I luoghi comuni sui fondi passivi e i fondi attivi

A cura di Money Farm
Alcuni investitori vedono gli ETF e i fondi passivi con una certa diffidenza. La misconcezione sottostante è che l’investimento passivo vada bene per il pubblico degli investitori di massa ma che gli investitori sofisticati selezionino i fondi che sovraperformano. Per ottenere questi ultimi bisogna ovviamente pagare di più.
Ma come si selezionano, ex-ante, i fondi che sovraperformeranno in futuro? Qualsiasi valutazione che si fonda sulla performance passata contiene l’ipotesi che la performance persista nel tempo. Ma questa ipotesi è più che controversa.
L’ultimo studio condotto da S&P Dow Jones conferma i risultati evidenziati da molti altri (ad esempio, Vanguard e Morningstar). Vengono considerati i 682 fondi comuni d’investimento americani che investono sull’azionario domestico e che erano nel primo quartile in termini di performance a marzo 2013. Quanti erano ancora nel primo quartile un anno dopo? Se la performance fosse aleatoria, ci aspetteremmo che un quarto dei fondi continui ad essere nel primo quartile, il risultato empirico è 21,3%. Ripetendo lo stesso esercizio in data marzo 2015, l’aleatorietà della performance suggerirebbe come risposta 6,25% e lo studio empirico riporta il 5,28%. A questo punto magari converrebbe scegliere i fondi lanciando una monetina.
Una critica che viene spesso fatta a questo tipo di studi è che è distorta dai fondi che investono in azioni “large-cap”, infatti le aziende incluse nell’indice S&P500 sono seguite da innumerevoli analisti e quindi l’indice è difficile da “battere”. Il vero talento degli “stockpicker” si vedrebbe quindi maggiormente nel selezionare aziende di dimensioni minori, che sono meno seguite dagli analisti. Purtroppo, ripetendo l’esercizio condotto precedentemente, lo studio conferma i risultati, in questo caso i dati di persistenza nel primo quartile sono del 22,7% a un anno e del 4,67% a due anni. Estendendo lo studio su un periodo di cinque anni, nessun fondo specializzato sulle “small-cap” americane è riuscito a rimanere nel primo quartile per cinque anni consecutivi.
Uno potrebbe dire che un singolo anno è un orizzonte temporale troppo breve per misurare il talento di un manager. Lo studio ripete quindi l’esercizio su un arco temporale di cinque anni: che percentuale dei manager nel primo quartile in termini di performance nei cinque anni conclusisi a marzo 2010 lo erano anche nei 5 anni successivi? Un risultato aleatorio sarebbe il 25% mentre il risultato empirico è il 24,8%. Inoltre, quasi il 22% di quei fondi è finito nel quarto quartile.
Risultati simili sono stati evidenziati anche nel mondo delle obbligazioni dei governi sovrani, dove l’investimento passivo è meno intuitivo (si alloca un peso maggiore ai paesi maggiormente indebitati). Nondimeno, nella maggior parte del mondo obbligazionario, nessun manager ha realizzato una performance nel primo quartile per cinque anni consecutivi. Un po’ di persistenza è stata trovata solo nella categoria delle obbligazioni investment grade a breve scadenza.
Se i numeri non vi convincono, ragionateci da un punto di vista logico. Se fosse possibile selezionare i fondi che battono l’indice di mercato in modo consistente, perchè qualcuno affiderebbe mai i soldi agli altri manager? Come si può osservare, non siamo di certo in carenza di società di asset management o di fondi comuni d’investimento.

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