Happy trading?

“Gli investitori si stanno appellando ai loro nervi d’acciaio precisamente da quando il tweet di Donald Trump ha fatto schizzare gli indici all’ingiù e poi all’insù in sessioni di trading che verranno ricordate per un pezzo. L’indice Vix, che è notoriamente conosciuto come l’indice della paura, è volato a 23,4 (lo scorso venerdì era fermo a 13) dal momento che le Borse mondiali sono scese ai minimi degli ultimi mesi. Mentre impone tariffe per 200 miliardi di dollari sulle merci cinesi, Trump annuncia che il Presidente Xi Jinping è pronto a fare nuove concessioni e a fornire una spinta decisiva alla firma dell’accordo tra le due superpotenze”. Così Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy e Arnaud Masset analista di Swissquote.

Per poi concludere “non ho idea di quello che potrebbe succedere”. Gli investitori sembrano cautamente ottimisti sul fatto che la situazione potrebbe sbloccarsi. Gli acquisti sembrano prevalere mentre sul mercato valutario le valute difensive stanno ritracciando a favore di quelle dei Paesi Emergenti. Sfortunatamente, in base ad un comunicato rilasciato venerdi, il governo cinese non avrà altra scelta se non quella di prendere contromisure necessarie. Trump potrebbe twittare nuovamente (e chissà se con un annuncio gioioso o irato), di conseguenza abbiamo suggerito a tutti di evitare di mantenere posizioni aperte nel weekend.

“Nel frattempo il petrolio WTI sta costruendo una nuova base sopra i 60 dollari al barile e possiamo anticipare che questo consolidamento proseguirà anche durante il periodo estivo – continuano Rosenstreich e Masset – Le nostre aspettative su un mercato petrolifero che dovrà fare i conti con la scarsità dell’offerta poggiano sia sull’aumento stagionale della domanda che sul basso livello di scorte. I robusti redditi delle famiglie americane anticipano già un’estate all’insegna della spesa, mentre sul lato dell’offerta le sanzioni Usa alla produzione iraniana hanno rallentato l’estrazione ai livelli del 2013, nel contempo i lavori di manutenzione già programmati nel Mare del Nord e nel Mar Caspio limiteranno immediatamente la capacità produttiva”.

Al momento, l’Arabia Saudita non ha aumentato la produzione e questa settimana i timori di un blocco nelle trattative tra cinesi e americani ha pesato marginalmente sui prezzi del barile. Al di là di considerazioni cicliche, rimaniamo costruttivi sul prezzo del petrolio soprattutto grazie a profondi cambiamenti strutturali:da quando gli Usa sono tornati ad imporre nuove sanzioni all’Iran, il prezzo del petrolio rimane legato a doppio filo al calo della produzione di Teheran e alle ragioni che spingono l’Arabia Saudita a incrementare la sua quota di mercato aumentando la produzione.

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