Fed e bassa volatilità: di nuovo uno scenario ‘Goldilocks’?

A cura di Alessandro Balsotti, strategist Jci Capital

È un ritrovato scenario ‘Goldilocks’, quasi impensabile fino a poco più di due mesi fa, quello che si sta concretizzando giorno per giorno sui mercati finanziari. Il fattore preponderante è stata la proattività con cui la Fed ha mostrato la sua disponibilità a voler prolungare il ciclo a qualsiasi costo, approfittando della libertà d’azione (leggasi ‘atteggiamento paziente’) concessa dalle forze deflattive secolari positive (tecnologia) e negative (demografia, dimensione del debito) che appaiono sempre più difficili da negare man mano che passano gli anni.

Quasi tutte le altre banche centrali non possono che adeguarsi anche se appare sempre più probabile come due delle più importanti (ECB e BoJ) abbiano ormai perso la loro finestra di normalizzazione prima delle fine di questo ciclo economico.

La price-action appare chiaramente guidata da strategie passive ed algoritmiche (strategie risk-partity, fondi con target di volatilità fissa) che in maniera pro-ciclica aumentano gli acquisti al diminuire della volatilità, per il disappunto della tradizionale gestione discrezionale/attiva che mediamente ha trovato pochi motivi fondamentali per farsi convincere a partecipare ai rialzi al cospetto di dati economici che continuano a risultare tra il deludente e il preoccupante.

 

Federal Reserve: la “virata” di Powell

Con la virata di Powell risultata centrale nel propagare una narrativa ‘bullish’ in questo inizio di 2019 vale comunque la pena sintonizzarsi sull’annuncio della più rilevante banca centrale del pianeta. L’asticella per battere delle attese (dovish) ormai consolidate, dopo due mesi di comunicazione in questa direzione, sembra parecchio alta.

I DOTs (vedi grafico) pubblicati in dicembre, quando ancora la volontà di normalizzazione dell’accomodamento monetario sembrava intatta, indicavano (utilizzando il famoso DOT ‘mediano’ come riferimento) due rialzi per il 2019 e 1 per il 2020. Ora, con una curva che non vede rialzi anzi sconta qualche probabilità che un taglio possa arrivare tra 2019 e 2020, è probabile che i membri del comitato si aggiustino proponendo un rialzo nel 2019 e nessuno nel 2020, ma è quasi impensabile che possano allinearsi al mercato togliendo completamente le prospettive di un rialzo, pur limitato e non imminente, dalle proiezioni.

Anche sul fronte del Quantitative Tightening sarà difficile fornire sorprese positive con gli analisti ormai convinti che in tempi brevi (forse già domani) verrà sancita la volontà di fermare la riduzione delle stato patrimoniale già quest’anno, probabilmente nel Q4. Più interessante sarà evincere chiarimenti su quali possano essere le evoluzioni in grado di stimolare nuovamente la Fed a una maggiore proattività rialzista nei prossimi mesi. L’inflazione sembra essere l’unica variabile in grado di far perdere la pazienza ai policy-makers, secondo la comunicazione arrivata recentemente dalle voci ‘pesanti’ del FOMC (Powell, Clarida, Williams). In quest’ottica la conferenza stampa del Governatore sarà scrutinata con particolare attenzione.

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