Dacci un taglio, Jerome! L’analisi di Gam sulle possibili mosse della Fed

A cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr 

C’è molta attesa per il meeting della Fed di fine ottobre. Il mercato scommette su un ulteriore taglio dei tassi di 25 punti base, con una probabilità del 70%. La curva dei rendimenti nelle ultime settimane ha già incorporato il movimento, con il 3 mesi sceso (guarda caso) di 25 centesimi. All’interno del Fomc, però, non pare esserci unanimità di vedute; alcuni banchieri, fra cui il Presidente della Fed di Chicago, sarebbero orientati a mantenere il livello attuale fino a fine anno, mentre altri sembrano propensi ad un’ulteriore sforbiciata.

I recenti dati, come l’Ism di settembre, non appaiono compatibili con le previsioni di crescita al 2,3% (stime Conference Board), ma fanno presumere una progressione più contenuta. La Fed sembra quindi in un angolo, accerchiata dalle altre principali banche centrali in modalità “espansiva” e da Trump che preme per un approccio più aggressivo, tale da indebolire il dollaro e ridare respiro alle esportazioni. Benché il gap commerciale con la Cina ad agosto abbia fatto segnare il minimo da 5 mesi, il deficit della Bilancia è salito oltre le attese. L’effetto dei dazi sull’operatività delle imprese è ormai evidente. La prossima reporting season è alle porte e il mercato stima una discesa degli utili delle aziende Usa del 2,7% rispetto allo scorso anno e una contrazione degli investimenti generalizzata. Diversamente dal passato, quando dati deludenti significavano automaticamente più stimoli da parte delle banche centrali e le asset class rischiose reagivano positivamente, nelle ultime settimane pare sia tornata la “normalità”: un brutto dato è semplicemente un brutto dato, le azioni scendono, i governativi si apprezzano.

Un rallentamento in questa fase avanzata del ciclo sarebbe fisiologico, così come una moderata correzione degli indici azionari, ma le continue tensioni politiche e commerciali rischiano di esacerbare i timori di imprenditori ed investitori. Come in una profezia che si auto avvera, la paura della recessione genera la recessione. Spetta a Powell tranquillizzare il mercato, o quantomeno non agitarlo ulteriormente, in attesa che gli stimoli fiscali cinesi possano avere effetto sull’economia. Il 2020 poi sarà un’altra storia. Da un punto di vista operativo, malgrado i livelli raggiunti, il Treasury resta una scelta difensiva contro ulteriori giravolte in questa interminabile trattativa.

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