi di liquidità evolvano in potenziali rischi per la solvibilità. I programmi della Bce offrono abbondante liquidità mentre l’attuale legislazione impedisce alla Fed di acquisire credito corporate a lungo termine. Ci aspettiamo un cambiamento normativo o almeno la creazione di un veicolo garantito dal Tesoro degli Stati Uniti in grado di procedere all’acquisto di grandi quantità di credito.

Per quanto riguarda la politica fiscale, l’Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti in termini di risorse e le iniziative sono per lo più prese a livello nazionale. Il grande piano definito in Germania e la sospensione del Patto di Stabilità sono misure rapide, all’interno delle norme esistenti. Tuttavia, misure congiunte sono estremanente necessarie, per assicurarsi che in paesi ad alto debito come l’Italia il rischio di un circolo vizioso tra debito pubblico e le banche non vada a limitare il margine fiscale.

L’incontro di giovedì sarà cruciale. Sono in corso colloqui circa gli Eurobond per affrontare il coronavirus, ma non tutti i membri dell’Area euro sembrano pienamente convinti e inoltre l’attuazione potrebbe richiedere troppo tempo. Una mutualizzazione de facto del rischio potrebbe essere raggiunta più rapidamente attraverso il meccanismo europeo di stabilità (Mes), con l’acquisto di obbligazioni o l’emissione di linee di credito.

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