Elezioni presidenziali Usa, i possibili impatti su Piazza Affari

A cura di IG

L’appuntamento con le elezioni Usa si avvicina e già da settimane il mondo della política, ma soprattutto quello dei mercati, scaldano i motori in attesa del 3 novembre. Quel giorno i cittadini Usa si recheranno alle urne per scegliere il loro prossimo presidente – anche se molti americani voteranno anticipatamente grazie alla posta evitando così le code in un periodo di emergenza coronavirus.

Da una parte il democratico Joe Biden, ex vice di Barak Obama; dall’altro il presidente in carica Donald Trump. Evento tradizionalmente spartiacque nella storia Usa e, di fatto, del mondo intero, ma soprattutto in grado di provocare ripercussioni sui principali mercati azionari Usa – e non solo.

Diversi titoli all’interno del Ftse Mib potrebbero infatti subire l’effetto del cambiamento (o del permanere dello status quo) negli Stati Uniti, dati i forti interessi delle aziende che, negli anni, sono partite alla conquista del mercato Usa.

Cosa aspettarsi dalle elezioni presidenziali: uno sguardo ai personaggi

Un rapido sguardo ai punti più salienti delle campagne elettorali dei due candidati alla presidenza aiuterà a capire quali saranno le aziende e i titoli su cui il risultato delle elezioni presidenziali impatterà.

Donald Trump

Da una parte, il presidente in carica Donald Trump. Repubblicano, classe 1946, contro ogni previsione l’8 novembre del 2016 ha sconfitto la democratica Hillay Clinton nella corsa per la Casa Bianca, con 304 preferenze sui 538 grandi elettori del collegio elettorale (una maggioranza del 56,5%).

Ora, il Tycoon punta a riconquistare i favori del popolo (o meglio, dei grandi elettori: nel 2016, a livello popolare Hillary Clinton ottenne circa tre milioni di voti in più rispetto all’avversario) con una campagna elettorale basata su un sistema fiscale regressivo (una sorta di flat-tax unica per i contribuenti), una riduzione delle tasse sugli investimenti e per le grandi imprese e un appoggio all’auto-regolamentazione del mercato libero.

Il nuovo governo Trump prevede anche maggiore spesa nel comparto militare e l’eliminazione delle restrizioni all’estrazione di combustibili fossili, oltre ad essere a favore del fracking – una tecnica di estrazione del petrolio particolarmente invasiva.

Joe Biden

Al contrario, il democratico Joe Biden promette un sistema fiscale progressivo, imposte sugli investimenti più alte, maggiore tassazione per le grandi imprese e un incremento del salario minimo. La visione politica di Biden prevede una riforma del sistema sanitario nazionale in chiave universale (a differenza di Trump, per cui la sanità potrà restare privata), meno spese militari e, dal punto di vista energetico, focus sulla decarbonizzazione e sulle energie rinnovabili.

Quali settori subiranno le ricadute delle elezioni presidenziali Usa?

La ciclicità dei mercati azionari permette di considerare alcuni pattern ricorrenti nella reazione dei mercati azionari all’indomani di ogni elezione presidenziale – fermo restando l’impatto di eventi impossibili da prevedere, ed è il caso delle presidenziali 2020, segnate nell’ultimo anno dalla pandemia globale di covid-19.

Secondo il Dimensional Fund Report del 2019, considerando le ultime 23 tornate elettorali (dal 1928 a oggi), in ben 19 casi i mercati hanno reagito positivamente all’elezione. Lo stesso report analizza l’andamento dei mercati azionari durante i diversi quadrienni e sottolinea come il terzo anno di carica di un presidente sia tradizionalmente il più forte; seguono il quarto e poi, a ritroso, il primo e il secondo. I primi anni di mandato sarebbero dunque i più critici.

Eppure la suddetta teoria è stata sconfessata proprio durante i mandati degli ultimi due presidenti, Obama e Trump. Nel 2016 l’S&P 500 ha riscontrato un aumento del 12%; nel 2020, l’aumento totale ad oggi è del 4,8%. Considerando il crollo delle Borse scatenato dalla pandemia di coronavirus, un recupero di tutto rispetto; ma proprio la stessa pandemia rappresenta un evento del tutto inaspettato (Black Swan, in gergo finanziario) in grado di rimettere in discussione la suddetta analisi.

Quali azioni sul Ftse Mib potrebbero essere più influenzate dalle elezioni USA?

