Dopo quelli monetari, nel 2020 saranno gli stimoli fiscali a essere decisivi

Le previsioni di WisdomTree per il 2020 e oltre dipendono dal fatto che Stati Uniti e Cina raggiungano o meno un accordo commerciale. Essendo questo un anno di elezioni presidenziali negli Stati Uniti, il presidente Trump, impegnato a mantenere le sue promesse elettorali precedenti (compreso il rafforzamento degli scambi commerciali), sarà restio a lasciare che l’economia cada in recessione in un momento così cruciale. Tuttavia, sottolineano gli analisti, questo è un gioco ad alto rischio. La Cina sta perdendo la pazienza e ha già rifiutato di riconoscere di aver raggiunto ciò che Trump dichiara essere una “fase uno” di un accordo commerciale. Le ricadute di un gioco a così alto rischio potrebbero essere catastrofiche per l’economia globale.

La Bce ha già definito “limitato” il proprio spazio e ha bisogno di fare affidamento sulle istituzioni fiscali per fare la propria parte. Una parte importante del debito mondiale (fig.1) è diventata una fonte di rendita negativa (quasi 14 miliardi di dollari).

Tale è la domanda di porti sicuri che gli investitori sono disposti ad accettare rendimenti negativi fino a scadenza. In un tale contesto, altri beni rifugio come l’oro, che un tempo veniva criticato per non aver portato alcun rendimento, appaiono sempre più attraenti.

Materie prime

L’oro come bene rifugio continuerà ad essere uno tra i preferiti dagli investitori. La sua attrattiva è esaltata in un mondo in cui, come abbiamo visto, gli investitori pagano i governi per prendere in prestito il loro denaro. Con la politica monetaria delle banche centrali che probabilmente rimarrà accomodante anche il prossimo anno, è improbabile che questa situazione possa cambiare.

Ciò continuerà a sostenere l’oro, con le banche centrali, in particolare quelle dei mercati emergenti, che hanno recentemente aumentato le loro riserve auree per coprire la loro esposizione alle valute a corso forzoso.

Sul fronte del petrolio, nel 2019 un livello ragionevole di premio sul rischio geopolitico non è stato prezzato dai mercati dell’oro nero. Si è registrato un impegno a rallentare la crescita della domanda di petrolio, tenendo poco conto delle potenziali interruzioni dell’offerta a causa della delicata situazione geopolitica in Medio Oriente. Anche se non consideriamo probabile una potenziale interruzione materiale dell’offerta, riteniamo che gli investitori debbano chiedere un premio di rischio più elevato per riflettere le accresciute tensioni nella regione. Ci aspettiamo che ciò avvenga nel corso del prossimo anno, portando il prezzo del Brent in un range più equo di 70-75 dollari al barile.

La stretta regolatoria in chiave ambientale (es. il passaggio alle auto elettriche) avrà un impatto diretto e immediato sui prezzi delle materie prime. Ad esempio, le Filippine, secondo maggior produttore mondiale di minerale di nichel dopo l’Indonesia, hanno chiuso metà delle loro miniere nella prima metà del 2019 per motivi di manutenzione o ambientali. Ciò ha consentito di limitare la crescita della fornitura di nichel, che è parte integrante delle batterie per veicoli elettrici. Il rialzo dei prezzi del nichel quest’anno, dovuto principalmente alla decisione dell’Indonesia di interrompere le esportazioni di minerale grezzo dal gennaio 2020 (due anni prima del previsto) per favorire le lavorazioni in patria, è stato ulteriormente sostenuto dalle azioni intraprese dalle Filippine.

Valute

Abbiamo parlato del tradizionale safe haven, l’oro, ma l’anno trascorso è stato caratterizzato da un aumento della domanda di valute ritenute abitualmente rifugio. Il dollaro Usa, lo yen giapponese, il franco svizzero – e persino la pseudo-valuta – l’oro si sono tutti apprezzati. Che l’oro e il dollaro Usa siano in rialzo è un chiaro sintomo dell’ansia degli investitori. Alla luce del quadro macro, non sorprende che lo yuan si sia deprezzato del -2,75%.

Se nel 2020 dovessimo entrare in una fase di recessione globale, riteniamo che la risposta della Cina sarà diversa rispetto a quella del 2008, quando, nonostante l’indebolimento delle esportazioni, la Cina ha mantenuto l’apprezzamento della valuta.

