Gestione della fine di un ciclo economico

Mentre il ciclo economico negli Stati Uniti continua a invecchiare, molti cominciano a chiedersi quando – e come – arriverà alla conclusione definitiva. Stephen Dover, Head of Equities di Franklin Templeton, afferma che da parte degli investitori è sicuramente saggio prepararsi, ma non vede alcun motivo per ritenere che una recessione sia imminente.

Sebbene da parte nostra non riteniamo che la lunghezza dell’espansione economica dovrebbe costituire di per sé un motivo di preoccupazione per gli investitori, una delle grandi domande che abbiamo sentito porre negli ultimi tempi è: quando avrà luogo la prossima recessione?

Non stiamo cercando di prevedere o di calcolare i tempi di una recessione, ma è indubbio che ci stiamo avvicinando alla fine di un ciclo economico molto lungo. Il ciclo economico fluttua tra periodi di espansione e di contrazione e ciascuno di essi si distingue per certe caratteristiche. Il picco di un ciclo segna un momento di massimo output, accompagnato abitualmente da squilibri che richiedono una correzione. Dopo tale picco arriva quindi una contrazione, seguita da un minimo ciclo o recessione.

Storicamente, quando l’economia degli Stati Uniti si basava sull’attività manifatturiera, le recessioni avvenivano quanto le scorte aumentavano troppo. Negli ultimi 20 anni, con il passaggio degli Stati Uniti a un’economia basata maggiormente sui servizi, è cambiata anche la dinamica delle scorte. Non credo pertanto che si possa concludere che una recessione sia imminente solo perché l’espansione in atto è più prolungata di quanto non lo fosse mai stata in passato.

È vero che la fase espansionistica del ciclo economico attuale negli Stati Uniti è durata molto più a lungo del solito, essendo già trascorsi più di 10 anni dall’ultima recessione del 2009. Tuttavia, il record per l’espansione più lunga spetta all’Australia, dove attualmente dura da più di 20 anni.

Per quanto si possa vedere a questo punto, non appare probabile che una recessione possa arrivare l’anno prossimo o fra due anni e pertanto riteniamo che l’espansione statunitense possa continuare. Detto questo, riteniamo che sicuramente gli investitori dovrebbero farsi trovare preparati da un cambiamento del ciclo.

Posizionamento di un portafoglio azionario in vista della fase avanzata del ciclo

I mercati azionari tendono ad essere indicatori anticipatori di una recessione. Temendo una flessione nel ciclo, gli operatori di mercato iniziano a riesaminare le proprie attese e ciò si riflette nel calo dei prezzi delle azioni. Secondo la nostra analisi, l’intervallo di tempo medio tra l’inizio di un drawdown delle azioni e l’inizio di una recessione è di otto mesi.

Ciò non toglie che potrebbero esservi dei falsi segnali. Ovviamente, non tutti i cali del mercato azionario portano a una recessione; va anche ricordato che la recessione del 1980 non era stata preceduta da alcuna flessione di rilievo del mercato azionario.

I settori che possono brillare

Sotto molti aspetti, il nostro approccio alla gestione di fine ciclo è simile al nostro approccio abituale all’investimento. Ci manteniamo concentrati sulla costruzione di portafogli che riteniamo dovrebbero essere ben posizionati per beneficiare di temi di crescita o di innovazione pluriennali di lungo termine.

Assumiamo un’ottica di lungo termine e facciamo leva sulla nostra ricerca bottom-up per identificare imprese che hanno marchi o franchise dominanti con team manageriali di alta qualità, solidi rendimenti finanziari e un track record di resilienza. Nel contesto attuale, i nostri gestori di portafoglio generalmente evitano società con debiti elevati, mirando a quelle che ci sembrano offrire una generazione di cash flow robusti.

Al tempo stesso, è importante prendere atto del fatto che tradizionalmente settori diversi hanno reagito diversamente durante le recessioni. Beni di largo consumo, sanità, energia, materiali e servizi di pubblica utilità sono settori con una storia di risultati superiori a quelli del mercato in periodi di calo, data la relativa mancanza di elasticità di questi beni. Durante una recessione, ad esempio, i consumatori taglieranno le spese in aree quali l’intrattenimento o i viaggi aerei, ma difficilmente per cose quali il dentifricio o l’elettricità.

Diversificazione globale

Secondo la maggior parte degli analisti, gli Stati Uniti si trovano in una fase più avanzata del proprio ciclo economico rispetto ad altri paesi, pertanto siamo attenti a opportunità presenti in tutto il mondo per quanto riguarda la diversificazione dei nostri portafogli.

Nella fase avanzata del ciclo economico, i mercati europei tendono ad avere un buon andamento, essendo fortemente esposti all’inflazione e a settori sensibili ai tassi, quali le materie prime e i titoli finanziari, che tendono a sovraperformare in un contesto di aumento dei prezzi e dei tassi d’interesse.

Le società europee hanno realizzato in ampia misura utili inferiori ai peer statunitensi mentre sono negoziate con sconti sulle valutazioni storiche, offrendo possibilità di un miglioramento degli utili ed espansione dei multipli quando la situazione politica migliora.

I titoli value sono spesso diventati più interessanti in una recessione

Nei mercati globali attualmente la volatilità è a livelli quasi normali e la consideriamo un’opportunità. Chi investe nel valore cerca azioni con anomalie dei prezzi e quando la volatilità non è troppo elevata anche le anomalie dei prezzi scarseggiano. Tuttavia, quando gli investitori ritirano il loro denaro dal mercato, tendono a farlo alquanto indiscriminatamente. Tali vendite indiscriminate creano spesso anomalie dei prezzi delle azioni, in base ai loro fondamentali. Quando aumenta la volatilità, chi investe nel valore cerca opportunità per intervenire e approfittare di tali anomalie dei prezzi.

Ciò detto, siamo convinti che gli stili d’investimenti growth e value possano essere entrambi ben posizionati per gli scenari cautamente ottimisti da noi intravisti. Le prospettive di crescita per gli utili societari ci sembrano positive, così come quelle per la crescita economica globale nel 2019.

Il focus dovrebbe tornare a rivolgersi alla selezione dei titoli

Ritengo che negli ultimi anni molti investitori azionari si siano preoccupati a volte eccessivamente per cose sbagliate.

Tradizionalmente, nella ricerca delle società più adatte gli investitori guarderebbero gli utili. Tuttavia, gli ultimi dieci anni di politica monetaria accomodante delle banche centrali hanno orientato molti investitori più verso i fattori macroeconomici che verso quelli microeconomici. Riteniamo che questi investitori dovrebbero tornare a considerare le differenze tra i singoli titoli, invece di concentrarsi troppo sulle azioni delle banche centrali e in particolare della Federal Reserve degli Stati Uniti.

Non vediamo una recessione a breve termine, ma ciò non significa che secondo noi le azioni continueranno a salire indefinitamente. In un mercato rialzista sano ci devono essere volatilità e, occasionalmente, flessioni e correzioni. In ultima analisi, ci concentriamo su società con flussi di utili di buona qualità.

 

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