Economia, la lunga risalita dopo il coronavirus

A cura di Joachim Fels, managing director e consulente economico globale di Pimco

La ripresa dell’economia mondiale dalla recessione più brusca ma anche più breve dei tempi moderni è cominciata e nel passaggio dalla caduta alla ripartenza, a inizio giugno ci siamo riuniti in videoconferenza con i nostri professionisti degli investimenti di tutto il mondo per aggiornare le nostre previsioni cicliche e dibattere delle relative implicazioni per le nostre strategie. Questo articolo riepiloga le nostre conclusioni sulle prospettive economiche e sulle politiche e presto arriverà, e dunque non perdetevelo, anche il nostro aggiornamento semestrale dell’asset allocation outlook.

Discesa rapida, risalita lenta

Anziché guardare indietro alla vertiginosa caduta dell’attività economica che ha messo fine, a febbraio, a un’espansione economica dalla durata record di ben 128 mesi, nella discussione ci siamo concentrati sulla probabile natura e forma della ripresa agli albori. Alla sua conclusione abbiamo confermato il nostro scenario di base di una ripresa accidentata e disomogenea e concordato che, nella maggior parte delle economie occidentali, il ritorno ai livelli di attività economica pre-crisi verosimilmente non avverrà prima del 2022. Per dirlo in altri termini, citando il Presidente della Federal Reserve Bank di Richmond Thomas Barkin, l’economia ha avuto una caduta rapida come una discesa in ascensore, ma la ripresa sarà lenta come una risalita per le scale.

Con la fine o l’allentamento delle misure di lockdown, un rimbalzo “meccanico” dell’attività economica nel breve termine appare probabile, ma prevediamo che la risalita successiva sarà lunga e faticosa per i seguenti motivi:
• il distanziamento sociale, volontario o imposto per decreto, sarà necessario e probabile fintantoché non ci sarà una cura per il virus disponibile per tutti. Ciò significa che molti settori non potranno aumentare la capacità produttiva nel breve termine;
le filiere produttive internazionali e nazionali resteranno compromesse per qualche tempo perché la riapertura sarà disomogenea per paese, regione e settore;
• la riallocazione del lavoro e del capitale dai settori e dalle imprese che saranno perdenti a quelli vincenti è un processo che richiede tempo e può persino essere ostacolato da politiche che tengono in vita imprese “zombie”;
• il fardello del debito per imprese e famiglie in conseguenza della recessione verosimilmente peserà sulla capacità di spesa dei consumatori e sulla capacità di effettuare investimenti da parte delle imprese nel prossimo futuro.

Il buono, il negativo e l’estremamente negativo

Tuttavia, il nostro scenario di base di “lunga risalita” è insolitamente incerto. In effetti, al nostro forum in videoconferenza, ci è tornato in mente un concetto che avevamo trovato utile in passato per descrivere le prospettive, ossia quello di “incertezza radicale”.

Questa volta, la principale fonte d’incertezza, e dunque il fattore dirimente primario per le prospettive economiche, risiede al di fuori dell’economia e delle politiche ed è la pandemia in rapida evoluzione del Covid-19, che potrebbe facilmente spingere l’economia su traiettorie migliori o peggiori rispetto al nostro scenario di base nell’orizzonte ciclico di sei-dodici mesi e abbiamo dedicato parecchio tempo alla discussione di due possibili scenari alternativi rispetto al nostro scenario di base.

Uno scenario buono di ripresa economica più rapida, che si verificherebbe se la corsa dell’intero mondo scientifico mondiale allo sviluppo di un vaccino o di terapie efficaci producesse risultati precocemente e fosse possibile la produzione su vasta scala di quelle cure, facendo venir meno prima del previsto l’esigenza di distanziamento sociale. Abbiamo discusso dello stato dell’arte sui possibili vaccini e terapie, coadiuvati dal consulente medico di Pimco sul Covid-19 e da due colleghi che hanno condotto un approfondito esame della letteratura scientifica più recente in materia. Anche per gli esperti tuttavia è praticamente impossibile fare previsioni certe su quando potranno essere disponibili cure efficaci.

