Europa ancora costretta a rincorrere gli Usa

Nonostante il rischio di una nuova ondata di Coronavirus sembri essere sempre più probabile, un recente sondaggio della NABE (National Association for Business Economics), ha affermato che l’economia statunitense uscirà dalla recessione nella seconda metà di quest’anno o ad un certo punto nel 2021, e la maggioranza degli economisti ha dichiarato che il Congresso ha bisogno di incrementare gli aiuti supplementari, estendendo l’assicurazione di disoccupazione supplementare e il PPP (Paycheck Protection Program) per le piccole-medie imprese.

Dopo che il Congresso non è riuscito a concordare un nuovo pacchetto di stimoli, lasciando scadere i 600 dollari in più a settimana per l’assistenza alla disoccupazione, il presidente Donald Trump ha annunciato all’inizio di agosto che avrebbe reindirizzato i fondi di soccorso in caso di catastrofe per fornire aiuti federali ai disoccupati con un’azione esecutiva.

Nonostante ciò, le ultime proiezioni della Fed stimano il PIL americano in crescita intorno al 26% nel terzo trimestre dopo il crollo di oltre il 30% nel secondo, mentre il PMI composito di agosto, che registra la salute sia del manifatturiero che dei servizi, è schizzato a 54,7 punti dai 50,3 di luglio, portandosi ai massimi da 18 mesi.

Anche la disoccupazione, benchè le richieste settimanali di sussidi siano tornate sopra il milione, sta rientrando, perché i cosiddetti continued claims, ovvero le richieste di disoccupazione che si rinnovano da una settimana all’altra, continuano a calare.

Nel frattempo, pure il settore immobiliare continua a crescere, sia per le nuove costruzioni che nelle compravendite.

Con questi dati, è abbastanza comprensibile che la Fed esiti di adottare nuovi stimoli, visto che forse non ce ne sarà bisogno.

Nel frattempo il Vecchio Continente, che all’inizio del trimestre sembrava essere più avanti degli States nella lotta alla pandemia, ha difficoltà a mantenere il passo della ripartenza.

Il corrispondente indice PMI composito di agosto è infatti diminuito a 51,6 punti dai 54,9 di luglio, proprio a causa dei timori di una nuova ondata di Covid che in alcuni paesi hanno indotto a restrizioni di attività che hanno colpito soprattutto i servizi.

Così gli Stati Uniti si avvicinano senza troppi patemi d’animo (almeno borsisticamente parlando) al test elettorale, pronti a ingranare un possibile rally di fine anno che potrebbe diventare una carica di cavalleria in caso di vittoria di Trump.

L’Europa invece deve completare la svolta storica del Recovery Fund con una strategia unitaria antivirus, cercando poi di fare nuovi passi in avanti in materia di Unione Bancaria e di gestione del futuro debito europeo. E con gli indici locali che stentano a tenere il passo dei listini d’oltre Atlantico.

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