Crescita in bilico tra politiche monetarie e tensioni commerciali

Politiche delle banche centrali, dispute commerciali e tensioni geopolitiche: questi i principali fattori che, secondo le affiliate Legg Mason, muoveranno i mercati nei prossimi mesi. I fondamentali economici sono ancora abbastanza buoni da poter sostenere la crescita negli Stati Uniti e a livello globale, anche se probabilmente ad un ritmo più lento rispetto ai mesi scorsi. Di seguito, le view di cinque delle nove case di gestione del gruppo Legg Mason: Martin Currie (azionario globale), ClearBridge Investments (azionario USA), Western Asset e Brandywine Global (obbligazionario globale) e Royce&Associates (small cap USA).

Andare oltre i rischi geopolitici e le politiche monetarie, focalizzandosi sui singoli titoli

A nostro parere, il principale macro tema che ci accompagnerà da qui alla fine al 2019 è quello del rischio geopolitico, in particolare incentrato in due aree chiave: le tensioni tra Stati Uniti e Cina, e l’attenzione attorno alla Brexit (con la continua incertezza sull’esito finale).

La guerra commerciale influenzerà le prospettive a lungo termine dell’economia cinese e di quella statunitense e, di conseguenza, i fattori che trainano la crescita economica globale. Sebbene le autorità cinesi quest’anno abbiano continuato ad agire per evitare una battuta d’arresto della loro economia, in questa fase c’è ancora il rischio di un indebolimento dello slancio economico. Questo porterà, a sua volta, il mercato a focalizzarsi su un altro nodo del contesto macro, vale a dire la necessità di considerare attentamente le mosse di politica monetaria nelle diverse regioni. L’orientamento monetario accomodante sarà probabilmente un altro tema chiave per il resto dell’anno e oltre

Riteniamo comunque che l’attuale stallo sui dazi non eserciti un’influenza preoccupante sulle prospettive a lungo termine per i mercati azionari. La nostra visione non è cambiata – continuiamo a notare una mancanza di pressioni inflazionistiche e, anzi, vediamo la presenza forti correnti deflazionistiche sottostanti causate dalla disruption tecnologica.

I leading indicator sono deboli in tutte le regioni, e evidenziano il rischio al ribasso delle stime del PIL e delle previsioni sugli utili. A nostro parere, le valutazioni azionarie sono relativamente più favorevoli in Asia e in Europa rispetto agli Stati Uniti, sebbene il contesto dell’indebolimento dello slancio economico suggerisca nuovamente come l’analisi della politica monetaria sia diventata ora un aspetto da tenere in grande considerazione, nel valutare la direzione del mercato.

Come Martin Currie, continueremo a concentrare le nostre analisi sui singoli titoli, cercando quelli che offrono profili di crescita e rendimento interessanti, e che operano in settori con dinamiche favorevoli, alte barriere all’ingresso e con forte potere di determinazione dei prezzi, oltre che con basso rischio di disruption. Sottolineamo comunque come le azioni dei mercati emergenti restino in generale attraenti per gli investitori di lungo periodo.

Economia USA al bivio tra rallentamento e recessione, ma l’azionario crescerà ancora

Le azioni statunitensi, misurate con l’indice S&P 500, hanno chiuso i primi sei mesi del 2019 con un aumento del 18,5%, la loro migliore performance dal 1997. Anche se ci aspettiamo rendimenti ancora più elevati nella seconda metà dell’anno, molti dei fattori percepiti come positivi che hanno spinto le azioni verso i massimi di tutti i tempi potrebbero rivelarsi meno favorevoli in futuro.

Nonostante la distensione commerciale tra USA e Cina emersa dal G-20, ad esempio, se non si trovasse un accordo nei prossimi mesi e le tensioni si intensificassero, il comparto azionario potrebbe subire una spinta verso il basso. È già avvenuto nel recente passato, quando rapidi sell off sono stati causati proprio dalle paure sulla guerra commerciale. A nostro avviso, la recente “tregua” commerciale potrebbe essere una sorta di specchietto per le allodole per coprire la mancanza di reali progressi.

Il secondo fattore percepito come positivo per i titoli, ma che potrebbe invece giustificare una posizione più cauta, è l’allentamento della politica monetaria da parte della Federal Reserve. Storicamente, infatti, i tagli della Fed sono ribassisti per le azioni e l’economia. Dieci degli ultimi tredici cicli di rialzo dei tassi di interesse si sono conclusi con una recessione perché la Fed ha agito troppo tardi, e l’abbassamento dei tassi non ha potuto impedire il crollo del sistema economico.

