Edmond de Rothschild: nelle banche la soluzione per uscire dalla crisi

A cura di Julien de Saussure, Fund Manager Financial Debt di Edmond de Rothschild AM

Le trimestrali delle banche sono ormai alle spalle. I risultati hanno evidenziato agli investitori una resilienza del settore migliore rispetto alla precedente crisi, nonchè la grande complessità dei dati da analizzare.

Nel primo trimestre, ad eccezione dell’Italia, l’impatto reale aveva iniziato solo a farsi sentire e, dal nostro punto di vista, sono veramente pochi i segnali significativi del deterioramento della qualità creditizia dei portafogli crediti. Al contrario, registriamo una continua diminuzione degli Npl per le banche dei Paesi periferici. Un richiamo da tener presente a livello contabile è che le banche contabilizzano gli accantonamenti a fronte del deterioramento della qualità creditizia dei mutuatari, ovvero accantonano un importo stimato di perdite future per le inadempienze in termini di pagamento dei loro mutuatari.

L’entrata in vigore dal 2018 della nuova versione dell’Ifrs 9 introduce tuttavia un aspetto che guarda avanti, ovvero l’accantonamento per le perdite attese ancor prima che vi siano prove di un deterioramento della qualità del credito. Tuttavia, al fine di evitare un eccessivo accantonamento, le autorità di regolamentazione – nella fattispecie il Meccanismo di vigilanza unico (Mvu) – hanno incoraggiato le banche ad effettuare accantonamenti sulla base di uno scenario fatto da una contrazione del Pil seguita poi da un rimbalzo, proprio per la natura molto particolare delle crisi pandemiche. Solo il settore petrolifero è soggetto ad accantonamenti riconducibili a declassamenti tangibili e specifici, e diversi emittenti hanno subito in particolare perdite legate ai problemi di un broker petrolifero di Singapore. Alcuni emittenti hanno utilizzato la capacità di guardare avanti propria dell’Ifrs 9 per iniziare a contabilizzare gli accantonamenti (le banche britanniche, Santander, UniCredit), mentre altri emittenti hanno seguito più da vicino la raccomandazione delle autorità di vigilanza di non effettuare accantonamenti troppo a monte (in particolare alcuni assicuratori nordici, Erste Bank, Intesa Sanpaolo). Pertanto, le disposizioni relative ai prossimi trimestri riflettono non solo la qualità creditizia dei portafogli, ma anche le diverse strategie di accantonamento adottate.

Il quadro di una crisi gestibile

Alcune banche europee, contrariamente a quelle statunitensi, hanno proposto stime del costo del rischio per il 2020, e anche per il 2021. Gli scenari macroeconomici sottostanti non sono tuttavia sempre noti o credibili, a nostro avviso. Inoltre, i programmi di sostegno governativo (disoccupazione parziale, garanzie) non sempre sono contabilizzati in modo uniforme. Infine, l’esito di questi accantonamenti è incerto, ma potrebbe verificarsi un ritardo di alcuni trimestri a causa delle moratorie sui pagamenti. Per molte banche, queste comunicazioni, nella maggioranza dei casi accompagnate da revisioni al ribasso del consenso, forniscono un quadro di una crisi gestibile, pur sempre in assenza di un secondo lockdown o una concomitante crisi del debito sovrano. La trasparenza offerta sulle esposizioni in favore degli asset rischiosi (importi degli impegni sui settori petrolifero, turistico, del tempo libero, delle compagnie aeree e alberghiero) va nella giusta direzione pur rimanendo molto eterogenea.

In termini di Nbi, il primo trimestre riflette le conseguenze limitate relative all’inizio della fase di lockdown. Abbiamo riscontrato un buon andamento delle attività di mercato, in particolare nei segmenti relativi a reddito fisso, valute e materie prime per le banche statunitensi e Barclays. Le attività legate al mercato azionario delle banche francesi hanno incontrato alcune difficoltà, in particolare le attività strutturate, che soffrono contemporaneamente della mancata distribuzione dei dividendi da parte delle banche europee. Guardando alle prospettive, sottolineiamo le indicazioni delle banche irlandesi e di Kbc, che prevedono un impatto materiale della crisi sulla Nbi, dovuta alla debolezza dell’attività commerciale e del persistere di bassi tassi di interesse.