Anche l’euro è stato fiacco nell’ultimo anno e ci aspettiamo che tale debolezza sia destinata a continuare se gli Stati Uniti continuano a promettere di ridurre gli scambi commerciali, soprattutto nel settore automobilistico.

Mentre è probabile che il dollaro Usa si rafforzi nei confronti della maggior parte delle valute del G10, anche in presenza di contesto risk-on, sembra invece che il dollaro australiano sia destinato a continuare il suo percorso di deprezzamento rispetto alla maggior parte delle valute del G10. La maggior parte delle valute europee mostra alcuni punti deboli, tranne la corona norvegese, che trae beneficio dall’essere piuttosto a buon mercato, dopo un anno difficile dal punto di vista delle prestazioni.

Nel complesso, in un contesto di risk-on, valute come il dollaro canadese e la corona norvegese sarebbero destinate a sorprendere. Tuttavia, sono anche le prime a soffrire in un ambiente suscettibile di mosse di mercato dettate dal panico.

Obbligazionario

Le asset class a reddito fisso hanno generalmente ottenuto buoni risultati nel 2019, poiché i flussi degli investitori in titoli di Stato sono aumentati notevolmente a causa delle crescenti preoccupazioni per il rallentamento della crescita globale, le guerre commerciali e la Brexit.

Per il 2020, riteniamo che i tassi di interesse seguiranno un andamento simile a quello del 2019, con la Fed che sta raggiungendo le aspettative di mercato di tassi di interesse più bassi, nonostante le sue attuali stime sui tassi sembrino più restrittive. I dati economici rimangono comunque uno dei principali indicatori delle mosse politiche future, per questo motivo i dati più deboli derivanti dall’Europa dovrebbero far scendere i rendimenti nel 2020.

L’Europa rappresenta uno spazio politico non convenzionale e il nuovo programma di Qe probabilmente abbasserà i rendimenti a lungo termine e supporterà i risk asset.

In generale, ci aspettiamo che i rendimenti a lungo termine restino ridotti, a meno che i principali paesi europei non siano in grado di lanciare importanti stimoli fiscali che potrebbero avere un impatto sulla crescita futura e sulle aspettative di inflazione. Le vaste implicazioni economiche della Brexit e le elezioni presidenziali americane del 2020 influenzeranno largamente il panorama economico.

Nell’ambito del credito, i CoCos AT1 rimangono un’interessante asset class in quanto gli emittenti di AT1 CoCos, tipicamente banche europee, hanno generalmente un rating ad alto merito creditizio. Considerato il contesto economico, riteniamo che questa sia una delle asset class obbligazionarie che potrebbe continuare a fare bene anche nel 2020.

Azionario

I mercati azionari europei sono stati vittime di una confluenza di venti contrari esterni ed interni – tensioni commerciali globali, il rallentamento dell’economia cinese, i cambiamenti strutturali nell’industria automobilistica e la perdurante incertezza legata a Brexit. Dal 2013, i mercati azionari europei hanno sottoperformato quelli statunitensi, con un divario di sovraperformance che dal 2000 si è esteso al livello più ampio (fig. 2).

L’Europa potrà realizzare un’inversione di tendenza solo se vedremo una combinazione tra un miglioramento dei negoziati commerciali globali e una ripresa dei titoli value abbinata a significativi stimoli fiscali. La politica fiscale in Europa, che rimane più rigida del necessario, deve fare di più per sostenere le condizioni della domanda interna.

Le valutazioni europee sono state storicamente scambiate a sconto rispetto agli Stati Uniti. In base al rapporto prezzo/utile (Cape) le azioni europee (Cape a 18,35x) sono scambiate con uno sconto del 10,6% rispetto alle azioni americane (Cape a 20,54x). I maggiori rendimenti dei dividendi in Europa, pari al 3,71% rispetto a quelli americani, pari all’1,9%, portano argomenti a favore dell’investimento in azioni europee, soprattutto in un momento in cui quasi 14 trilioni di dollari di debito globale presenta rendimenti negativi. In particolare, il rapporto prezzo/utile (p/e) delle azioni value rispetto ai titoli growth è al livello più basso dal 2005. Nonostante l’offerta di un premio del 6% sul rendimento da dividendi, le azioni small cap europee negoziano con uno sconto p/e del 5% rispetto alla media di lungo periodo.

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