Dopo la Yellen in settimana i primi dati macro dagli Usa

A cura di Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Sgr
Il venerdì di Jackson Hole è iniziata comprensibilmente con un tono prudente. Tokyo ha avuto l’ennesima seduta mediocre, apparentemente zavorrato da brutte letture sul CPI di luglio (-0.4% in linea con attese, ma core 0.3% da 0.5% vs attese per 0.4%) mentre le anticipazioni di agosto a Tokyo non depongono affatto bene.
Passati sono i tempi in cui un dato  del genere avrebbe alimentato un rally, a causa della presunta reazione della BOJ.  Kuroda ha già anticipato che probabilmente a settembre verrà erogato altro easing, ma la Banca Centrale Giapponese ha perduto carisma nel 2016. Tra l’altro Kuroda domani partecipa ad un panel a Jackson Hole.  Sentiremo se ha qualcosa da aggiungere.
In ogni caso è possibile che l’effetto dei dati sia stato accentuato dal timore di una Yellen troppo accomodante, visto  il livello dello Yen. Per il resto, solo Hong Kong ha mostrato un po’ di verve, mentre gli altri principali indici son rimasti al palo, compresi i mercati locali cinesi, ancora appesantiti dall’immobiliare, per via di timori di misure restrittive anti speculazione.
Mercato cedente ed erratico anche in Europa in mattinata,  con un solo pensiero in testa, la Yellen!
Non che le notizie macro siano mancate. Dopo le vacche magre di ieri, le consumer confidence di agosto in Germania e Francia hanno sorpreso in positivo, la prima eguagliando il record di giugno. Se  l’aggregato monetario  M3  ha rallentato marginalmente a luglio (a 4.8% da 5%) il quadro sul credito ha continuato a migliorare, con una crescita di 12 bln sui loans alle aziende, in accelerazione da giugno (+8 bln). Il  tasso di crescita anno su anno è passato a +1.9% da +1.7% di giugno. Peccato l’Italia in controtendenza (-2.5 bln)  mentre forte il risultato in Francia (+7.5 bln).
In linea con il consenso il GDP UK del secondo trimestre a 0.6%, ma nulla è più “old news” di un dato di GDP pre Brexit.
Nel primo pomeriggio, la seconda stima del GDP US del secondo semestre ha rispettato il consenso, calando di 0.1%, a 1.1% annualizzato, grazie a un aumento del contributo negativo delle scorte, in parte compensato da un incremento dei consumi (a 4.4%), già  su livelli elevati alla prima stima (4.2%). Anche il core PCE deflator è  stato  rivisto al  rialzo, a mostrare qualche timida pressione in più sui prezzi.
Alle 16 italiane, puntuale è  comparso il discorso della Chairwoman sul sito FED (per oggi non era prevista una sessione questions and answers).
Riguardo i prossimi passi di politica monetaria, il passaggio chiave è consistito nella dichiarazione “Ritengo che la ratio per un aumento dei Fed Funds si sia rafforzata negli ultimi mesi.  Naturalmente, le nostre decisioni dipendono dal grado con cui i dati continuano a confermare la nostra view”.
E’ sembrato evidente l’intento di rafforzare l’impressione che il  FOMC intende muoversi entro la fine del 2016, salvo deviazioni del quadro macro dallo scenario FED.
Il nobile tentativo è  stato però un po’ annacquato, oltre che dal solito carico di caveat e  rischi , dall’ammissione che ” la  nostra capacità  di prevedere l’evoluzione dei Fed Funds è abbastanza limitata, perche la politica monetaria deve rispondere a qualunque fattore di disturbo possa colpire l’economia”, posizione molto onesta, ma non proprio un attestato di fiducia nei propri mezzi.
Così, dopo  un iniziale scarto, i mercati hanno attribuito, ad un discorso presumibilmente hawkish nelle intenzioni, una nota accomodante. L’azionario ha preso ad avanzare ovunque (USA, Eu, Emergenti), i bonds si sono rilassati e il dollaro è rimasto incerto se festeggiare, come l’azionario,  l’assenza di uno specifico accenno a un rialzo a settembre, oppure preoccuparsi di cosa sarebbe potuto avvenire a dicembre. Poco variate le probabilità  di rialzo implicite nei Fed Funds Futures
Ci ha pensato Fischer a restituire aggressività al discorso della Presidente. Intervistato da CNBC, alla domanda se il mercato possa attendersi una mossa a settembre e 2 rialzi nel 2016 il Vice presidente Fed ha espresso il  parere che le dichiarazioni della Yellen permettono di rispondere si a entrambi i quesiti. Fischer ha aggiunto che il labour market report di agosto  in pubblicazione venerdi prossimo, avrà  un peso rilevante sulla decisione, e  che i dati son talmente tanti che si può dimostrare quasi tutto, ma i numeri importanti mostrano i livelli migliori da un po’ di tempo a questa parte.
E’ chiaro che da queste dichiarazioni emerge un focus su settembre assai più  forte. Così, le probabilità  di un rialzo si sono infine mosse (quelle per settembre da 30 a 38% mentre scrivo, e quelle per dicembre a  da 53% a 62%), il dollaro ha preso slancio, Wall Street è passata in leggero negativo (le borse europee avevano già chiuso),  e i bonds hanno perso il loro supporto, con il 10y treasury che flirta al momento con 1.6%.
Vedremo se prima della chiusura la giornata riserverà altri colpi di scena.
Gli eventi odierni accrescono il focus sulla nutrita serie di dati macro in uscita in US in settimana, che comprende, oltre al citato labour market venerdi, il PCE deflator di luglio lunedi, l’ADP  survey mercoledi, e l’ISM manifatturiero giovedi. Quanto basta per scacciare il clima vacanziero e indolente delle ultime 2 settimane, direi.

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