Eurozona, un piano Merkel-Lagarde per un futuro più luminoso

A cura di Sabrina Khanniche, Senior Economist e Steve Donzé, Senior Macro Strategist di Pictet Asset Management

Stanno prendendo forma i contorni di un nuovo piano per far decollare la crescita dell’eurozona, a solo pochi giorni di distanza dall’insediamento di Ursula von der Leyen e Christine Lagarde alla guida delle principali istituzioni europee. E si tratta di un piano che promette il più grande stimolo coordinato dalla crisi finanziaria del 2008.

Il grosso dello stimolo proverrà dalla Germania, la cui economia, fortemente legata al settore manifatturiero, appare prossima a una recessione. La posizione fiscale della Germania, rettificata per il ciclo economico e alcuni effetti una tantum, si sposterà verso un espansionistico 0,8% del Pil il prossimo anno, rispetto al -0,7% del 2018.

Tuttavia, pare che tutto ciò non sarà sufficiente. La Germania rappresenta quasi un terzo del Pil dell’eurozona, e la nostra analisi indica che il suo piano di spesa per il 2020 non aggiungerà più di 40 punti base alla crescita del Paese per lo stesso anno (si veda il grafico).

Non sorprende, quindi, che i legislatori tedeschi stiano cercando di allentare il loro storico impegno a mantenere il bilancio in pareggio.

Il ruolo della Germania

A ottobre la cancelliera Angela Merkel ha dichiarato che i tedeschi non devono farsi ossessionare dalla politica schwarze null, ossia di pareggio di bilancio (letteralmente “zero nero”), e che anche investire nel futuro deve essere una priorità. Il ministro delle Finanze Olaf Scholz ha suggerito che il governo potrebbe spendere altri 50 miliardi di euro.

Il Fmi ha incoraggiato la Germania all’investimento pubblico. Questo è anche l’impegno assunto dalla presidente della Commissione Europea nella parte più ampia del suo manifesto, sollecitando una spesa di 1000 miliardi di euro per progetti sostenibili nel prossimo decennio.

Berlino può anche ridurre i contributi per la previdenza sociale o introdurre incentivi per l’acquisto di beni sostenibili, offrendo una spinta immediata al reddito delle famiglie, che potrebbe sostenere la spesa al consumo. Affinché uno stimolo fiscale sia efficace, tuttavia, occorre che anche la banca centrale svolga la sua parte. Perché, come effetto controproducente, una maggiore spesa da parte del governo potrebbe portare a maggiori oneri finanziari. La Bce sta già aumentando il livello di liquidità nel sistema finanziario per mantenere bassi i tassi d’interesse.

Con il nuovo pacchetto presentato a settembre, fornirà un nuovo stimolo pari a 20 miliardi di euro al mese. Ipotizzando che la Bce condurrà il programma con un ritmo uniforme fino al raggiungimento del limite autoimposto, prevediamo che la banca inietterà quasi 500 miliardi di euro nei prossimi due anni.  Ciò aumenterebbe l’iniezione di liquidità della regione al livello più alto dal 2014 e superiore alla media degli ultimi 12 anni.

La Bce potrebbe anche rinnovare il suo attuale programma di credito, noto come Tltro (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, ovvero operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine). Nello scenario più estremo, potrebbe ammorbidire ulteriormente i termini del programma offrendo, ad esempio, una linea di credito perpetua alle banche in difficoltà. O potrebbe fare ricorso a una politica in stile giapponese di controllo della curva dei rendimenti.

Il nuovo capo della Bce Lagarde forse non ha bisogno di arrivare a tanto. Ma se le condizioni dell’economia globale dovessero peggiorare, la Bce e i governi della regione avranno numerose opzioni tra cui scegliere per sostenere la crescita.

Ed è per questi motivi che l’eurozona trascorrerà i prossimi anni a gettare le basi per un futuro migliore.

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