Hard Brexit? L’Europa potrebbe soffrire ben più del Regno Unito

A cura di Wings Partners Sim

Era nell’aria già da qualche tempo, ma cosa c’è di meglio che inaugurare la settimana più sguarnita dell’anno con una bella crisi di governo? La notizia rimbalza su tutti i media internazionali (anche perché praticamente in concomitanza all’atteso giudizio di Fitch sul rating italiano) e di riflesso rimette in luce la questione della Brexit, passata recentemente sotto tono in forza degli eventi occorsi sui mercati, dato che i rapporti del candidato premier di maggioranza (che potrebbe veramente avere i numeri per governare con il solo appoggio di Fratelli D’Italia, le cui opinioni europeiste sono abbastanza allineate) con Bruxelles sono notoriamente… ruvidi.

E allora, visto che potrebbe poi tornare utile anche per le nostre future esperienze, andiamo a dare uno sguardo alla Brexit, con un articolo che contrariamente alle opinioni più diffuse (grazie anche a una campagna mediatica di proporzioni epocali) cita 8 ragioni per cui l’Europa potrebbe soffrire di gran lunga di più del Regno Unito in caso di Hard Brexit.

1) Tasse! Primo passo del Regno Unito tagliare drasticamente le tasse sulle società per mitigare gli avversi effetti di un no-deal sul tessuto imprenditoriale inglese. Da rilevare come proprio l’Irlanda (attualmente il nodo insuperabile che ostacola il deal) sia stata ampiamente criticata dall’Unione Europea per la sua struttura di tassazione sulle società…

2) Valute! Il Pound scende, ma in un mondo in cui tutti i paesi si rincorrono per svalutare è veramente un fattore negativo? Non per esportatori e importatori, questo è certo.

3) Rapporti commerciali: nel caso si verificasse il no-deal entrerebbero in vigore le tariffe del WTO a meno che l’Europa non si offrisse di negoziare un accordo commerciale. Sotto l’egida del WTO l’Europa può muoversi in questa direzione e ha un lasso di tempo fino a 10 anni per perfezionare un accordo. Ci sarà accordo? Probabilmente no, il che colpirà pesantemente le nazioni esportatrici nette, e guardacaso la Germania (che non naviga propriamente in acque tranquille) ha un enorme trade surplus proprio con il Regno Unito.

4) Di sicuro il Regno Unito rimuoverà tutti i diritti di pesca colpendo pesantemente il settore della pesca europeo.

5) Il Regno Unito potrà siglare accordi commerciali bilaterali a suo piacimento, e visto come vanno le cose in questo periodo, non è proprio uno svantaggio.

6) Niente più regole! Me ne vogliamo veramente parlare delle regole, regolette e regolamenti europei? Che poi per noi italiani vengono applicate solo quando sono a nostro svantaggio (sapevate che il bollo auto è da anni ritenuto illegittimo in ambito europeo? Eh però se hai il forno a legna per la pizza…)

7) Contributi! Non è ben chiaro se l’Uk potrà smarcarsi senza pagare un consistente assegno divorzile all’Europa, ma di certo smetterà di finanziarla con i suoi consistenti contributi annui…finiti i tempi dei luculliani banchetti a Bruxelles, ma forse la sciatica di Juncker migliorerà.

8) E infine, se quanto sopra si dimostrasse corretto… quanto prima della prossima defezione?

Tornando a bomba sui mercati, proprio richiamando il punto 3 dell’ottalogo di cui sopra, le esportazioni tedesche a giugno fanno segnare una contrazione dell’8% su base annua, peggior risultato da un triennio a questa parte che se messo in coppia con la peggior e produzione industriale in un decennio non offre proprio un quadro incoraggiante per i Nibelunghi; qualche sommovimento ieri alla notizia poi smentita che la Germania potrebbe porre fine al suo tanto sbandierato pareggio di bilancio per finanziare politiche contro il cambiamento climatico…sarà la nuova frontiera? Aria di disperazione sul fronte occidentale.

“Stiamo vincendo malgrado la Fed non ne abbia azzeccata neanche una, pensate a cosa potremmo fare se iniziasse a fare la cosa giusta”; Trump non perde occasione per complimentarsi con Powell e la Fed per la loro strategia monetaria. Sul vincere tutto c’è da discutere, con ancora le vendite all’ingrosso Usa in calo dello 0,3% ai minimi dal 2016.

E infine un arduo confronto: Oro, campione dell’avversione al rischio in tempi di inquietudine, e Dr. Copper il rappresentante dello stato di salute dell’economia. Il grafico si commenta da se.

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