Fuga da New York!

La borsa Usa è una delle più importanti a livello mondiale e quello che accade a New York, infatti, dato il diverso fuso orario con l’Occidente, può condizionare in positivo o negativo l’andamento degli altri mercati finanziari. “Negli ultimi 100 anni le azioni Usa hanno avuto un ritorno medio annuo di circa il 6%, ma per i prossimi 20 anni c’è da attendersi un 2-3% in termini reali – commentano da Notz Stucki, società di asset management ginevrina – A fine del 2018, la Borsa americana ha lasciato spazio a una pesante correzione che ha sfiorato il 20% sull’S&P 500, ma da inizio anno i compratori sono tornati protagonisti, rassicurati anche dall’atteggiamento molto accomodante da parte delle Banche centrali e soprattutto della Fed”.

Il fattore “banche centrali” è quello che ha permesso a Wall Street un rally decennale (partito proprio nel marzo del 2009), tra i più lunghi della storia e tuttora in corsa. Dopo il crollo del 1987, i mercati hanno fatto sempre più affidamento sulla politica monetaria per salvarsi dall’eventualità che qualcosa potesse andare storto, sottolineando l’importanza storica della cosiddetta Fed put, cioè l’idea che la Banca centrale Usa, la più influente, possa rendere più accomodante la politica sui tassi quando i mercati, più che l’economia, entrano in crisi.

Vedremo nei prossimi mesi se l’avvertimento sulla sopravvalutazione degli asset avrà la meglio o se la Fed (e i dati economici Usa) riusciranno ancora a trasmettere ottimismo agli investitori – continuano da Notz Stucki – New York, città simbolo degli Stati Uniti, patria di Wall Street, con la più alta concentrazione al mondo di banche, istituti finanziari ed assicurativi, si sta pericolosamente avvicinando al disastro finanziario. Per la prima volta in 40 anni lo spettro della bancarotta torna ad aleggiare sulla Grande Mela”.

Il debito della città, riporta il «New York Post», pesa per 81.100 dollari su ogni famiglia e a questo si aggiunge il forte aumento delle spese, la fuga delle aziende e dei singoli individui per le tasse troppo elevati. Nel bilancio preliminare per il 2020, il Sindaco De Blasio ha previsto un taglio di 750 milioni di dollari, un risparmio che non sarebbe sufficiente ad evitare la bancarotta.

Le passività consolidate di New York hanno ormai raggiunto i 257 miliardi di dollari, si tratta nella maggior parte dei casi di debiti obbligazionari e pensioni da erogare ai cittadini – concludono dall’asset manager ginevrino – Circa la metà delle entrate nella casse della Grande Mela derivano proprio dalle tasse sulla proprietà. Questa pressione sta incentivando una fuga delle imprese verso Stati con un fisco più clemente; la tassazione è così alta che l’1% dei contribuenti di New York paga circa il 50% del totale delle tasse riscosse dal Comune. Dal 2010 circa, 1,2 milioni di abitanti hanno lasciato la città”.

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