Dazi Usa, Masi: “Pesano sul made in Italy mentre la competizione extra Ue è sempre più aggressiva”

“Mettendo assieme la complessità e la gravità dello scenario per la viticoltura europea collegato ai dazi Usa ma anche ad altre situazioni critiche, in primis la Brexit, il quadro generale si presenta davvero preoccupante e giustifica l’apprensione dei nostri operatori e delle loro organizzazioni”. E’ il commento di Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola e Federvini, ai dazi introdotti dagli Stati Uniti su diverse categorie di prodotti europei.

“Rientrando da un viaggio esplorativo nelle aree di produzione dell’Argentina, Cile e Brasile, esprimo alcune riflessioni: in America Latina l’industria vinicola si è sempre più estesa e qualificata, ed è oggi attrezzata per affrontare il mercato globale”, aggiunge Boscaini. “In particolare l’Argentina può contare sul vantaggio competitivo di una recente forte svalutazione che riduce i prezzi all’export a fronte di vini di buonissima qualità e di moderno marketing. Anche il Brasile sta sempre più individuando aree viticole ad alta vocazione e sopperisce ormai in buona parte al consumo interno diminuendo le quote dell’import. Infine, l’export del vino cileno conta su tipologie e brand ben conosciuti e radicati. In poche parole dobbiamo affrontare una duplice criticità: le problematiche dei dazi che pesano sul nostro made in Italy e sul made in Europe e la competizione aggressiva di Paesi produttori extra europei pronti a trarne vantaggio”.

Conclude Sandro Boscaini: “Se l’accordo Usa-Cina apriva delle speranze sulla possibilità di dialogo Usa-Ue, lo scenario anche politico di queste ultime ore ha fatto smorzare l’ottimismo. Tuttavia, proprio questo scenario mostra che le azioni isolate di Paesi come Italia, Francia e Spagna servono a poco: occorre piuttosto uno sforzo importantissimo da parte di tutti i Paesi proprio per rilanciare il ruolo della Ue. In questo senso la missione del Commissario al Commercio Hogan appare quanto mai tempestiva ed utile. È questa la strada, è questo l’unico modo per mostrare la vera forza dell’Europa. Oggi fare previsioni su possibili nuovi scenari che si dovessero aprire da febbraio è compito impraticabile: tutte le energie devono essere dedicate alla trattativa con le amministrazione del Governo e con il Presidente Usa”.

L’evoluzione dei dazi (fonte: Federvini)

Dati export Usa

I dati sono incoraggianti, ma non possiamo dimenticare che il tema dei dazi aleggiava fin dalla primavera del 2019, quindi una parte dell’export verso gli Usa può risultare “drogato” dagli aumenti di scorte che gli stessi importatori hanno sollecitato ai produttori in vista della possibile applicazione dei dazi. Questi maggiori quantitativi se da un lato concorrono ad alimentare dei totali export positivi per l’Italia, trovano andamenti analoghi anche per i maggiori paesi Ue concorrenti, Francia e Spagna: per vedere gli effetti dei dazi scattati a metà ottobre, che hanno colpito i vini francesi e spagnoli, dovremo attendere ancora qualche mese. Però in questo momento, senza entrare nel dettaglio dei singoli vini/delle singole aziende produttrici nazionali, abbiamo un elemento di tensione ulteriore, perché proprio in virtù del maggior livello delle scorte, gli importatori/distributori americani potrebbero essere tentati di agire autonomamente sui livelli di prezzo.

Dazi Boeing/Airbus

Come detto dal 15 ottobre numerosi prodotti europei sono stati colpiti con dazi all’import del 25% ad valorem, come misura di bilanciamento per gli aiuti garantiti al Consorzio Europeo Airbus che il WTO ha riconosciuto illegittimi. L’Italia si è trovata colpita nel settore lattiero-caseario, con gli aperitivi ed i liquori, con alcune tipologie di insaccati; mentre Spagna e Francia hanno visto colpiti i propri vini, ma nel caso della Francia non lo Champagne. La procedura dei dazi compensativi consente delle finestre temporali nelle quali il Paese che si è visto riconosciuto il diritto di applicare dei dazi, può modificare la lista dei prodotti e/o il livello dei dazi. Il dipartimento del Commercio Americano, ha dato avvio a inizio dicembre alle procedure per eventualmente ricorrere a tale normativa, chiamata “carosello”: ha ripubblicato in un’unica lista tutti i prodotti che possono essere tecnicamente sottoposti a dazi al loro ingresso negli Usa ed ha chiesto agli “interessati” di pronunciarsi su un eventuale innalzamento dei dazi dal 25% fino al 100%.

Già questa pubblicazione aveva messo in allarme i produttori europei, inclusi i produttori di vini italiani, visto che tornava in ballo la possibilità di un loro coinvolgimento. Il sistema di consultazione del Dipartimento del Commercio Americano rimarrà aperto fino al 13 gennaio 2020, poi il Dipartimento trarrà le sue conclusioni: qualora decidesse di adottare delle modifiche rispetto alle decisioni accolte il 15 ottobre scorso, il provvedimento potrebbe andare in vigore a partire da metà febbraio 2020. Ecco quindi il motivo del fiorire di dichiarazioni preoccupate e dell’azione congiunta delle organizzazioni della filiera vitivinicola italiana che hanno sollecitato il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio Internazionale a porre grande attenzione al dossier.

Digital taxes

Le preoccupazioni sono quindi legate solo al dossier Boeing/Airbus? No, nel frattempo è sorto un nuovo fronte di rischio: la Francia che per prima ha adottato quel che viene definita la digital tax (su sollecitazione della Commissione Ue) si è vista minacciare di una contromisura per le proprie esportazioni di vini e Champagne negli Usa, visto che le maggiori aziende del settore informatico sono americane. Italia e Turchia hanno adottato delle digital taxes a partire dal 1° gennaio 2020 e sono pertanto anche loro finite nel mirino del dipartimento del commercio americano che potrebbe individuare prodotti originari dei due Paesi commercializzati negli Usa per compensare gli interessi americani.

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