Disturbo da attenzione al deficit: quando dovremmo preoccuparci delle valute EM?

A cura di Stuart Canning, M&G Investments
Vi ricordate delle “fragili cinque“? Erano le cinque valute dei mercati emergenti considerate più esposte alla contrazione della politica monetaria statunitense durante la fase di “panico da tapering” del 2013. I principali timori per quelle economie ruotavano intorno alla loro vulnerabilità in caso di deflussi di capitali esteri.
Di recente abbiamo visto riemergere preoccupazioni di questo tipo, innescate dal vigore del dollaro USA contro quasi tutte le valute mondiali di rilievo.

Alcune di quelle cinque sono meno fragili di allora, ma in diverse aree del mondo emergente, in particolare in Turchia (grafico 1) e in Argentina (grafico 2), esistono pressioni molto reali.

Tuttavia, le vulnerabilità ai rischi esterni che al momento orientano l’andamento dei mercati sono presenti da molti anni in queste economie, mentre i tassi a breve negli Stati Uniti sono in aumento dal 2015. Come mai gli investitori si accorgono di questi rischi in alcune fasi, ma non in altre? Perché i problemi recenti dell’Argentina (di cui ha parlato Claudia due settimane fa) hanno colto gli investitori di sorpresa?
Si potrebbe essere tentati di liquidare questo comportamento del mercato come un altro esempio di pigrizia, avidità e sottovalutazione dei pericoli (potete leggere qui cosa abbiamo scritto sulle obbligazioni argentine in dollari USA nel 2016), ma sarebbe una lettura eccessivamente semplicistica. Le influenze comportamentali hanno senz’altro un peso, ma lo stesso si può dire delle effettive caratteristiche di questo tipo di rischi. Gli investitori devono avere le idee chiare sui fattori dominanti, per poter identificare le opportunità.
Turchia e Argentina: i fondamentali contano in un orizzonte di lungo periodo…
Forse ciò che colpisce di più nel grafico sulle cinque valute fragili in alto è la lira turca così tanto più debole delle altre quattro, un dato comprensibile considerando che i fondamentali in Turchia si sono deteriorati dal 2013, mentre negli altri Paesi c’è stato un miglioramento.
Lo vediamo nell’evoluzione dei conti con l’estero: spesso è troppo semplicistico osservare soltanto i deficit per misurare la vulnerabilità (in alcune condizioni, possono restituire un quadro perfettamente favorevole), ma in questo caso riflettono bene la realtà (grafico 3).
Aggiungendo l’Argentina, possiamo cominciare a farci un’idea di come sono emersi i problemi recenti.

In questo senso, non c’è niente di comportamentale nell’andamento attuale dei mercati. Da un punto di vista economico, l’adeguamento attraverso la valuta è necessario per correggere gli squilibri, mentre per gli investitori c’è un reale incremento del rischio che giustifica la richiesta di una remunerazione aggiuntiva. La destinazione finale di una valuta in genere sarà coerente con l’evoluzione dei fondamentali sottostanti.
…ma i rischi sono condizionali e binari
Esiste però una sfida in più per gli investitori chiamati a riflettere su queste vulnerabilità esterne: i rischi sono condizionali e possono avere marcate caratteristiche binarie.
Condizionali nel senso che, almeno ai fini dei prezzi degli asset, i conti correnti non sempre sono rilevanti. Ad esempio, se guardiamo ai periodi di debolezza recenti delle valute dei mercati emergenti, il saldo con l’estero ha inciso nei punti di inflessione dei tassi USA e dell’indice del dollaro DXY (che riflette la forza del biglietto verde su base ampia), ma non in altre fasi.

