A cura di Pictet Am
Non appena ha iniziato a riemergere dalla stasi post-crisi finanziaria, il dollaro si è incamminato per un viaggio per lo più di sola andata. Ponderato per gli scambi commerciali, ha guadagnato il 37% da luglio 2011 e si trova al momento ad avere la migliore valutazione dell’ultimo quarto di secolo come minimo (si veda il grafico). La forza del dollaro è sostenuta da una robusta economia americana, un’inflazione in aumento e una politica fiscale espansionistica, che hanno indotto la Fed a porsi in prima linea nell’invertire la politica monetaria accomodante d’emergenza attuata nello scorso decennio.
Ma riteniamo che la corsa della valuta statunitense possa essere giunta al capolinea. A meno che non vi sia una sorpresa inflazionistica o che l’amministrazione del Presidente Donald Trump offra un altro giro di tagli fiscali, le prospettive di ulteriori guadagni del dollaro paiono limitate.
Di conseguenza, abbiamo aumentato la nostra posizione sul tasso di cambio euro-dollaro da sottopeso a neutra. Contemporaneamente, tuttavia, abbiamo deciso di ridurre al minimo l’esposizione alla possibile volatilità valutaria riducendo anche la nostra posizione sul franco svizzero da sovrappeso a neutra.
A prescindere dalla recente debolezza dell’oro, che in parte potrebbe essere stata trainata da alcune vendite delle banche centrali dei mercati emergenti, nel tentativo di difendere le loro valute in difficoltà – abbiamo mantenuto la nostra posizione di sovraponderazione sul metallo prezioso. Inoltre, i nostri indicatori tecnici suggeriscono che il mercato ha una posizione netta corta sull’oro, una situazione senza precedenti. Un dollaro più debole dovrebbe essere favorevole per il debito in valuta locale dei mercati emergenti, su cui rimaniamo sovrappesati, anche in virtù del fatto che il debito in valuta locale dei mercati emergenti è l’unica classe di reddito fisso inequivocabilmente a buon mercato – soprattutto per via della debolezza delle valute emergenti. In base ai nostri parametri di valutazione, le valute dei mercati emergenti hanno le valutazioni rispetto al dollaro più basse almeno degli ultimi 20 anni, sulla base della parità del potere d’acquisto.
Siamo anche sovrappesati sui Treasury USA, a titolo di copertura contro la volatilità dei mercati globali e dato che sono meno costosi rispetto agli altri mercati obbligazionari. Con uno spread tra i rendimenti dei Treasury a 10 e a 2 anni di nuovo a 18 punti base, il livello minimo da luglio 2007, un numero sempre maggiore di operatori del mercato si è preoccupato per le prospettive a medio termine dell’economia statunitense (storicamente una curva dei rendimenti inversa ha segnalato l’inizio di una fase di recessione).
Contemporaneamente, siamo prudenti sul credito. Le valutazioni sono troppo elevate, mentre la leva societaria è in aumento – a un massimo degli ultimi 20 anni per metà dei settori non finanziari – e gli accordi tra creditori stanno indebolendo il mercato obbligazionario primario.