I tre problemi chiave per le attività rischiose

A cura di Teis Knuthsen, Cio, Saxo Private Bank
I mercati globali hanno mostrato un andamento chiaro nel corso del mese passato. Azioni e obbligazioni ad alto rendimento hanno guadagnato valore (i titoli azionari globali hanno segnato +4,2% in euro), come dollaro e prezzi petroliferi. Al contrario, le azioni dei mercati emergenti e le valute hanno perso un po’ della forza precedente, come anche l’oro. Il denominatore comune è la crescente probabilità di un inasprimento della politica monetaria americana che, ancora una volta, è stata guidata da un miglioramento delle prospettive economiche.
Due su tre non è male. Ritengo che siano tre i problemi chiave per le attività rischiose. In breve, i mercati sono stati colpiti dalla combinazione di un rallentamento della crescita, di un calo dei profitti e di un calo della fiducia nelle banche centrali.
La diminuzione dell’attività economica nel 2016 riflette principalmente una flessione tradizionale nel settore industriale, alimentata in questa occasione dal crollo dei prezzi del petrolio. Nel dibattito attuale, è centrale la domanda se ci troviamo o meno in una fase di “stagnazione secolare”. Eppure, è fondamentale anche la questione del livello di crescita (mentre i mercati finanziari in genere rispondono ai cambiamenti nella crescita). Pertanto, vale la pena tenere d’occhio i prezzi dell’energia, oltre agli indicatori di settore. Molti di questi suggeriscono che l’attuale “macro-momentum” è positivo, e che lo shock che ha colpito i mercati mondiali nel primo trimestre è ora in declino.
Mentre il rallentamento dell’attività industriale è indubbio, è allo stesso tempo importante notare che i mercati del lavoro nella maggior parte delle economie occidentali hanno continuato a migliorare.
La Federal Reserve è (di nuovo) positiva riguardo all’economia degli Stati Uniti e ha chiaramente segnalato che un aumento dei tassi è ormai imminente. Questa volta, l’aumento delle probabilità di un rialzo è stato seguito dal crollo dei premi per il rischio e dalla ripresa dei mercati azionari. In tutta la loro semplicità, i mercati sembrano condividere l’ottimismo della Fed.
I profitti americani in crescita.  La terza sfida di quest’anno è il netto calo degli utili societari. Tuttavia, vi è ragione di credere che i prossimi trimestri vedranno i profitti societari riprendersi ancora una volta. Per l’S&P500, i guadagni settimanali sono stimati in costante aumento da marzo; il meglio che si possa dire dell’Europa è che le stime hanno smesso di calare.
Nel complesso, ritengo che la direzione del mercato sarà indicata da un miglioramento delle aspettative di crescita, così come dalla capacità della Federal Reserve di controllare il mercato intorno ad un probabile rialzo estivo dei tassi. Entro la fine dell’anno, potrebbe prendere il sopravvento un trend più positivo dei profitti societari.
Brexit – la verità? Nel breve termine l’attenzione dei mercati è tutta rivolta al voto Brexit del 23 giugno, almeno in Europa. Anche se i bookmakers sono fiduciosi sull’esito del voto, non si può dare per scontato che il Regno Unito rimanga all’interno dell’Unione. Personalmente, non ricordo di aver mai assistito a una tale massiccia campagna di paura come quella di quest’anno. I politici e le istituzioni di tutto il mondo sembrano sostenere che sia in gioco la pace mondiale, facendo di tutto per minacciare il Regno Unito in caso di un’uscita. La Bank of England sembra aver preso l’iniziativa in tal senso, in parte con avvertimenti e in parte esprimendosi senza mezzi termini riguardo alla sofferenza della crescita del Regno Unito, ancor prima del voto.
Probabilmente tutto questo è sbagliato. Nel migliore dei casi è soltanto terribilmente esagerato. Il fattore più problematico, credo, è dato dal fatto che i leader dell’Unione Europea stanno parlando di “difficoltà” riguardo ai prossimi negoziati commerciali. Sì, ma la Germania ha un surplus commerciale sostanziale nei confronti del Regno Unito. Qualcuno pensa davvero che i politici vogliano metterlo in pericolo? In tal caso la perdita di benessere sarebbe condivisa con la Germania.
Inoltre, quando i leader europei parlano di punire il Regno Unito in caso di uscita non stanno certo curando gli interessi dei propri cittadini, per quanto stiano cercando di risparmiare energia. Si può poi aggiungere che si tratta esattamente dello stesso meccanismo che sembra rendere impossibile per i leader europei realizzare che la Grecia sia effettivamente insolvente. Invece, viene preferita una soluzione economicamente irrazionale – che si traduce in una perdita di ricchezza complessiva per l’UE.
Se il Regno Unito optasse per la Brexit, il paese avrebbe comunque due anni per negoziare i termini dell’uscita dal momento in cui sceglie di presentare la domanda. Non si tratterebbe, quindi, di un collasso improvviso. Da quel momento, ovviamente, molto dipenderebbe da quale percorso verrà intrapreso dal Regno Unito: libero scambio globale o campanilismo lillipuziano. Dal punto di vista finanziario, tuttavia, la Brexit è un evento rischioso e tutti, dai trader giornalieri agli hedge fund, cominceranno a vendere in caso di un “no”. Questo sarà inizialmente causa di un calo della sterlina e dei titoli azionari britannici. Successivamente, poiché sempre più persone accetteranno che i problemi maggiori potrebbero pesare sull’Europa più che sull’Inghilterra, allora saranno anche le azioni europee a cadere.
Al contrario, le obbligazioni britanniche dovrebbero salire, soprattutto in previsione di politiche di easing. Un forte calo dei titoli azionari britannici e della sterlina dovrebbe essere visto come un’opportunità di acquisto.
Le conclusioni. Consiglio di acquistare azionario e ridurre l’esposizione obbligazionaria, in parte sull’aspettativa di un miglioramento dell’economia globale, dove il ridursi della crisi energetica dovrebbe chiarire che la crescita di fondo è robusta, seppur contenuta. Il passaggio a una fase positiva del ciclo economico è sempre stata premiata con l’aumento dei prezzi azionari e non vedo alcuna ragione perché questa volta dovrebbe andare diversamente. Allo stesso tempo, i rendimenti attesi sulle obbligazioni sono bassi e in alcuni scenari addirittura negativi. Non ci si può tranquillamente aspettare che i Titoli di Stato svolgano il loro tradizionale ruolo di rifugio sicuro in tempi di mercati turbolenti. In alternativa, consiglio un piccolo acquisto di oro.
In seguito alla scelta della Banca Centrale Europea di acquistare obbligazioni societarie investment grade, sembra che questa classe di asset non stia offrendo rendimenti interessanti. Al contrario, le obbligazioni ad alto rendimento possono ancora giocare un ruolo nei portafogli bilanciati, insieme ai Titoli di Stato dei mercati emergenti.
Come esposizione azionaria, invece, mi sono spostato dai mercati emergenti verso una posizione più neutrale, ma con un’attenzione verso il segmento low-beta (“min vol”).

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