Guerre commerciali, le multinazionali sono sempre più “locali”

A cura di Jody Jonsson, Gestore di portafoglio azionario di Capital Group

Quali sarebbero i possibili impatti di una guerra commerciale globale sulle multinazionali di grandi dimensioni? In un momento storico in cui i dazi e altre restrizioni minacciano di annullare decenni di liberalizzazione commerciale, queste società sono davvero più a rischio di tutte le altre?

La risposta potrebbe sorprendere, ma per le multinazionali ben gestite l’impatto degli eventi politici non desta particolari preoccupazioni. Per dirla in parole povere, sono le aziende meglio posizionate per navigare in acque incerte a ideare soluzioni efficaci, incluso l’adottare un approccio multilocale all’attività d’impresa in grado di avvicinarle ai consumatori di tutto il mondo.

Il recente accordo di “fase 1” firmato il 15 gennaio da Washington e Pechino è un passo nella giusta direzione: la Cina si è impegnata ad acquistare più merci statunitensi, mentre gli Stati Uniti ridurranno i dazi su alcuni beni cinesi. Tuttavia, il cammino è ancora lungo prima che le due maggiori superpotenze economiche del mondo risolvano le questioni più spinose, come il furto di proprietà intellettuale e le massicce sovvenzioni per le imprese cinesi a controllo statale. Potrebbero volerci anni se non decenni per arrivare a un’intesa su questi punti. Nel frattempo, le società che operano in tutto il mondo si concentrano sulle loro principali attività: navigare in acque pericolose e trovare nuovi modi per avere successo a prescindere dagli ostacoli geopolitici.

Non è un caso se le multinazionali sono arrivate a dominare l’economia e i mercati finanziari globali. Nella maggior parte dei casi, sono guidate da manager intelligenti, tenaci e con esperienza, in grado di adattarsi a circostanze mutevoli. Hanno operato in qualsiasi tipo di contesto commerciale, dai più favorevoli ai più ostili. A nostro avviso, queste società temprate dall’esperienza hanno le maggiori probabilità di sopravvivere e persino di prosperare in condizioni avverse.

Per gli investitori è importante evitare di prestare troppa attenzione ai rumori di sottofondo intorno al commercio e al protezionismo. È facile perdersi nella retorica sull’acciaio, sulla soia o su qualsiasi merce si voglia prendere di mira. Ogni giorno saltano fuori dati contrastanti e perlopiù irrilevanti. Se i conflitti commerciali dovessero allontanare gli investitori dalle multinazionali, vorrebbe dire che un’eccessiva preoccupazione per i proclami retorici impedisce alle persone di investire con successo nel lungo termine.

Le società migliori riescono sempre a adattarsi. Realtà globali, solide e con dirigenti di elevata esperienza sono vincenti anche quando i governi sono intenti a spostare le pedine della scacchiera. In questo senso, l’approccio multilocale sta acquistando slancio: molte società globali stanno stabilendo presenze operative importanti nei mercati locali piuttosto che ritirarsi a causa delle barriere commerciali. È sempre più cruciale produrre nel luogo di vendita. Per poter avere successo, è infatti necessario muoversi velocemente e reagire in maniera efficace alla concorrenza locale.

Multinazionali “glocal”, da Nike a Mastercard

Nike, il colosso dell’abbigliamento sportivo, ha ottimizzato questo approccio attraverso iniziative di vendita “iper-locali”. Ad esempio, ha aperto un negozio di vendita al dettaglio a Los Angeles le cui scorte di calzature si basano sui dati relativi alle tendenze d’acquisto online nelle zone limitrofe. In Europa, Nike ha avviato un progetto di filiera produttiva “lampo” che consente di personalizzare colori e nuovi materiali in base alle preferenze dei singoli clienti in tutte le città in cui è presente.

Visa e Mastercard stanno adottando un approccio per molti versi simile nel mercato dell’elaborazione dei pagamenti elettronici, personalizzando le soluzioni non solo in base alle preferenze dei clienti locali ma anche alle norme finanziarie vigenti nei vari paesi del mondo. Entrambe le società stanno crescendo a buoni ritmi evolvendosi e adattandosi all’arrivo di concorrenti sempre nuovi nel settore del fintech.

Nel frattempo, la società svizzera Temenos sta espandendo velocemente la sua attività tipicamente locale che consiste nel fornire programmi di software alle banche. Molti dei suoi clienti utilizzano tecnologie obsolete e richiedono soluzioni ultra-locali per ottemperare ai regolamenti bancari statali e federali. Questa società è cresciuta rapidamente in Europa, pur rimanendo lontano dai riflettori, ed è nel bel mezzo di un ambizioso piano di espansione negli Stati Uniti.

Sotto molti aspetti, questo approccio multilocale è cruciale per le società presenti negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone che sono determinate a mantenere una posizione rilevante o a espandersi in mercati emergenti più dinamici. Molti di questi paesi (Cina, India, Brasile ecc.) stanno promuovendo i propri colossi multinazionali ma anche concorrenti di minori dimensioni concentrati su singoli paesi, lasciando indietro i protagonisti globali del passato.

Preoccupazioni commerciali a parte, alcune grandi multinazionali vengono sorpassate da concorrenti più piccoli che hanno un rapporto privilegiato con i mercati locali. A nostro avviso, si tratta di una minaccia ben più grave dell’instabilità politica. I consumatori dei mercati emergenti ricercano marchi di cui potersi fidare e aziende che conoscono la realtà locale. Pertanto, le multinazionali in grado di scomporsi, pensare localmente, muoversi agilmente e lanciare prodotti più velocemente dovrebbero avere maggiori chance di successo nel lungo termine.

In ultima istanza, crediamo che prevarrà il buon senso e che le dispute commerciali verranno risolte. Ma la sfida posta dall’intensa concorrenza locale continuerà ad essere di stimolo per l’economia globale, come è sempre stato.

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