Dalle stelle alle stalle… e ritorno. La schizofrenia del settore tech Usa

Stiamo assistendo allo scoppio di una bolla dei titoli tech? Dopo i guadagni emozionanti di quest’anno, il settore tecnologico statunitense ha registrato un calo di circa il 10% in soli quattro giorni. L’indice FANG+ della Borsa di New York è salito addirittura dell’85% nel 2020 (50% al di sopra persino del suo picco pre-Covid).

Prima dei recenti cali, l’entità dei guadagni aveva comprensibilmente portato con sé scetticismo, e alcuni staranno pensando che si tratta solo dell’inizio. I commenti di mercato hanno sottolineato l’ascesa di investitori non professionisti del tipo “Robinhood” (dal nome di una popolare piattaforma di investimento), o il ruolo degli acquisti massicci da parte di Softbank in Giappone, come segnali del fatto che i movimenti erano legati più alla ricerca di rendimento che alla realtà.

Tuttavia, secondo il Multi-Asset Team di M&G Investments ci sono forti contro-argomentazioni a questa visione ribassista. La sovraperformance del mercato statunitense e del suo settore tecnologico non è né nuova, né completamente avulsa dalle realtà di un mondo in crisi. E dovremmo stare molto attenti alla tentazione di pensare che il mercato, o anche solo alcune sue parti, sia “insensato”.

Come investitori comportamentali, guardare al prezzo e alle valutazioni è fondamentale per cercare di individuare le opportunità, ma lo è anche capire cosa spinge questi movimenti. Comprendendo ciò che sta succedendo a livello di fondamentali possiamo iniziare a considerare quanto sia veramente “irrazionale” il comportamento del mercato.

Dubitare della sovraperformance del settore tech Usa

La sovraperformance del mercato azionario statunitense rispetto al resto del mondo, e dei titoli tecnologici al suo interno, è da anni un grattacapo per i fund manager attivi. Gli Stati Uniti contano per una larga parte degli indici passivi globali, e la tecnologia costituisce un’ampia fetta dei titoli Usa. Quando la maggior parte dei titoli del proprio universo d’investimento sta superando in termini di performance tutti gli altri, il compito di trarre profitto “facendo qualcosa di diverso” è impegnativo. Questa sovraperformance degli Stati Uniti è stata guidata dal conseguimento di profitti di qualità superiore per oltre un decennio:.

A partire dalla crisi finanziaria si può vedere la forte performance relativa degli Stati Uniti rispetto al resto del mondo, mentre l’Europa è stata colpita dalla crisi dell’Eurozona dal 2011, e i mercati emergenti hanno lottato di fronte al calo dei prezzi delle materie prime dal 2014 al 2016, nonché nella recente fase di “guerra commerciale”. Ecco come si è presentato il settore tecnologico statunitense in questo periodo.

Quindi, anche se ciò può essere irritante per gli “investitori value” e per coloro che si trovano ad affrontare il compito di superare gli indici passivi, non si può dire che il dominio a lungo termine degli Stati Uniti e dei titoli tech sia completamente slegato dalla realtà. Questo è vero tanto quest’anno quanto lo è nel lungo termine. Abbiamo sentito parlare molto di come i ricavi delle aziende tecnologiche siano stati più resistenti e, in alcuni casi degni di nota, siano cresciuti durante il periodo di lockdown.

L’ampia divergenza dei rendimenti tra i diversi settori registrata finora quest’anno è relativamente insolita, ma non ingiustificata.

Il breve termine: narrative convenienti e “levate le àncore”?

Niente di quanto detto sopra impedisce ai titoli tech statunitensi di rappresentare una bolla. Quando l’euforia prende piede sui mercati, di solito è perché è successo qualcosa nel mondo reale che poi viene estrapolato, solo allora il “prezzo diventa protagonista” e gli investitori cominciano a inseguire i rendimenti.