Uno scenario negativo di ripresa molto più lenta o persino di doppia recessione o recessione a “W” (double dip), che con ogni probabilità conseguirebbe da seconde ondate vigorose e diffuse di contagi da Covid-19 che portassero a nuove interruzioni, volontarie o imposte dai governi, delle attività economiche. La storia e il buon senso suggeriscono che le seconde ondate di una pandemia sono la norma e non l’eccezione. Parti dell’Asia e, più di recente, alcune aree in Europa e negli Stati Uniti hanno già osservato una nuova accelerazione dei contagi con la ripresa della mobilità e delle attività. Tuttavia, quanto vigorose e diffuse possano essere tali seconde ondate resta difficile da prevedere, un altro esempio di “incertezza radicale” all’opera.

Inutile dire che una doppia caduta delle attività economiche provocata da seconde ondate significative potrebbe facilmente trasformare uno scenario negativo in uno estremamente negativo, in cui aumenterebbe la probabilità di fallimenti a cascata di imprese, molte delle quali di piccole o medie dimensioni, che sono riuscite a resistere sino all’arrivo della ripresa con liquidità di emergenza, nonché la probabilità che molte perdite di posti di lavoro da temporanee possano diventare permanenti.

Il principale fattore dirimente per le prospettive economiche al momento è l’andamento della pandemia, ma naturalmente ne esistono altri, di stampo più tradizionale, che comportano rischi rispetto al nostro scenario di base. In particolare, temiamo il riemergere di tensioni commerciali fra gli Stati Uniti e la Cina nel periodo che ci separa dalle elezioni presidenziali americane di novembre. Il riaccendersi del conflitto commerciale potrebbe facilmente fiaccare la fiducia delle imprese, inasprire le condizioni finanziarie e far deragliare una fragile ripresa economica.

Come osservato in precedenza, date le molte incognite sull’evoluzione della situazione sanitaria, attribuire una probabilità a questi scenari molto probabilmente è un’impresa disperata. Fatta questa premessa, la maggior parte di noi ritiene che sull’orizzonte dei prossimi sei-dodici mesi, i rischi rispetto al nostro scenario di base di risalita lenta siano probabilmente orientati al ribasso.

Il primato delle politiche

Tuttavia, se per la piena ripresa probabilmente ci vorrà molto tempo, se l’incertezza è pervasiva e i rischi rispetto al nostro scenario di base sono orientati al ribasso –giudizi che la maggior parte dei previsori economici pare condividere – come mai i mercati degli attivi rischiosi hanno avuto un rally così deciso rispetto ai minimi di marzo?

La spiegazione più plausibile sembra essere che i mercati finanziari trovano notoriamente difficile prezzare l’“incertezza radicale” e pertanto tendono a ignorarla e trarre i loro spunti da fattori più noti e più facilmente osservabili come le risposte delle banche centrali e dei governi che sono state celeri e poderose.

Con le politiche monetaria e fiscale che svolgono un ruolo così cruciale nell’attutire gli effetti della “recessione da lockdown” e nel sostenere i prezzi degli attivi, ecco le conclusioni che abbiamo tratto riguardo alle previsioni sulle politiche e le probabili implicazioni.

In primo luogo, mentre i rischi per le prospettive economiche appaiono orientati al ribasso, ci attendiamo che le politiche monetaria e fiscale siano orientate alla maggiore espansione, anche in caso di scenari economici migliori del previsto, in quanto le preoccupazioni che avevano cominciato a spingere verso un orientamento più accomodante già prima della crisi – come l’inflazione inferiore all’obiettivo e il persistere di disuguaglianze – sono oggi ancor più pressanti, soprattutto alla luce delle recenti diffuse proteste negli Stati Uniti e in altri paesi sviluppati.

In secondo luogo, questa crisi è stata un catalizzatore di collaborazione sempre maggiore fra la politica fiscale e la politica monetaria, una tendenza che sarà difficile invertire. I maggiori livelli del debito dei paesi e i più ampi disavanzi pubblici protratti nel tempo necessiteranno di sostegno continuato da parte delle banche centrali. La monetizzazione su vasta scala del debito, il controllo esplicito o implicito della curva dei rendimenti e una politica di tassi a zero o negativi saranno pertanto lasciti duraturi della crisi del Covid-19, comportando tassi di interesse nominali e reali più bassi più a lungo.

In terzo luogo, ma non per importanza, ancorché le pressioni inflazionistiche siano verosimilmente al ribasso nel breve termine, la prospettiva di un protratto uso della leva fiscale sostenuto dalla monetizzazione del debito e da tassi di interesse compressi ci suggerisce che i rischi di inflazione nel più lungo periodo siano orientati al rialzo e che, al pari dell’attività economica, l’inflazione e le aspettative di inflazione potrebbero intraprendere una lenta risalita dai livelli depressi.

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