Hera passa il test dei conti, il titolo può recuperare (Norvegia permettendo)

Hera supera il test della trimestrale. Nei primi tre mesi dell’anno la multiutility emiliana (quasi 4,8 miliardi di capitalizzazione in borsa) ha registrato ricavi pari a 2.055,8 milioni di euro (+5,9% su base annua), con un Ebitda di 349,2 milioni (+5,6%) ed un Ebit di 211,7 milioni (+3,3%). L’utile netto è rimasto sostanzialmente stabile a 130,3 milioni di euro, nonostante investimenti in crescita a 118,6 milioni (+27,9% rispetto ai 92,7 milioni dei primi tre mesi del 2019), principalmente per interventi su impianti, reti e infrastrutture e per la sostituzione dei contatori. In lieve calo l’indebitamento finanziario netto, pari al 31 marzo 2020 a 3.229,1 milioni rispetto ai 3.274,2 milioni di fine dicembre 2019.

Se la reazione a caldo è stata quella di prendere profitto sul titolo, che ieri ha ceduto il 2,2%, azzerando il risultato dell’ultimo mese, oggi qualche ordine d’acquisto fa rimbalzare il titolo dell’1,2% dopo i primi scambi poco sopra i 3,25 euro per azione, un livello che resta del 25% abbondante al di sotto delle quotazioni di tre mesi fa (e a ieri in calo del 17,6% da inizio anno), prima dello scoppio della crisi legata all’emergenza Covid-19 che peraltro non sembra aver impattato sui conti della multiutility che il 6 luglio staccherà un dividendo di 10 centesimi per azione equivalente a un rendimento del 3% ai livelli correnti.

Da ricordare anche che nel corso dell’anno sarà consolidata la partnership con Ascopiave, finalizzata lo scorso dicembre, che ha portato alla creazione del principale operatore nel settore energia del Nord Est. L’operazione potrebbe ulteriormente rafforzare i ratio di Hera, che ha chiuso il 2019 con un Roe del 13,36% e un Roi dell’8,63%, il primo in crescita rispetto sia al 2018 sia alla media dei 3 esercizi precedenti, il secondo in calo rispetto ad entrambi i raffronti. Sul titolo i pareri sono prevalentemente positivi con un target price medio di 3,74 euro, anche se proprio uno degli ultimi giudizi, quello di Citigroup (del 20 marzo scorso) è stato negativo (“sell” con target price a 2,7 euro), anche se le quotazioni, già cadute dai 4,46 euro del 19 febbraio ad un minimo di 2,786 euro il 12 marzo e poi gradualmente risalite, non sembrano aver risentito del parere degli esperti americani.

Il quadro tecnico

Di fatto da due mesi Hera è entrata in una fase laterale che ha mantenuto il titolo tra i 3 e i 3,47 euro per azione, ma stamane il titolo sembra voler provare a riportarsi sopra sia la media mobile veloce a 7 sedute (che oscilla sui 3,21 euro) sia quella più lenta a 14 sedute (poco distante, a 3,26 euro circa). Se il tentativo avrà successo e se la media mobile veloce supererà nuovamente quella più lenta lo scenario potrebbe farsi positivo anche a brevissimo termine. Nel breve e medio periodo il titolo resta infatti già ora in un trend moderatamente rialzista, anche se occorrerà un recupero di forza e volumi di scambi. Dallo stocastico e dall’indicatore di forza relativa (Rsi), il primo al centro esatto della propria banda d’oscillazione il secondo nella parte alta della zona inferiore, non giungono segnali rilevanti a conferma dell’incertezza dello scenario attuale.

Operativamente in giornata i prezzi potrebbero registrare una certa volatilità trovandosi a metà strada tra i primi supporti statici, in area 3,14 euro per azione, e le prime resistenze, attorno ai 3,39 euro. Il test più significativo pare dunque quello rispetto alla media mobile a 14 sedute che se risuperata con buona forza potrebbe consentire uno slancio sino alle resistenze e la generazione di un primo segnale positivo. La sensazione comunque che la fase di accumulazione laterale possa proseguire ancora alcune sedute, prima che i prezzi provino, eventualmente, l’attacco a quota 3,45-3,50 euro che sinora ha sempre respinto ogni tentativo di prosecuzione del rimbalzo.

Da monitorare, infine, l’evolversi della strategia di Norges Bank: l’istituto gestisce il fondo sovrano norvegese e si trova a dover fronteggiare una maxi-richiesta di riscatto da parte dello Stato scandinavo alle prese con la necessità di finanziare un pacchetto di aiuti straordinari all’economia da 38 miliardi di euro. Al netto del previsto flusso di dividendi e pagamenti di interessi, Norges Bank (che ha già iniziato a cedere partecipazioni sul mercato per i primi 3,3 miliardi) dovrà proseguire con le vendite di primavera per circa altri 8 miliardi di euro. A fine 2019 il fondo possedeva l’1,31% di Hera e anche se non vi sono indicazioni circa la volontà di dismettere la partecipazione, il rischio che questa venga comunque ridotta se non azzerata non può essere escluso del tutto, con possibili ripercussioni sui tempi e sulla portata dell’eventuale recupero borsistico.

Hera in Borsa negli ultimi 12 mesi

A cura di Luca Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

 

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