È importante sottolineare come l’attuale inversione della curva dei rendimenti non duri da molto tempo e sia relativamente superficiale, il che significa che c’è ancora una possibilità che la Fed possa invertire la rotta e gestire un “atterraggio morbido” come nel 1995 o del 1998. I mercati toro e orso sono principalmente una funzione della liquidità nel sistema. Pensiamo che al momento la liquidità non manchi, e che – con i tassi che dovrebbero abbassarsi leggermente e e l’inflazione che resterà contenuta – la situazione dovrebbe restare tale. Al momento, guarderemo ai previsti tagli dei tassi come una misura limitata, e una sorta di “polizza assicurativa” per sostenere la crescita.

Infine, il “semaforo” della nostra ClearBridge Recession Risk Dashboard è recentemente passato dal verde al giallo segnalando la necessità di maggior prudenza. È importante notare che un “semaforo”giallo non significhi che il ciclo di mercato o economico sia già al termine. In media, il nostro indicatore dovrebbe diventare giallo sia prima di una che recessione che prima di un picco di mercato. In passato la nostra Dashboard ha espresso per tre volte segnali gialli che non sono mai peggiorati fino al livello rosso: è accaduto nel 1995, nel 1998 e nel 2015.1 Sebbene l’economia abbia evitato una recessione in ciascuno di questi casi, l’attività economica ha subito un sostanziale rallentamento prima di invertire la rotta.

Se il semaforo dovesse diventare rosso, diventeremmo molto più cauti, dato il suo miglior track record di previsione delle recessioni. Insomma, l’economia degli Stati Uniti è a un bivio: o un breve rallentamento, o una vera e propria recessione. Indipendentemente da cosa succederà, la storia suggerisce che il mercato azionario continuerà a salire nei prossimi mesi, accompagnato da un aumento della volatilità. In termini di posizionamento in questo scenario, intendiamo muoverci con cautela nei settori più sensibili ai rischi derivanti dalla guerra commerciale e dal rallentamento della crescita globale. Prendiamo ad esempio il settore tecnologico. Il comparto hardware è molto esposto alla Cina, e segmenti come quello dei semiconduttori sono stati seriamente colpiti. Il mondo software, invece, è molto meno influenzato da ciò che accade in Cina. Sebbene il mercato possa essere soggetto a crolli o il settore tecnologico possa essere messo sotto pressione, durante i periodi di volatilità quello dei software è un settore sui cui ha senso continuare ad investire se non addirittura su cui esporsi maggiormente.

Nel decimo anno di mercato rialzista, non ci sono molti titoli che offrano sia valutazioni ragionevoli che fondamentali solidi. Segmenti dove sembrano esserci opportunità interessanti presentano delle controversie, come i sottosettori farmaceutici e biotecnologici dell’industria sanitaria, i quali continuano a doversi confrontare con la pressione sui prezzi e con il dibattito attorno a possibili modifiche al sistema sanitario.

Un altro settore in cui vediamo opportunità è quello del trasporto dell’energia. Le compagnie energetiche devono vedersela con le questioni riguardanti la domanda globale e su come ciò avrà un impatto sui prezzi delle materie prime. Ma finché i prezzi resteranno entro un certo intervallo, le società del settore potranno prosperare. Dopo anni di sofferenze in un mercato al ribasso, a nostro parere ora queste aziende offrono rendimenti interessanti e valutazioni moderate.

La crescita si dimostrerà resiliente, nonostante le tante incertezze

Sebbene persistano rischi sullo scenario globale, crediamo che le banche centrali manterranno un orientamento accomodante, che la crescità globale si mostrerà resiliente e che l’inflazione sarà moderata. In questo contesto, riteniamo che gli spread sui mercati creditizi globali dovrebbero continuare a ridursi rispetto ai bond governativi. I mercati emergenti, sebbene volatili, dovrebbero sovraperformare.

I timori per la crescita globale si sono intensificati dall’ultimo trimestre a causa delle preoccupazioni per il rallentamento della crescita negli Stati Uniti e nell’eurozona, per l’aumento della volatilità dei prezzi del petrolio e per le tensioni in Medio Oriente e quelle relative alla guerra commerciale. Guardando avanti, ci aspettiamo che la crescita globale sarà resiliente, con una crescita più forte negli Stati Uniti, condizioni in miglioramento in Europa e con lo stimolo economico in varie zone dell’Asia che comincia a produrre effetti. Mentre il commercio rimarrà una fonte di incertezza e sarà d’ostacolo per gli investitori e per la fiducia delle imprese a livello globale, è importante notare che le principali banche centrali sono diventate molto più esplicite nel loro impegno a applicare una politica accomodante per ridurre i rischi.