Ci sono stati segnali di questo tipo di influenza “comportamentale”. La cosa più convincente è che nell’ultimo mese circa si è assistito a una significativa sovraperformance dei prezzi dei titoli tech Usa, anche se la sovraperformance dei relativi utili non si è manifestata per diversi mesi, e di recente si è addirittura invertita leggermente.

Sono indicativi anche i segnali del fatto che, in assenza di prospettive di guadagno, gli investitori sembrino guardare ad altri motivi per giustificare una preferenza per questi titoli. Una delle ragioni più comuni è che, poiché le aziende tecnologiche spesso rappresentano un patrimonio “a lunga duration” (il loro profilo di rendimento riguarda più i profitti nel futuro che i dividendi di oggi), esse sono salite perché i tassi sono in calo e gli stimoli aumentano.

Questo argomento ha una certa validità, ma come investitori comportamentali è importante per noi esaminare i casi in cui la narrativa prevalente cambia e sembra rivelare incoerenze. Perché questo è diventato improvvisamente un problema? Perché questo “fattore duration” è importante per la tecnologia, ma non per altre aree “growth” del mercato? Perché questo dovrebbe spiegare un guadagno del 10% del Nasdaq ad agosto, anche con l’aumento dei rendimenti del Treasury a lunga scadenza?

La realtà sembra essere che i tassi bassi possano risultare necessari, ma non sufficienti a giustificare l’estrema rivalutazione che abbiamo visto in aree del mercato tecnologico negli ultimi tre mesi. Un recente pezzo di Aqr ha esaminato la relazione empirica tra duration e la performance dei fattori di investimento l’ha trovata carente, evidenziando l’importanza di altre variabili. Ciò che è più interessante, tuttavia, è che gli investitori potrebbero iniziare a sostenere questo argomento già da ora.

È anche degno di nota il fatto che molti commenti hanno salutato la recente “correzione” come qualcosa di necessario, e in definitiva una buona cosa per il settore tecnologico. Questo tipo di argomentazioni sono sempre bizzarre, ma potrebbero dirci qualcosa. Sembra improbabile che il mercato possa accogliere un altro calo del 10% dei titoli bancari europei come uno sviluppo positivo per gli investitori.

Sia nelle argomentazioni che motivano la correzione con la “duration” sia in quelle che la motivano con la “necessità”, possiamo vedere un desiderio di “voler credere”, il che può essere di per sé un suggerimento di influenze comportamentali in azione.

Conclusione

I recentissimi guadagni dei titoli tech hanno mostrato segnali di influenze comportamentali in azione, ma dobbiamo stare attenti a non confondere questo comportamento a brevissimo termine con tendenze più generali.

Anche se abbiamo assistito a forti guadagni e a una significativa rivalutazione, gran parte di ciò sembra riflettere il contesto dei fondamentali. Inoltre, se guardiamo alla situazione attuale del dibattito sul mercato è ancora relativamente facile trovare esempi di scetticismo: molti paragonano ancora la situazione corrente alla bolla tech della fine degli anni Novanta, nonostante le condizioni molto diverse per quanto riguarda la redditività di fondo e i tassi d’interesse prevalenti. Tali voci sono molto difficili da trovare durante una bolla vera e propria.

Per il Multi-Asset Team di M&G Investments sembrerebbe quindi che gran parte del comportamento dei prezzi che si possa definire “bolla” si sia verificato solo negli ultimi due mesi, e si sia già sgonfiato in modo abbastanza significativo. Come abbiamo accennato in passato, ci si può aspettare un’elevata volatilità in asset più difficili da valutare e questo è certamente il caso di importanti porzioni dell’universo tech, in particolare oggi. Saper affrontare una simile volatilità può essere una fruttuosa fonte di ritorni, ma dobbiamo assicurarci di esaminare le nostre stesse convinzioni: il bias a vedere delle “bolle” e il rimanerci intrappolati sono due alternative ugualmente possibili.

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