E, cosa ancora peggiore, quando in effetti le partite correnti hanno rilevanza, gli esiti possono essere davvero molto negativi (da cui la definizione di “binari”). Le crisi della bilancia dei pagamenti possono mostrare dinamiche simili alle corse agli sportelli bancari: sono spinte dall’umore degli investitori, possono diventare auto-avveranti e rivelarsi rovinose.
È possibile costruire valutazioni quantitative dell’esposizione di un Paese al rischio di deflussi di capitali usando una gamma di parametri, ma con l’attenzione ossessiva alle variazioni incrementali di tali fattori si rischia di guardare agli alberi e non vedere la foresta. Come nel caso delle corse agli sportelli, le crisi della bilancia dei pagamenti (in contrapposizione con la pura incapacità di onorare i debiti in dollari) sono largamente imprevedibili come tempistica e talvolta neanche si concretizzano.
L’elemento umano
Queste dinamiche rappresentano una sfida per gli investitori e potenzialmente una fonte di stress emotivo notevole (Nassim Nicholas Taleb osserva spesso che il settore degli investimenti non è in grado di concettualizzare efficacemente gli eventi a bassa probabilità e ad alto impatto). Ci rifiutiamo di giocare perché esiste un rischio concreto di perdere tutto (“principio precauzionale”)? Oppure ci limitiamo a ignorare i rischi di coda e sperare che i premi al rischio e la diversificazione ci permetteranno di ottenere buoni risultati nel lungo periodo?
Alcuni sceglieranno una di queste due posizioni estreme, ma il comportamento di mercato aggregato spesso si attesta a metà strada, oscillando fra un’evidente sottovalutazione dei rischi e manifestazioni di panico. Ed è l’elemento umano sotteso a questi sbalzi che può creare opportunità di investimento.
Il lavoro recente di Xavier Gabaix nel campo della finanza/economia comportamentale fornisce un valido quadro di riferimento per riflettere su questo aspetto. La sua teoria di disattenzione comportamentale valuta il modo in cui le persone reagiscono alle nuove informazioni.
Riceviamo ogni giorno un’enorme quantità di informazioni e dobbiamo applicare un filtro per decidere quali di queste informazioni rappresentano un “segnale” (rilevante per le decisioni che dobbiamo prendere) e quali rientrano invece nel “rumore”, e quindi decidere quanta attenzione riservare a ciascuna.
Gabaix osserva che questo processo di filtrazione è in larga misura inconscio e, di conseguenza, è proprio in questa fase che si manifestano i bias comportamentali. Quando abbiamo poco tempo, quando serve uno sforzo particolarmente intenso per interpretare un segnale o quando una variabile diventa allarmante, ognuno di noi reagisce con livelli di attenzione diversi. Ad esempio, in tempi normali, possiamo sminuire l’importanza dei dati sui conti correnti e le riserve valutarie dell’Argentina ai fini delle nostre decisioni di investimento, ma quando la banca centrale argentina aumenta i tassi d’interesse tre volte in otto giorni, questi fattori richiamano improvvisamente un’attenzione molto maggiore, magari a scapito di altri.
In cerca di opportunità nella situazione attuale
È nella dinamica comportamentale umana dei diversi livelli di attenzione che si creano le opportunità di investimento.
Oggi gli investitori sono troppo preoccupati per le vulnerabilità dei mercati emergenti? Un modo di stabilirlo potrebbe essere quello di esaminare la natura dei movimenti di prezzo. Per esempio, la debolezza della lira turca per gran parte degli ultimi cinque anni è stata graduale, a indicare che le decisioni di investimento non venivano prese sotto stress. Per contro, il deterioramento più recente è apparso in un certo modo “episodico”, come sembrano anche i commenti degli ultimi tempi.

A fronte di ciò, dobbiamo pesare la capacità del valore di agire come “ancora” a lungo termine del comportamento dei prezzi e come predittore di performance. Nel caso delle valute, “l’incertezza dei modelli di pricing” è elevata, i tassi a pronti possono schizzare a livelli estremi e qualsiasi percezione di “valore equo” è più flebile di quanto non sia per altri asset. Insieme alla natura binaria dei rischi legati alla bilancia dei pagamenti, ciò suggerisce che sia opportuno cercare segnali più estremi di quelli necessari per altri asset, prima di investire.
Un altro fattore indicativo di prezzi trainati da forze comportamentali può essere il contagio. Se tutte le valute dei mercati emergenti fossero colpite in pari misura, si potrebbe pensare che il panico stia provocando vendite indiscriminate, inducendo gli investitori ad adottare orizzonti più brevi, ma finora non è stato questo il caso, anche se sono emersi segnali di contagio negli ultimi tempi. I mercati sono stati relativamente capaci di distinguere: tendenzialmente, si sono deprezzate le valute dei Paesi alle prese con le criticità maggiori a livello dei fondamentali.

Di conseguenza, al momento sembra che le eventuali opportunità possano effettivamente crearsi “nell’occhio del ciclone” e la domanda da porsi in tal caso è se i movimenti in Turchia e in Argentina si possano considerare eccessivi.
In ultima analisi, ci saranno sempre argomentazioni valide a favore e contro l’idea che si stiano creando delle opportunità, in Paesi specifici o nella regione emergente in senso più ampio. C’è però una regola generale sempre valida: è bene preoccuparsi soprattutto quando il mercato appare meno attento e cercare opportunità quando il mercato si mostra più preoccupato. In questo momento, è innegabile che quasi tutti gli occhi sono puntati sui mercati emergenti.

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