Predire i movimenti di mercato all’indomani di un’elezione presidenziale è un’operazione aleatoria. Di certo, tradizionalmente, l’S&P 500 negli anni di elezione ha sempre sperimentato una volatilità maggiore e, stando ai dati storici, l’indice dei 500 titoli Usa a maggiore capitalizzazione tende ad apprezzare di più le vittore repubblicane – partito politicamente favorevole a limitare le regolamentazioni, lasciando che il mercato si autoregoli.

È possibile comunque attendersi ripercussioni anche sul mercato italiano. Diverse compagnie nate in Italia negli ultimi anni hanno allargato i propri confini oltreoceano, affermandosi sul mercato statunitense. Gli interessi in ballo vanno dalle legislazioni sul lavoro al trattamento della questione ambientale, passando anche per i piani di spesa delle fazioni in campo.

  • Fca: ancora padrona del mercato Usa?

È stato un anno difficile per Fiat-Chrysler, l’azienda italo-statunitense di automobili, forse anche più che per il resto degli industriali. La crisi del covid-19, che ha richiesto la chiusura forzata degli impianti sia in Italia che negli Usa per almeno tre mesi, si aggiunge alla diatriba già in corso negli Stati Uniti con General Motors.

Lo scorso novembre la casa automobilistica concorrente aveva infatti intentato causa contro Fca, accusandola di aver corrotto i sindacati per riuscire ad abbassare i costi del lavoro e ottenere condizioni contrattuali più favorevoli alla casa automobilistica.

All’inizio di luglio il tribunale federale di Detroit ha respinto l’accusa, asserendo che GM non sarebbe stata comunque danneggiata dalle presunte tangenti.

Una vittoria democratica e la diversa attenzione al mercato del lavoro potrebbero sollevare una nuova attenzione alla questione.

I vertici di Fca guardano inoltre con preoccupazione a un’eventuale sconfitta di Trump. Fca è presente negli Usa con il 12% della propria quota di mercato, soprattutto con il marchio Jeep e in generale con la gamma Suv.

  • Brembo, Pirelli e il settore automotive

Anche il resto delle aziende italiane attive nel settore dell’automotive guarda con apprensione alle prossime elezioni Usa, soprattutto in termini di un cambiamento della politica commerciale.

Brembo, azienda bergamasca leader nella produzione di sistemi di frenaggio, è attiva anche negli Usa, dove lavorano oltre 600 dipendenti. Lo scorso 30 giugno il gruppo ha rilasciato i dati relativi ai primi sei mesi del 2020 e la situazione sul mercato nordamericano (la trimestrale riunisce Canada, Stati Uniti e Messico) non è affatto rosea: si registra infatti un calo del 34,8% rispetto allo stesso periodo del 2019, in un’area che ha contribuito al 23,2% (il 25,5% nel 2019) del fatturato – seconda solo alla Germania.

Tra i rischi profilati dall’azienda, spicca quello di un’escalation delle tensioni commerciali con la Cina e, più in generale, un tensione all’isolazionismo commerciale – tra le strategie preferite di Trump.

Dall’altro lato, lo sfaldamento dei rapporti commerciali con la Cina nell’eventualità di un secondo mandato di Trump provocherebbe ripercussioni anche su un altro titolo quotato sul Ftse Mib: Pirelli.

Dal 2017 infatti la storica azienda produttrice di pneumatici (ma, nel tempo, anche moto, biciclette e materassi) è per il 45% in mano a ChemChina, impresa pubblica cinese attiva nel settore dell’industria chimica.

E se vincesse Biden? Forse il mondo potrebbe scampare una nuova Guerra Fredda, ma comunque Pechino e Washington continuerebbero a squadrarsi con sospetto. Dall’entourage di Biden nelle ultime settimane sono infatti arrivate dichiarazioni per cui gli Usa sarebbero pronti per lo più a una “nuova forma di competizione” per la quale, se non altro, l’”America First” di Trump dovrebbe fare un passo indietro e tornare a parlare con gli alleati atlantici.

  • Buzzi, Cnh: un futuro con il piano industriale di Trump?

Una vittoria di Trump potrebbe rappresentare fonte di profitti per diverse aziende italiane quotate sul Ftse Mib,o su altri indici minori di Piazza Affari.

All’interno della battaglia politica di Trump figura anche un ambizioso piano per il rinnovo delle infrastrutture, anche se il progetto non è in cima al dossier di priorità dell’amministrazione attuale. Preoccupa soprattutto dall’entità de progetti e alcune frange dello stesso partito repubblicano del presidente non sono d’accordo a procedere con massicci investimenti in tal senso, che si tradurrebbe in una tassazione più elevata per i contribuenti. A ciò si aggiunge la traballante maggioranza repubblicana al Congresso – i Dem premono per lo più su nuovi investimenti per infrastrutture più ecosostenibili.

