Da quasi vent’anni l’Europa ha una moneta unica ma i modelli di crescita degli Stati membri sono stati tutt’altro che omogenei

A cura di Dws

Fin dall’inizio dell’unione monetaria, i risultati economici degli Stati membri dell’Eurozona hanno seguito percorsi diversi. La Germania ha avuto un inizio debole, ma successivamente è riuscita a recuperare. La Francia ha registrato una forte crescita nelle fasi iniziali della moneta unica, ma negli ultimi 10 anni ha perso slancio. I due paesi ora sono simili in termini di crescita del PIL, come dimostra il nostro “grafico della settimana” (utilizzando i dati a fine 2017 e prendendo come punto di partenza il 1999).
Per quanto riguarda l’Italia, all’inizio la crescita è stata debole e ha subito una brusca battuta d’arresto durante la crisi del debito europeo*. Il paese ha iniziato a recuperare nel 2014, ma sfortunatamente continua a essere indietro rispetto agli altri. La Spagna, al contrario, ha beneficiato di un’economia in forte espansione durante i primi anni della moneta unica. Ciò è avvenuto a spese di un rapido aumento del debito e di un deterioramento della bilancia dei pagamenti. Il PIL spagnolo tra il 2008 e il 2013 si è contratto di quasi il 10%. Di conseguenza, i cinici commentatori hanno continuato a inventarsi acronimi poco lusinghieri, se non addirittura offensivi, per i paesi periferici dell’Eurozona.
Dal 2014, tuttavia, la Spagna è di nuovo sulla buona strada, con tassi di crescita annuali del 3%. Il settore bancario stabile, la bilancia dei pagamenti positiva e il calo della disoccupazione hanno dato ulteriori prove del fatto che la Spagna è tornata tra i paesi forti dell’Eurozona. Sulla base di questi sviluppi, DWS già da tempo non annovera più la Spagna come paese della cosiddetta Eurozona periferica. Secondo Oliver Eichmann, co-head European rates di DWS (in allegato una foto), la Spagna è sulla buona strada per rientrare nuovamente nella classe dei paesi “semicore” dell’Eurozona.

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