La mappa dei rendimenti dalla Svezia al Brasile

A cura di Adrien Owens, Investment Director obbligazioni e valute di Gam

Se da  un po’ di tempo non si registrano movimenti di tassi vediamo invece ancora valore in quegli scambi che puntano su un aumento delle curve di rendimento. In aggiunta, con i rendimenti nell’Europa continentale che continuano a ridursi, gli  investitori in cerca di rendimento hanno cominciato a guardare con interesse alla Svezia, e il suo rendimento a lungo termine rappresenta un’opportunità interessante. Un differenziale di rendimento tra la Svezia e l’Europa di un punto base, equivale a circa 7 punti base di rendimento per la nostra strategia. E la nostra previsione è di un potenziale di upside di 50 punti base dai livelli attuali, ovvero un rendimento potenziale del 3,5% per il nostro approccio d’investimento.

Anche il mercato canadese sta iniziando ad apparire interessante. La crescita è piuttosto assopita e i livelli di disoccupazione sono aumentati negli ultimi 18 mesi. La Banca centrale è concentrata sulla crescita delle esportazioni non energetiche che, ad oggi, è stata minima. Perciò, in un contesto nel quale la maggior parte dei mercati obbligazionari sviluppati sono incredibilmente costosi, il Canada sta diventando più attraente.

Allo stesso modo, anche il Regno Unito sta diventando un orizzonte interessante, sebbene manteniamo una certa cautela nei confronti di investimenti significativi in questa congiuntura. Tuttavia, dalla Brexit abbiamo assistito a una massiccia svalutazione delle sterlina, ad un aumento del QE e a un taglio dei tassi di interesse – con la possibilità di una politica fiscale ancora più espansiva in occasione della riunione di settembre. Crediamo che i catalizzatori della crescita nel Regno Unito stiano cominciando a migliorare, con rendimenti che sono contestualmente crollati rispetto ad altri mercati. Da un lato, rispetto QE, il bilancio della Banca centrale d’Inghilterra rappresenta circa il 22% del Pil – un valore inferiore rispetto all’Eurozona, dove rappresenta il 34%, e significativamente meno del Giappone, dove rappresenta l’85%.

Continuiamo a mantenere la nostra posizione lunga sui tassi brasiliani e la storia di investimento si sta sviluppando in larga parte come speravamo: l’inflazione è in calo, la crescita mostra modesti segni di miglioramento e la valuta sta tendendo bene. Ci aspettiamo che la Banca centrale taglierà i tassi più di quanto il mercato abbia prezzato, portandoli possibilmente di nuovo in area 10% dal 14,25%.

In America Latina il peso messicano è stata una valuta molto debole da tenere in portafoglio quest’anno. Ci sono diverse spiegazioni riguardo al perché la performance sia stata così debole, e crediamo che il consolidamento della campagna di Trump per le elezioni americane sia stato un fattore chiave. Il peso ha cominciato a sottoperformare i suo tradizionali catalizzatori quali petrolio, spread sui credit default swap messicani e volatilità già a maggio quando Trump è diventato il candidato repubblicano. Tuttavia, la valuta ha riguadagnato forza questo mese, in combinazione con il calo delle previsioni sull’elettorato di Trump. Noi siamo più ottimisti della maggioranza e anticipiamo un potenziale rally qualora Clinton si dimostrasse il candidato vincente. Inoltre, sulla base di spread interessanti, guardiamo con favore anche alla parte più lunga della curva dei tassi messicani rispetto a quelli statunitensi, intorno ai 10 anni.

Infine, rimaniamo ottimisti sulla Corona svedese, che ha sottoperformato durante il periodo estivo a causa delle aspettative elevate e la cui attuale debolezza di breve periodo fornisce un’interessante opportunità di ingresso, mentre nel corso dell’anno abbiamo trasformato la nostra visione relativamente positiva sullo yen in molto cauta, per via delle forze contrapposte che ne influenzano la performance. Le autorità nipponiche stanno facendo il possibile per svalutare la moneta, sforzi contrapposti dai flussi positivi che la rinforzano.

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