Europa, segni di rallentamento

A cura di Adrien Pichoud, Chief Economist Portfolio Manager Syz Asset Management
Economie avanzate. Sebbene abbia parzialmente perso slancio nel 1° trimestre, l’economia statunitense continua a crescere a ritmo sostenuto. I consumi sono favoriti dal bassissimo tasso di disoccupazione, il reddito delle famiglie sta lentamente risalendo e la spesa per investimenti continua a crescere sulla scia dell’elevata fiducia delle imprese. Il ritorno dell’inflazione IPC “core” al di sopra del 2% a marzo sostiene l’opinione della Fed che la politica monetaria debba essere ulteriormente normalizzata, come indicato nella riunione di marzo. I tassi a breve termine negli Stati Uniti si stanno ormai avvicinando all’importante soglia della positività in termini reali (escludendo l’inflazione) per la prima volta in dieci anni. La Fed intende estendere ulteriormente il proprio ciclo, in quello che apparentemente ormai sarà un vero ciclo di inasprimento.
Tutti i dati europei hanno evidenziato un andamento al ribasso e inferiore alle aspettative nelle scorse settimane. C’è motivo di preoccuparsi? La tanto attesa ripresa della crescita europea è già arrivata al capolinea? La risposta è no, almeno per il momento: sebbene il recente rallentamento sia stato marcato, il punto di partenza era così alto che i dati economici restano a livelli ancora compatibili con una crescita del PIL superiore al potenziale. È fisiologico che si stabilizzino a un certo punto…
Il calo generalizzato dei tassi di disoccupazione, la spesa per investimenti latente e le condizioni finanziarie favorevoli sembrano destinati a sostenere il ciclo di crescita, ma la BCE non ha motivo né bisogno di accelerare l’uscita vista l’inflazione ancora bassa. La Bank of England è invece alle prese con una situazione leggermente diversa perché l’inflazione ha superato il suo target nell’ultimo anno. Se gli effetti valutari verranno meno in futuro, si considererà un altro rialzo dei tassi di 25 pb. In Giappone, il recente indebolimento della crescita rispecchia la sensibilità ancora elevata dell’economia alle fluttuazioni dello yen.
Economie emergenti. L’economia cinese attualmente è piuttosto in buona salute e pertanto sembra in grado di sostenere una (limitata) guerra commerciale. La crescita del PIL si è stabilizzata, con un riequilibrio graduale verso i consumi interni. I deflussi di capitali sono stati arginati, la crescita del credito viene timidamente contenuta e la valuta si è stabilizzata o ha persino rimbalzato rispetto al dollaro USA. In questo contesto, le autorità dispongono degli strumenti e di un margine di manovra per compensare le potenziali difficoltà di una guerra commerciale in una certa misura.
Nel corso dell’anno due grandi economie dell’America Latina andranno al voto: Brasile e Messico. Entrambe sono caratterizzate da contesti economici interessanti, con una dinamica di crescita positiva unita al rallentamento dell’inflazione. Invece, sul fronte politico, se AMLO, il candidato di sinistra, è ampiamente in testa ai sondaggi in Messico, Lula, che puntava a rappresentare la sinistra brasiliana, è stato condannato alla reclusione per corruzione.
In Turchia, Erdogan ha indetto elezioni anticipate a giugno. Il tempo ci dirà se questa decisione è stata motivata dalla previsione di un imminente rallentamento della crescita dovuto al venir meno delle misure di stimolo fiscale.

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