High yield, un cavaliere bianco nella crisi dei dividendi

A cura di Fraser Lundie, Head of Credit per la divisione internazionale di Federated Hermes

I dividendi, obiettivo primario degli investitori alla ricerca di reddito, sono anch’essi in una fase lockdown. Il più grande shock della domanda che ricordiamo ha mandato in crisi un ingranaggio vitale della macchina del reddito, con le società impegnate a sostenere il capitale. Ma piuttosto che tornare a distribuire dividendi alla fine della crisi, da tempo crediamo sia utile un ripensamento sull’adeguatezza di queste politiche, con conseguenze sul loro ammontare e sulla loro prevedibilità futura.

Un cambiamento di mentalità

Gli investitori stanno diventando sempre più consapevoli delle strategie da seguire per allocare il proprio capitale, quindi il conseguente aumento per le dinamiche Esg e l’investimento sostenibile sta spingendo le società a ripensare i propri paradigmi di gestione e di investimento per ottenere risultati che vadano al di là di quelli esclusivamente finanziari. Inoltre, considerando la sovraperformance registrata durante questa fase dai fondi con un marcato focus Esg, la voce degli investitori sostenibili si sta facendo sempre più forte. Il processo decisionale del top management aziendale sarà oggetto di maggiore attenzione, in quanto saranno sempre più responsabili dei benefici a lungo termine per tutti gli stakeholder. Le decisioni relative all’allocazione del capitale, come dividendi o buyback al posto di investimenti capex, o di altri utilizzi che potrebbero avere un orizzonte temporale più a lungo termine e a valore aggiunto, saranno sempre più sotto i riflettori. E dato che una quota significativa dei dividendi europei proveniva da soli tre settori già alle prese con importanti questioni legate all’Esg – bancario, minerario ed energetico – questa tendenza potrebbe diventare ancora più marcata.

La prevedibilità è la chiave

Nella fase post-coronavirus, la prevedibilità sarà un elemento ancora più importante. Gli stakeholder chiederanno probabilmente maggiori cuscinetti di liquidità, una minore leva operativa e flussi di cassa più stabili. Tutto ciò si traduce in un minor spazio di crescita per il pagamento dei dividendi o per operazioni di buyback. Alle società o ai settori alle prese con salvataggi formali o con elevate partecipazioni statali sarà probabilmente vietata la distribuzione di azioni/dividendi, proprio come fu deciso per le banche dopo la crisi finanziaria.

E se da un lato i governi potrebbero esacerbare le sfide della distribuzione di utili, dall’altro si stanno attivamente assicurando che gli obbligazionisti, anche nel segmento high yield, siano tutelati. La Primary Market Corporate Credit Facility (Pmccf) e la Secondary Market Corporate Credit Facility (Smccf) della Federal Reserve forniranno stopgap dove necessario per garantire il rispetto delle passività e degli obblighi contrattuali, così come per quanto riguarda le cedole e i rimborsi del capitale, ma i dividendi, discrezionali per loro stessa natura, non rientrano assolutamente in questo ambito. In effetti, ciò è ancora più esplicito nel caso delle banche dell’Eurozona a cui la Bce ha prescritto il congelamento dei dividendi e dei buyback.

Il momento dell’high yield

Un’altra asset class che ha caratteristiche estremamente simili rientra tra i possibili beneficiari dell’assenza di generazione di capitale affidabile, liquida ed alto reddito, anche se si tratta di un’asset class in grado di evocare nella mente degli investitori una dose di rischio maggiore rispetto a quanto non sia in realtà oggi. E’ ormai giunto il momento di mettere tra parentesi la reputazione di una volta, perchè gli investitori strenuamente alla ricerca di rendimento sono adesso più disposti ad ascoltare e perchè l’asset class stessa supera oggi i vari test con un grado di qualità inimmaginabile dieci anni fa

In questo momento, l’high yield si trova al livello di rating più elevato di sempre e per questo possiamo ringraziare le agenzie di rating. La loro immediata reazione alla crisi rispetto a un downgrade generalizzato e ciclico ha agevolato il trend di miglioramento della qualità del credito e oggi, per la prima volta nella propria storia, l’asset class nel suo complesso si attesta su un rating BB- e la porzione di debito valutato CCC, vale a dire la fascia più bassa, è pari solo dell’8%, la metà rispetto a dieci anni fa.

Il florido sviluppo dei fallen angel ha spinto molti dei leader mondiali nei settori ciclici, auto, minerario, chimica e metalli, nell’universo high yield. Alto rendimento probabilmente, ma si possono forse definire “junk“? In effetti l’asset class non è più dominata dai leveraged buyout e la stragrande maggioranza delle società nell’universo high yield oggi ha una capitalizzazione di mercato pubblica e quindi un certo grado di riconoscimento. Gli investitori considerano i nomi come Ford, Levi’s o Kraft Heinz come junk, o invece come società mature con dinamiche simile a quelle che pagano i dividendi?

L’high yield presenta anche notevoli vantaggi in termini di diversificazione e ora è un’asset class realmente globale, con società che rappresentano 85 Paesi, molto lontana dal terreno dominato dagli Stati Uniti pochi anni fa. I titoli emessi sono ampiamente distribuiti su ogni settore, con gradi di seniority, valute e scadenze diverse. Confrontateli il Ftse 100, dove dieci società pagano i due terzi dei dividendi complessivi e due dei primi cinque sono BP e Shell. Con il petrolio che recentemente è crollato ai minimi storici, causando crescenti dubbi sulla futura distribuzione di dividendi, i benefici di un flusso di reddito diversificato sono oggi più interessanti che mai. Pur non rispecchiando la liquidità dei mercati azionari, l’high yield è oggi un’asset class che vale circa 2mila miliardi di dollari ed è ampiamente accessibile. La dimensione media di un’emissione è ora di 700 milioni di dollari, circa il 40% in più rispetto al 2010 e ce ne sono oltre 1.500 tra cui scegliere, consentendo ai gestori attivi ampie possibilità ed evitando loro le inevitabili insidie che derivano dall’investimento in debito con un rating speculativo.

Per gli investitori alla ricerca di reddito, l’high yield rappresenta oggi un’alternativa credibile al dividendo azionario, ridefinendo quello che potrebbe diventare il nuovo fulcro di una strategia di reddito sostenibile.

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