East Capital: guardare ai mercati di frontiera per diversificare l’asset allocation

di Emre Akcakmak, membro del team di gestione di East Capital

East Capital è da sempre molto attiva nei mercati di frontiera, per esempio quelli del Baltico. Nel corso degli anni abbiamo lavorato su un numero crescente di mercati di frontiera in Europa, Medio Oriente e Asia, lanciando anche un fondo East Capital Frontier Markets che rappresenta un passo importante perché amplia il campo d’azione. Basta solamente guardare allo sviluppo notevole che hanno avuto i mercati emergenti negli ultimi 10 o 20 anni per comprendere il potenziale di questa nuova generazione di mercati emergenti. Tra i Paesi che hanno registrato la miglior performance nel primo trimestre, troviamo l’Arabia Saudita: mercato tanto grande quanto interessante che non è ancora nel mirino degli investitori internazionali. Ma questo status è destinato a cambiare presto: è recente l’annuncio che il mercato sarà aperto a giugno.

Riyadh la capitale dell’Arabia Saudita è una delle città più affascinanti per chi investe nei mercati di frontiera. La città sta vivendo un’intensa attività di costruzione, e lo skyline sta cambiando rapidamente con la crescita di nuovi edifici. La legge approvata nel 2013 sui mutui, una popolazione in crescita e la scarsità di abitazioni stanno guidando la domanda di unità abitative, che ha visto salire i prezzi del 5-8% nel 2014. In ogni caso non sta cambiando solo lo skyline della città: i Sauditi hanno iniziato anche i lavori di costruzione della moderna metropolitana di Riyadh, che servirà oltre 6 milioni di cittadini della capitale e coprirà 178Km. La fine dei lavori è prevista per fine 2018, con un investimento di circa 23 miliardi di dollari.

Il Paese è sensibile al prezzo del petrolio, infatti i bassi prezzi registrati in autunno hanno portato pressioni sugli utili attesi e sui prezzi delle azioni. Che si è tradotto in un buon timing d’ingresso nel mercato saudita, che ha registrato un guadagno del 25% dai minimi di dicembre. Tadawul Index il benchmark dell’Arabia Saudita è ora stimato a 14 volte gli utili per il prossimo anno – un livello che è ancora inferiore a quello della scorsa estate. Nonostante il recente calo del prezzo del petrolio, Riyadh non ha fatto alcuna significativa revisione al ribasso sulle sue spese di bilancio, in quanto vi è ancora spazio di manovra, grazie alle grandi riserve in valuta estera che quasi pari al PIL del paese, circa USD 780bn. Il Paese ha un debito pubblico pari quasi a zero, e per questo nonostante i bassi prezzi del petrolio può emettere nuovo debito, senza mettere pressione sull’economia generale.

Questa situazione dovrebbe a sua volta, aiutare le aziende a sostenere una crescita degli utili del 10-15% nei prossimi anni. Pensiamo che le società maggiormente orientate ai consumi registreranno una crescita superiore, dato che il settore è ancora poco penetrato e l’ascesa della classe media è uno dei principali motori dell’economia. Occorre poi guardare con attenzione non solo agli importanti driver di crescita menzionati poca fa, ma anche agli sviluppi geopolitici. Per esempio la recente situazione nello Yemen potrebbe essere uno dei maggiori rischi, anche se è stato incoraggiante vedere la veloce formazione della coalizione guidata dall’Arabia Saudita rispondere alla situazione. Diversamente pensiamo che l’esito dei colloqui sul nucleare dell’Iran potrebbe riscaldare la lotta di potere nella regione, ma pensiamo che questa lotta di potere non si svilupperà in qualcosa di peggio che potrebbero far deragliare l’economia saudita.

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