Elezioni Usa, un altro flop di sondaggisti e analisti: meglio così

“Così come le previsioni sui ballottaggi presidenziali si sono rivelate ancora una volta fallaci, lo stesso si può dire per i tetri scenari dipinti dagli analisti finanziari che vedevano in una elezione contestata un potenziale elemento eversivo per i mercati; ebbene le elezioni sono indubbiamente contestate (Trump ha già annunciato ricorsi nel conteggio dei voti in alcuni stati), il margine di vittoria di Biden è tra i più sottili della storia e, ancor di più, la tanto sbandierata Blue Wave non si è concretizzata, e se i democratici si apprestano a riguadaganre il controllo della Camera, il Senato dovrebbe rimanere nelle mani dei repubblicani. Il che va benissimo“. Così Michael Palatiello, Ad di Wings Partners Sim, commenta quelli che sembrano ormai essere i risultati (quasi) definitivi del voto negli Usa.

Il perché della visione ottimistica è presto spigeato: “Una presidenza democratica garantisce un maggior peso all’atteso piano di stimolo, che nelle mire democratiche dovrebbe aggirarsi sull’ordine dei 3 trilioni di dollari (contro il misero trilione voluto dai repubblicani); un Senato in mano all’opposizione dovrebbe contenere gli eccessi ‘socialisti’ del governo in carica (soprattutto per quanto riguarda politiche antitrust o inversioni di tendenza sulle agevolazioni fiscali concesse da Trump, non per nulla fra i tre indici Usa è stato il Nasdaq a fare la parte del leone in questi giorni). Un presidente democratico dovrebbe inoltre avere un approccio più soft in tema di commercio internazionale, e le borse asiatiche ringraziano…”, dice Palatiello.

Come nota l’esperto, “il formidabile rally azionario di questi primi giorni di novembre rimane immune anche a notizie macro negative (ieri indice Adp relativo all’occupazione del settore privato americano ben al di sotto delle aspettative, con 365mila nuovi posti creati contro i 600mila attesi e indice Ism del settore servizi che manca l’obiettivo preventivato a 57,4 posizionandosi a 56,6) per non parlare di quelle a livello sanitario. Se gli Usa infatti sorpassano per la prima volta quota 100mila nuovi contagi giornalieri, dall’altra parte dell’Atlantico non va meglio, con il record di nuovi casi in Germania e Austria, il nuovo lockdown di 30 giorni in Uk, Grecia e Belgio vicine al lockdown e l’Italia che si trova ieri sera a giocare a ‘Strega comanda colore’ (e non entro nel merito della razionalità nell’assegnazione delle “baniderine” ieri, anche perché non credo ve ne sia una, ma vorrei solo far notare come Piemonte e Lombardia contribuiscano a circa 1/3 del Pil italico…). La Danimarca dal canto suo si appresta a sterminare tutta la popolazione di visoni (16 milioni) perché apparentemente veicolo di contagio del Covid”.

E le banche centrali? “Gli appuntamenti di oggi vedono la Fed in pista che dovrà barcamenarsi tra la comprensibile volontà di rimanere neutrale almeno fino all’esito definitivo delle elezioni e la consapevolezza che il pacchetto fiscale americano non arriverà tanto presto; senza esitazioni la sua controparte inglese (BoE, ndr) che questa mattina vara un inatteso piano di Qe per quasi 200 miliardi di euro per tamponare le ricadute recessive nel Regno Unito (e comprare i visoni)”.

Per quanto riguarda valute e commodity, continua Palatiello, “passata la fase più incerta (o almeno così pare), il dollaro torna a veleggiare in area 1,1750 contro euro mentre l’oro con compostezza si riappropria dei 1.900 dollari l’oncia con la parvenza di voler, senza troppo clamore, proseguire nel rialzo in atto da 24 ore a questa parte con un primo importante test della media a 50 giorni ora resitenza dinamica. I metalli non ferrosi, passata la rocambolesca fase della dichiarazione opzioni di ieri (resa difficile da quotazioni estremamente volatili a ridosso della scadenza) sembrano aver coralmente ripreso la strada del rialzo, di pari passo al buon umore manifestato dai mercati asiatici che si sono tolti Trump dalle scatole, con il rame che torna sopra quota 6.800 dollari, alluminio che cerca di superare con convinzione i 1.900 dollari, zinco, nickel e piombo che consolidano al rialzo anche se senza troppo clamore. Le soprese sono finite? Non credo…”.

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