Finanza sostenibile, la battaglia per la leadership globale è iniziata

“Ci vorranno alcuni anni per ricordare che la battaglia per la leadership globale nella finanza sostenibile è iniziata nell’autunno del 2020. Da un lato l’outsider, l’Europa dopo Brexit, l’Unione Europea. Dall’altro lato c’è l’approccio globale del mondo anglofono, rappresentato principalmente dagli Stati Uniti e dal Regno Unito“. E’ quanto sottolinea Jean-Philippe Desmartin, Head of the Responsible Investment Team di Edmond de Rothschild Asset Management. Di seguito la sua visione.

Dal 2017 l’Ue sta accelerando in termini di finanza sostenibile e ha affermato il proprio Dna. Un segno di questo slancio è stata la pubblicazione della tassonomia green a metà del 2019. Questa proattività si ritrova nel programma di ripresa che incorpora il finanziamento della transizione energetica e ambientale. Il campo di applicazione dell’Ue in termini di finanza sostenibile è ampio: aziende, investitori, rendicontazione extra-finanziaria, indici, future label, standard legati ai green bond, ecc. Per lungo tempo sostenitrice dell’approccio soft law alla finanza, soprattutto quando la Gran Bretagna era ancora a bordo, l’Ue si è spostata a favore di un regolamento hard law sulla finanza sostenibile. Allora, chi la vincerà?

Un rivale formidabile

La risposta non è ovvia quando la battaglia è appena iniziata. Diversi fattori sono a favore dell’Europa, come la legittimità delle esperienze passate, la curva delle esperienze di successo dei player (emittenti e investitori), l’ambizione politica dei governi e dei cittadini europei, la volontà di combattere il greenwashing in un momento di emergenza climatica, l’integrazione della doppia materialità finanziaria e Esg. L’Europa deve però rimanere vigile. Prima di tutto, attenta alle proprie decisioni; costruire una tassonomia di 440 pagine per governare solo su 2 dei 6 obiettivi ambientali, quelli dedicati al clima, in attesa del resto degli obiettivi ambientali e di tutti i temi sociali e di governance, non è una spina nel fianco? Non si può evitare un sistema labirintico, in breve burocrazia/tecnologia, che viene criticato sia all’esterno che all’interno dell’Ue?

Tanto più che il rivale emergente è formidabile. Di fronte a un’Europa che si sta affermando, il mondo anglofono ha reagito in modo rapido, potente e coeso nell’autunno 2020 per presentare un modello globale di soft law, di cui l’industria finanziaria è sostenitrice. La tabella di marcia è chiara. In una consultazione pubblicata alla fine di settembre, la fondazione International Financial Reporting Standards (Ifrs) ha proposto di unificare le iniziative esistenti a livello globale in materia di rendicontazione non finanziaria. Cinque attori chiave (Carbon Disclosure Project, Climate Disclosure Standards Board, Global Reporting Initiative, International Integrated Reporting Council, Sustainability Accounting Standards Board) si sono immediatamente e collettivamente schierati dietro gli Ifrs in una lettera aperta indirizzata alla International Organisation of Securities Commissions. Da allora, i segnali nella stessa direzione provenienti dal mondo anglofono (ad esempio le Big Four, ovvero le quattro grandi società di revisione) sono aumentati a favore di un comune ombrello Ifrs.

L’Ifrs vuole operare all’interno di un ecosistema e unificare le iniziative locali e regionali, e prima di tutto l’Ue, anche se ciò significa limitare le ambizioni finanziarie sostenibili. Il rapporto sulla standardizzazione dei principi contabili internazionali condotto dall’Ifrs a partire dal 2005 è stato attentamente valutato, in particolare in Europa. Il futuro ci dirà se l’Ue è ancora pronta a mettere il suo destino nelle mani dell’Ifrs in termini di rendicontazione finanziaria sostenibile.

Speriamo che un’Europa unita e pragmatica riesca a far aderire il resto del mondo alla sua visione. La sfida è grande, ma vale la pena provarci, perché la finanza sostenibile è un argomento troppo serio per essere lasciato nelle mani dei soli contabili.

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