L’impatto delle moratorie di pagamento sui margini rimane incerto per il 2020. Come leva tradizionale, alcune banche stanno confermando o accelerando i loro progetti di riduzione dei costi. Anche la cosiddetta traiettoria del capitale è ostacolata da fattori di diversa natura. In primo luogo, il ritardo o la mancata distribuzione dei dividendi per il 2019 si riflette generalmente in un numeratore più elevato nei coefficienti di solvibilità. I dividendi vengono detratti dal patrimonio netto secondo il piano di distribuzione in linea con la politica dei dividendi annunciata (anche se non sono ancora stati pagati). La loro cancellazione significa che questo importo viene reincorporato nel capitale proprio.

In secondo luogo, alcune banche contabilizzano i loro utili trimestrali sotto forma di riserve, mentre altre continuano a detrarre il dividendo provvisorio in base alla loro politica dei dividendi. La maggior parte delle banche ha visto aumentare i propri asset ponderati per il rischio. Per quanto riguarda il credito, il fattore che sta incrementando la base di credito è il ricorso a linee di credito garantite da parte di alcune società. Il flusso di queste operazioni è destinato a diminuire gradualmente, soprattutto perché le grandi imprese hanno potuto emettere obbligazioni. A questo proposito, osserviamo un aumento significativo delle basi di deposito delle società, dato che al momento non si tratta di denaro speso.

Le banche che si concentrano sulla clientela personale hanno invece registrato un rallentamento della loro attività. Ci stiamo indirizzando verso una migrazione dei rating di credito, anche se l’impatto in termini di capitale sarà probabilmente più tangibile nel corso dei prossimi trimestri. Gli asset ponderati per il rischio di mercato e di controparte sono cresciuti, a causa della volatilità e dell’entrata in vigore di alcuni elementi previsti dalla riforma di Basilea. Infine, i coefficienti patrimoniali risentono degli impatti di valutazione (controllata assicurativa, deficit dei fondi pensione in alcuni Paesi, portafoglio di debiti sovrani).

A fronte di questa variazione del capitale, generalmente al ribasso, anche se l’allocazione dei dividendi alle riserve bilancia parzialmente la crescita degli asset ponderati per il rischio, le banche hanno evidenziato l’aumento del margine di manovra rispetto ai requisiti minimi di vigilanza, rivisti al ribasso. A metà marzo le banche europee hanno beneficiato di una prima ondata di allentamento normativo stimato in 120 miliardi di euro di capitale secondo il Meccanismo di vigilanza unico, cui si aggiungono i dividendi del 2019 destinati alle riserve per un valore di oltre 30 miliardi di euro. A fine aprile, con la stagione delle trimestrali ben avviata, l’autorità di vigilanza europea ha annunciato una seconda serie di misure di allentamento: l’annullamento di una parte degli effetti dell’Ifrs 9 in termini di accantonamenti, l’attuazione di due misure volte a smorzare l’impatto di Basilea IV, mentre la riforma stessa viene rinviata, insieme alle misure di sostegno a favore delle Pmi/infrastrutture (in concreto, i prestiti alle Pmi/infrastrutture stanno vedendo una diminuzione della loro ponderazione del rischio) ed il trattamento prudenziale favorevole degli asset tangibili per il software. Queste misure non sono quantificate, ma alcune banche hanno effettuato stime di circa 50 punti base in più in termini di Cet1.

Gli investitori hanno avuto accesso a più informazioni del solito nel corso del primo trimestre del 2020, ma c’è una certa frustrazione per quanto riguarda la mancanza di uniformità degli elementi comunicati. Tuttavia, riteniamo che, nel complesso e con il gradito sostegno da parte delle banche centrali, dei governi e delle autorità di vigilanza, le banche stiano mostrando un certo livello di solidità per poter far fronte a questa crisi. In realtà sono il braccio armato delle autorità per far sì che il credito venga distribuito all’economia reale.

Questa crisi, senza precedenti per dimensioni, è molto diversa da quella del 2008, quando le banche furono l’origine stessa del problema, mentre oggi siamo convinti che siano innegabilmente parte della soluzione.

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