Nonostante gli sforzi della banca centrale USA, non si è verificata un’accelerazione della spesa nominale che avrebbe spinto in alto l’inflazione o la crescita. Più a lungo l’inflazione rimarrà pari o inferiore al livello del 2% stabilito dalla Fed, maggiore sarà la pressione sulla Fed stessa ad agire. Crediamo che le probabilità propendano verso diversi tagli dei tassi nella seconda parte dell’anno.

Riguardo l’attuale preoccupazione per l’inversione della curva dei rendimenti dei Treasury USA, notiamo come le inversioni della curva abbiano un eccellente track record nel prevedere le recessioni negli Stati Uniti dagli anni ’60 ad oggi. Tuttavia, la misura della curva dei rendimenti che preferiamo, ossia lo spread tra i tassi overnight e i rendimenti dei bond a lungo termine, al momento non presenta un’inversione.

La curva dei rendimenti attualmente è abbastanza piatta da far sì che un declino prolungato dei rendimenti dei bond a lungo termine (ad esempio, in occasione di un picco temporaneo dell’avversione al rischio) possa provocare un’inversione, ma i tagli dei tassi della Fed previsti entro la fine dell’anno, e ulteriori dimostrazioni di resilienza da parte dell’economia USA, dovrebbero prevenire che ciò avvenga.

Negli Stati Uniti, individuiamo valore nei Treasury a breve termine (vista la nostra previsione di crescita moderata e di una Fed prudente) e nelle obbligazioni a lungo termine (come copertura contro il rischio spread). Inoltre, tanto selezionati crediti corporate investment grade e high yield, quanto il debito dei mercati emergenti sia in dollari statunitensi che in valute locali, offrono carry e rendimento totale potenziale interessanti.

Small cap in rampa di lancio, soprattutto le cicliche

A livello macro, le nostre previsioni di inizio anno erano basate sull’idea che le economie degli Stati Uniti e della Cina si sarebbero scambiate di posto verso la fine del 2019, in maniera simile a quanto avvenuto nel 2016. A un certo punto, l’incrociarsi e infine il divergere delle traiettorie di crescita di questi due paesi avrebbe portato ad un soft landing dell’economia globale.

Tuttavia, la forza dei due fattori chiave di questa previsione – la politica della Fed e lo stimolo fiscale cinese – ha cominciato ad affievolirsi dalla fine del 2018. Entrando nel 2019, la politica monetaria USA era eccessivamente restrittiva, mentre le autorità cinesi hanno inasprito le condizioni di finanziamento invece che allentarle. Tutto ciò avrebbe potuto avere un effetto maggiormente positivo, se non ci fosse stata l’escalation delle tensioni commerciali con le conseguenti misure protezionistiche. Nonostante ciò, l’economia globale potrebbe entrare in una fase di svolta in questa seconda metà dell’anno. Il grafico in basso, che mette a paragone il cambiamento anno su anno dei Leading Indicators degli Stati Uniti e di quelli globali dell’OCSE, sottolinea una potenziale convergenza.

In questo momento, dunque, ci aspettiamo che la crescita globale semplicemente si stabilizzi, mentre quella USA comincerà a indebolirsi. Nonostante crediamo che il rallentamento della crescita globale raggiungerà un punto di flesso nei prossimi mesi, i mercati sembrano ancora prezzare una versione meno ottimista del contesto macro. Affinché il sentiment del mercato migliori, la Fed dovrebbe attuare una svolta strategica verso vere e proprie misure di stimolo. Speriamo inoltre che anche le autorità cinesi continuino a perseguire politiche di stimolo fino a quando l’economia non si stabilizzerà.

Pur non prevedendo una recessione globale o americana nel breve termine, riconosciamo la presenza di alcuni fattori di rischio che potrebbero sopprimere la crescita o semplicemente rallentarla. Il più grande di questi rischi è appunto uno stimolo insufficiente da parte dei policymaker cinesi e USA, soprattutto nel caso in cui le relazioni commerciali bilaterali dovessero deteriorarsi ulteriormente. Se questi fattori di supporto derivanti dalle politiche monetarie dovessero venir meno, una recessione negli Stati Uniti o globale diventerebbe più probabile. Il ritorno di un dollaro più forte in un periodo di avversione al rischio abbastanza duraturo avrebbe un effetto simile.