Buzzi Unicem deriva circa il 38% dei ricavi e il 50% dell’ebitda dal mercato Usa. Rilevante anche la posizione di Cnh Industrial, gruppo italo-statunitense quotato sia sul NYSE che sul Ftse Mib attiva nella costruzione di autoveicoli per l’agricoltura, l’industria e autobus.

Nell’ultimo anno, Cnh ha riportato un fatturato da 28,1 miliardi di dollari e un utile netto da 1,45 miliardi, a fronte di un utile per azione a 1,05 dollari.

  • Leonardo (Finmeccanica)

Dalle decisioni in tema di difesa dipendono anche le sorti del gruppo Leonardo, azienda italiana attiva nel campo dell’aerospazio e delle sicurezza, partecipata al 30% dal ministero delle Finanze italiano e quotata sul Ftse Mib.

Il segmento di mercato statunitense è tra i più rilevanti per Leonardo, con gli Usa che contano per il 44,2% del suo azionariato (oltre il 90% delle partecipazioni Leonardo sono in mano estera, in risposta a una strategia volta all’internazionalizzazione).

All’inizio di gennaio, Leonardo si è aggiudicato un contratto da oltre 176 miliardi di dollari con il Dipartimento di stato Usa per 32 elicotteri TH-73A, da produrre presso gli stabilimenti di Philadelphia, ma le possibilità in Usa non finiscono qui.

Leonardo venderà all’esercito Usa elementi per lanciatori verticali, equipaggiamenti per elicotteri a infrarossi, kit veicolari (tablet, processori e display) per i veicoli e un elicottero AW119, che si aggiunge a quelli già in possesso dell’esercito Usa per il trasporto medico d’emergenza.

  • EssilorLuxottica

Da tenere d’occhio anche i progetti negli Stati Uniti di EssilorLuxottica, il colosso nella produzione di lenti oftalmiche e occhiali italo-francese.

È di quest’estate la notizia che il gigante fondato da Leonardo Del Vecchio avrebbe messo gli occhi sul mercato Usa, più precisamente tramite un programma ad hoc, EssilorLuxottica 360, a supporto di ottici e partner indipendenti.

EssilorLuxottica è già presente negli Usa con la rete EyeMed, il secondo gruppo negli Usa per la cura della vista che offre servizi (anche in combinazione con altre polizze assicurative) ai lavoratori. EyeMed opera attraverso un esteso numero di punti vendita negli Usa, tutti ottici medio-piccoli e indipendenti, trampolino di lancio per l’azienda di occhiali nel Nuovo Continente.

  • Stmicroelectronics

Infine, uno sguardo a Stmicroelectronics: l’azienda italo-francese, attiva nella produzione di componenti elettronici e di semiconduttori, oltre che sul Ftse Mib a Milano e sull’Euronext, è quotata anche sull’S&P 500, a Wall Street.

La forte interconnessione con i mercati del settore tech statunitense rende il titolo altamente volubile ai cambiamenti delle grandi aziende Usa. Non solo: anche in questo caso i rapporti Cina-Usa giocano un ruolo importante, soprattutto in considerazione delle restrizioni che Washington ha posto sull’azienda cinese Huawei sull’accesso alla tecnologia Usa.

L’ultima in ordine di tempo riguarda l’obbligo di licenza prima di vendere microchip prodotti anche con l’aiuto di software statunitensi: un problema per Stm, che progetta microprocessori in partnership con Huawei.

L’opinione dell’analista

Secondo il senior strategist di IG, Filippo Diodovich, l’impatto sui mercati azionari italiani potrebbe essere limitato. Secondo Diodovich: “Il grande pericolo per le piazze azionarie globali avrebbe potuto essere una possibile vittoria del democratico riformista Bernie Sanders, che aveva previsto nel suo programma una lotta ai guadagni folli delle élite della finanza di Wall Street”.

“La sconfitta di Sanders alle primarie democratiche ha allontanato i timori degli investitori su possibili forti restrizioni al mondo finanziario. Riteniamo tuttavia molto probabile che alcuni settori evidenzieranno dei guadagni in caso di vittoria di Trump (petrolifero e industriale), mentre altri saliranno con Biden presidente (tecnologico e energie rinnovabili)”.

“Da un punto di vista politico”, continuna Diodovich, “una vittoria di Trump manterrebbe lo status quo con rapporti diplomatici tra Europa e Stati Uniti che rimarranno molto freddi. Crediamo invece che un successo dei democratici porterebbe Biden a terminare l’isolamento degli Stati Uniti e a rinsaldare i rapporti diplomatici e commerciali”.

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