Etf, la guerra sui costi continua

A cura di Morningstar

Vanguard ha scritto un altro capitolo della guerra commissionale nell’industria degli Etf (Exchange traded fund). La società ha annunciato la riduzione delle commissioni per i replicanti disponibili agli investitori europei. 11 sono anche quotati in Piazza affari e il valore medio delle spese correnti (Ter) sarà pari allo 0,12%. Sono interessati gli Etf sui mercati azionari globali, sviluppati europei e asiatici, emergenti e Giappone; oltre agli obbligazionari corporate e governativi in euro e dollari. I tagli più significativi hanno riguardato Vanguard FTSE Developed Asia Pacific ex Japan, FTSE Developed World e USD Corporate 1-3 Year Bond, come si può vedere nella tabella qui sotto.

Tagli commissionali per gli Etf di Vanguard quotati in Borsa italiana

 Riduzione dei costi degli ETF di Vanguard quotati in borsa italiana

Aumenta la competizione

Nel corso del 2019, altre società hanno ridotto i costi dei loro fondi indicizzati, tra cui iShares e Xtrackers, proseguendo un trend che dura da anni. “In molti casi, il taglio delle commissioni è la diretta risposta alla mossa di un concorrente”, spiega Jose-Garcia Zarate, direttore associato della ricerca sulle strategie passive di Morningstar in Europa. “Nel segmento degli Etf, l’ingresso di nuovi operatori è stata spesso accompagnata da politiche di prezzo aggressive per sfidare gli emittenti già presenti sul mercato”.

Non solo la battaglia sui costi continua, ma si è estesa dagli Etf azionari a capitalizzazione, agli obbligazionari e alle forme di replica più avanzate come gli Stategic beta (comunemente chiamati smart beta) e gli strumenti sostenibili. Secondo Garcia-Zarate, c’era una ragione in più per Vanguard nell’abbassare le spese in Europa, ossia il fatto che alcuni strumenti risultavano costosi rispetto ai concorrenti, in contrasto con la filosofia aziendale di focalizzarsi su soluzioni low cost.

Fino a quando durerà la guerra dei costi?

“I tagli delle commissioni sono sempre benvenuti”, conclude il ricercatore di Morningstar. “Noi sosteniamo da tempo che gli strumenti (attivi o passivi) a basso costo abbiano maggiori probabilità di successo. Tuttavia, man mano che la guerra sui costi andrà avanti, si arriverà al punto che le differenze di spese tra i fondi indicizzati saranno insignificanti dal punto di vista del risparmio per l’investitore. Di conseguenza, la selezione si giocherà su cosa c’è in portafoglio, quindi sugli indici, che definiscono l’universo di investimento degli Etf. Detto in altri termini, se si metteranno i propri soldi in prodotti che replicano l’indice sbagliato, non sarà importante che siano i meno costosi, perché non si riusciranno a raggiungere in ogni caso gli obiettivi finanziari personali”.

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