Draghi, le munizioni del bazooka iniziano a scarseggiare

Di Vincenzo Longo, market strategist di IG

Non sembrano essere rimasti particolarmente scossi i mercati dopo la riunione della Banca centrale europea di oggi. L’Istituto di Francoforte ha lasciato i tassi di interesse invariati e non ha modificato il proprio programma di acquisto asset (Quantitative Easing, QE), mantenendolo fermo a 80 miliardi di euro al mese. Una decisione questa attesa dal mercato. Anche la conferenza stampa successiva di Draghi non ha scaldato gli animi degli operatori, lasciandoli, però, non privi di indicazioni interessanti. Il numero uno della Bce ha confermato che a dicembre il QE sarà rimodulato per rispondere alle nuove stime aggiornate su Pil e inflazione, aggiungendo come sia “altamente improbabile un’uscita improvvisa dal piano di acquisti” dopo marzo 2017.

A questo punto, appare abbastanza scontato che si proceda con un tapering come ha fatto la Federal Reserve in passato. L’aspettativa di una riduzione da 10 (o 20) miliardi ad ogni riunione (ogni due riunioni) sembra essere lo scenario più accreditato al momento. Un simile atteggiamento permetterebbe non solo di non innervosire il mercato lasciandolo da un mese a un altro privo di nuova liquidità, ma garantirebbe all’Istituto di Francoforte di essere più flessibile nelle decisioni di politica monetaria future qualora lo scenario macro dovesse deteriorarsi rapidamente a seguito dei sostanziali downside risk presenti sul mercato.

Il prolungamento del QE dovrebbe essere comunque associato a una revisione degli asset oggetto d’acquisto, dato che questi cominciano a scarseggiare. La situazione potrebbe peggiorare già a novembre, dato che domani sera l’agenzia di rating DBRS potrebbe tagliare il rating sotto il livello d’investment grade, escludendola così dal QE. La revisione del capital key e l’innalzamento della percentuale di acquisto per emissione sarebbero le misure più probabili.

Nella sostanza, crediamo che la riunione di oggi abbia tolto ogni dubbio sulle manovre Bce da qui a marzo. Draghi, anche nel linguaggio, ha cercato di chiarire come la situazione attuale rimanga ancora debole da poter pensare di eliminare il QE a marzo, sottolineando allo stesso tempo come i miglioramenti in atto non giustifichino un prolungamento a questi ritmi ancora a lungo. Draghi imbraccia ancora il bazooka, ma si è accorto che le munizioni stanno per finire e vuole razionalizzare i colpi.

Sciolti i dubbi sulla Bce, il mercato torna a concentrarsi dall’altra parte dell’oceano, dove prosegue la pubblicazione di trimestrali migliore delle attese. Questo elemento contribuisce a rafforzare l’idea di un prossimo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve. Anche il cospicuo vantaggio della Clinton nei confronti del suo rivale Trump contribuisce a rasserenare gli animi degli operatori. Alla luce di ciò, potremmo assistere ancora a un paio di settimane di rialzo. Delle vendite potrebbero affacciarsi sui mercati al ridosso del voto negli Stati Uniti e potrebbero accompagnare i mercati per tutto il mese di novembre, sino ad arrivare all’appuntamento clou di questo fine 2016, il Referendum costituzionale italiano, su cui l’allerta rimane molto alta.

Tra i vari mercati, segnaliamo che il Dax sembra voler tornare a mettere nel mirino i picchi di agosto, a 10.800 punti. Il possibile target rimane a quota 11 mila punti, mentre Piazza Affari potrebbe approfittare ancora un po’ della spinta delle banche. In tal caso i 19 mila punti non rimangono un miraggio, ma crediamo che sia difficile andare oltre al momento.

Tra le valute, l’euro è finito sotto pressione, soprattutto verso dollaro, con il cambio Eur/Usd che è tornato ai minimi post referendum Brexit, a 1,0915, complice soprattutto un dollaro molto forte. Proprio quest’ultimo sta penalizzando le commodity, petrolio in particolare.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!