Crescita più debole, un buon segnale per sostenere le azioni?

A cura di Maria Municchi, M&G Investments

La scorsa settimana l’FMI ha pubblicato le sue ultime prospettive economiche. È stato il debutto di Gita Gopinath, la prima donna a occupare la carica di Chief Economist del FMI. La Gopinath ha affermato che “mentre la crescita globale nel 2018 è rimasta prossima ai livelli elevati post-crisi, l’espansione globale sta rallentando”. Di fatto, il rallentamento della crescita è stato in qualche modo sorprendente e i dati ad alta frequenza (principalmente PMI) hanno continuato a deludere anche nel 2019.

Le ultime proiezioni di crescita dell’FMI sono state adeguate modestamente, con un rallentamento della crescita economica globale di circa lo 0,2% al 3,5% nel 2019, principalmente a causa delle economie avanzate (Germania, Italia e Francia in particolare).

Ovviamente, dovremmo già sapere ormai che queste previsioni servono a ben poco. Sottolineare questo punto non significa attaccare l’FMI, ma semplicemente ammettere l’impossibilità di tali previsioni, a prescindere da chi le sta formulando (come scriveva ieri Greg Ip “A Davos, nessuno sa niente, e questo è il problema”).
Tuttavia, anche se le previsioni di per sé andrebbero probabilmente ignorate, le prospettive dell’FMI rappresentano indubbiamente un indicatore utile delle opinioni di consenso dei mercati odierni, offrendo uno specchio delle nostre stesse paure o speranze.
Rischi politici: incoraggiare l’attenzione rivolta alle “incognite note”
È interessante notare come Gopinah abbia dedicato del tempo alla descrizione dei rischi potenziali delle prospettive, suggerendo che i rischi di ribasso principali non sono di natura economica o finanziaria (come un’elevata leva societaria, un elevato debito EM o utili in caduta…), ma principalmente di natura politica. Le tensioni commerciali, la politica italiana, la Brexit e la chiusura federale USA sono tutti stati citati come potenziali fonti di ulteriore declino della crescita globale.
Quanto possiamo sapere dello svolgersi di tali eventi politici? E soprattutto, il mercato azionario ci sta offrendo compensazioni sufficienti per assumerci oggi questi rischi? Indubbiamente per gli investitori, dovrebbe essere incoraggiante vedere che gli attori di mercato iniziano a concentrarsi sugli scenari peggiori su tematiche che sono “doppie incognite”, sia in termini di esiti stessi, che di impatto di questi esiti sul sistema finanziario.
Quello che sappiamo è che da inizio 2018, i rendimenti degli utili sull’indice MSCI All Country World sono aumentati di oltre l’1,5% a circa il 7,5%. Proprio per via delle paure delineate dall’FMI, i prezzi ora implicano che agli investitori venga ora offerto l’1,5% in più ogni anno per far fronte a tali rischi politici e di altro tipo (almeno in teoria, se non in pratica).

In alcuni mercati, come il Giappone, stiamo ricevendo il 2,5% in più rispetto a un anno fa e le valutazioni sono le più vantaggiose dal culmine della crisi dell’Eurozona. Per inciso, le proiezioni di crescita 2019 dell’FMI per l’economia giapponese sono migliorate dello 0,2% dallo scorso ottobre, toccando l’1,1%.
Al di là delle politiche
Per via di proiezioni di crescita più deboli e ulteriori rischi di ribasso, il direttore dell’FMI Cristine Lagarde ha lanciato un appello, invitando le istituzioni politiche a risolvere le problematiche politiche di maggiore attualità, di rafforzare resilienza, incrementare l’inclusione sociale e la collaborazione tra le nazioni.
Se ciò succedesse, potrebbe esserci un certo recupero sui mercati azionari, al di là di quello già visto a gennaio. Il contesto sembra essere più positivo di quanto suggerisca il sentiment: i dati economici non suggeriscono ancora un rallentamento sostenuto – in contrapposizione a quello ciclico -, molti mercati del lavoro continuano a rafforzarsi e le prospettive di inflazione rimangono favorevoli.
La situazione potrebbe chiaramente peggiorare, ma attualmente la remunerazione offerta per quel rischio è più elevata, anche in alcune parti del mercato obbligazionario. Se l’incertezza relativa ai problemi politici scemasse, un miglior clima di mercato potrebbe generare risultati potenziali di un certo peso sui mercati azionari.
È poco probabile che l’esito di questo scenario possa essere influenzato, o previsto, dall’FMI.

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