Crescita economica europea ignorata per l’incertezza politica

A cura di Steven Andrew, M&G Investments
L’elezione di Emmanuel Macron al ruolo di presidente della Francia segna una svolta importante nel discorso politico europeo: non tutto il malcontento popolare in Europa si può liquidare come anti-UE o come semplice nazionalismo.
Per gli investitori, la vittoria di Macron conta più come testimonianza del rifiuto dell’alternativa che non come segnale di un netto cambio di direzione della politica francese. Di sicuro è una buona notizia per chi crede nel progetto europeo, dato che il suo programma è incentrato su un’integrazione più profonda e una migliore cooperazione fra i vari Stati dell’Unione.
Inoltre, da convinto sostenitore del libero commercio e della globalizzazione, il nuovo presidente della Francia punterà a beneficiare di queste tendenze anziché a combatterle. Tuttavia, dovremo attendere fino alle elezioni dell’Assemblea nazionale a giugno per stabilire in che misura questo evento segni effettivamente una svolta tangibile nella politica economica francese.
Forse nel breve termine un fattore più importante è la possibilità che lo scardinamento di uno schema narrativo imperniato sulla “euroframmentazione” incoraggi gli investitori a concentrarsi sui dati fondamentali in miglioramento in tutta la regione. Negli ultimi anni, il contesto economico è decisamente migliorato in Francia, come nel resto dell’area euro, e lo testimoniano non solo l’accelerazione della crescita e i tassi di disoccupazione in calo, ma anche più di recente gli utili e i fatturati delle imprese nettamente superiori alle aspettative del mercato nel periodo iniziale del 2017.

Come abbiamo già osservato in precedenza, diversi segnali indicano che i mercati hanno in parte ignorato il vigore dei dati a causa dei timori per l’ incertezza politica.
Un esame attento delle valutazioni corrette su base ciclica nei mercati azionari europei rivela che il livello attuale risulta appetibile in termini storici, e questo dipende dal fatto che gli investitori non credono che il futuro somiglierà al passato.

La vittoria di Macron in sé probabilmente non basterà a riportare i segnali di valutazione ai livelli precedenti (e a generare i consistenti rendimenti collegati), ma la sensazione che qualche rischio sia stato rimosso, unita all’evidenza che un “ciclo” degno di questo nome è quanto meno possibile, è già un buon inizio. Inoltre, se queste influenze avranno un impatto positivo sui titoli sovrani dell’Eurozona periferica, come ha ipotizzato Maria il mese scorso, potrebbe crearsi un ambiente più favorevole per le società.
L’esperienza recente ha dimostrato la sostanziale inutilità di interrogarsi ossessivamente sui risultati elettorali: se l’esito di un voto è imprevedibile, le risposte dei prezzi a breve termine e gli impatti economici di lungo periodo lo sono ancora di più.

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