I mercati possono cambiare, ma i fondamentali restano gli stessi

“La recente diminuzione del rischio politico rappresenta un’inversione di tendenza degna di nota in un contesto di aumento quasi permanente. È molto probabile che la speranza di un prossimo accordo tra Stati Uniti e Cina così come la diminuzione del rischio di ‘hard Brexit’ riflettano innanzitutto la volontà dei diversi partiti di allontanare lo scenario peggiore nei confronti di un deterioramento economico generalizzato, il che in sé meriterebbe di essere accolto con favore da mercati inquieti. Ma nulla permette però di prevedere una riduzione sostanziale dell’incertezza su questi fronti”. Lo sottolinea Benjamin Melman, Global Cio di Edmond de Rothschild Asset Management, secondo il quale “le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono tali che se la fase 1 (la più facile) è manifestamente vicina, il passaggio alla fase 2 e soprattutto alla 3 necessiterebbe un netto cambiamento di clima politico, impossibile da prevedere attualmente. Per ora possiamo solo sottolineare l’incidenza del consenso politico statunitense sulla volontà di applicare sanzioni fino a quando la Cina non avrà adottato pratiche commerciali normali”.

Per quanto riguarda il Regno Unito, supponendo che la “hard Brexit” venga effettivamente evitata, bisognerà ricominciare un periodo di negoziati che durerà molto probabilmente più di quanto prevede il periodo di transizione (scadenza fine 2020), dato che la conclusione di un trattato commerciale necessita di diversi anni e la volontà politica della prossima amministrazione britannica non è ancora nota. In entrambi i casi, secondo l’esperto, l’incertezza politica resterà abbastanza elevata da pesare in modo durevole sugli investimenti delle aziende.

Margini aziendali sotto pressione

“Per finire – aggiunge Melman – i segnali di stabilizzazione del settore manifatturiero nel corso del mese non delineano una tendenza specifica, tanto più che i servizi, fino ad ora piuttosto resilienti, sembrano un po’ più esposti al marasma del settore industriale. Il nostro scenario che prevede il proseguimento del rallentamento a livello mondiale resta invariato. Indipendentemente dall’imponderabilità delle decisioni politiche, ricordiamo che i margini aziendali sono sotto pressione su entrambe le sponde dell’Atlantico a causa delle tensioni salariali, il che conferisce sicuramente visibilità sui consumi ma ipoteca i progetti di investimento e di creazione di posti di lavoro, al punto da radicare il ciclo nella fase discendente. I movimenti di mercato di ottobre riflettono maggiormente, secondo noi, un riposizionamento degli investitori fino ad ora pesantemente esposti ai settori difensivi e alla duration invece di preludere a un cambiamento di scenario. In questo contesto, confermiamo un’allocazione degli attivi piuttosto prudente”.

Conclude l’esperto: “Sui mercati azionari, abbiamo aumentato la ponderazione delle società europee. Dopo il rischio italiano infatti, osserviamo una riduzione anche del rischio politico britannico. Poiché il rischio politico era stato un fattore che giustificava la sottoesposizione degli investitori internazionali alle azioni europee dalle valutazioni troppo elevate, si potrebbe assistere a una ripresa”.

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