Restiamo focalizzati sulla proiezione di un soft landing dell’economia globale a fine 2019 o inizio 2020. Per questo motivo, molte opportunità di investimento si baseranno su come trarre beneficio in uno scenario in cui il dollaro si indebolisce, i prezzi delle commodity aumentano e i flussi commerciali – e in generale le esportazioni globali – si risollevano. Molte valute sensibili alle materie prime e alle esportazioni hanno sperimentato prolungate dislocazioni di prezzo a causa delle incertezze derivanti dalla guerra commerciale e dall’economia cinese, e dunque continuano a rappresentare opportunità di investimento. Ora che una risposta di policy coordinata potrebbe essere necessaria per prevenire una recessione globale, le banche centrali nei mercati emergenti e sviluppati sono pronte a un alleggerimento; le condizioni più accomodanti dovrebbe poi riflettersi nei prezzi dei bond sovrani. Il contesto di inflazione dei mercati emergenti è rimasto favorevole, il che rende interessanti i titoli a lungo termine in valuta locale.

Small cap in rampa di lancio, soprattutto le cicliche

Gli investitori nelle small cap hanno sperimentato un periodo altalenante nel secondo trimestre 2019 – molti movimenti, ma complessivamente progressi limitati. Dal nostro punto di vista, dopo un primo trimestre molto forte in cui l’indice Russell 2000 è aumentato del 14,6%, i rendimenti limitati delle small cap ci sembrano ragionevoli. Non è raro infatti che il mercato si prenda una pausa a seguito di un significativo rialzo; inoltre, il maggior ribasso del secondo trimestre, pari al 9,3%, è stato decisamente in linea con quanto le small cap hanno fatto in passato. Il delcino intra-annuale mediano dell’indice Russell 2000, negli ultimi 25 anni, è stato infatti del 14%.

Mentre quest’anno, finora, le small cap sono rimaste indietro rispetto alle large cap, svariati indicatori ci suggeriscono che questo rapporto potrebbe essere sul punto di invertirsi. In primis, le small cap hanno sperimentato un declino negli ultimi 12 mesi, mentre le large cap sono cresciute, e questa è una divergenza abbastanza rara. Negli ultimi vent’anni è capitato in meno del 7% dei casi – 16 periodi su 229. E in oltre il 90% dei successivi periodi di 12 mesi – 13 su 14 per la precisione – le small cap sono cresciute più delle large cap. Storicamente le small cap tendono a faticare rispetto alle società più grandi quando i rendimenti calano, così come nei periodi di rallentamento della crescita economica. Se uno o entrambi di questi fattori dovesse invertirsi nei prossimi anni, e la storia ci suggerisce che dovrebbero farlo, ci aspettiamo che le small cap riaffermino la loro leadership.

Nello specifico, oggi vediamo alcune delle maggiori opportunità in selezionate small cap cicliche. Spesso cerchiamo di individuare delle opportunità all’intersezione dei titoli cosiddetti quality e value. Le aziende in questa intersezione, nella nostra definizione, sono quelle con una redditività media o migliore della media e valutazioni invece inferiori rispetto alla media. Oggi, tre settori ciclici – consumi voluttuari, i titoli industriali e quelli legati ai materiali – possiedono questa interessante combinazione di attributi.

Pertanto, mentre sulla stampa si è parlato di molte revisioni al ribasso degli utili, le prospettive per la seconda metà dell’anno appaiono solide per molte delle aziende su cui puntiamo, specialmente in questi tre settori.

I mercati spesso sono capaci di sorprendere la maggior parte degli investitori. Attualmente, date le preoccupazioni diffuse sul rallentamento della crescita, sull’aumento delle tensioni commerciali e sull’estendersi del ciclo economico, il risultato più sorprendente potrebbe essere un rally. Individuiamo quattro fattori favorevoli nell’attuale contesto di mercato – bassa inflazione, valutazioni modeste, crescita moderata e liquidità in aumento. Messi insieme, riteniamo che questi fattori dipingano un quadro interessante per chi investe in small cap. Essendoci così tanta attenzione sulle questioni negative a livello macro, crediamo che questo quadro positivo potrebbe sfuggire a molti investitori.

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