Il buono, il brutto, il cattivo…e il preparato ai rischi sul mercato

a cura di Neuberger Bergman

Le persone si dividono in due categorie: quelle che sono preparate per affrontare rischi elevati e quelle che non lo sono.

La settimana scorsa eravamo a Londra per approfondire le nostre prospettive per il 2018 in occasione della nostra più importante conferenza per la regione EMEA, “Solving for 2018”. Il tema trattato era: “Il buono, il brutto, il cattivo”. La crescita globale sincronizzata e lo slancio dei mercati sono gli aspetti “buoni” del contesto attuale. L’aspetto “cattivo” è invece rappresentato dalla fine di un periodo pluriennale di stimoli da parte delle banche centrali. E l’aspetto “brutto” è per noi l’evidente compiacenza dei mercati.

Quali tra questi tre personaggi avrà più probabilità di emergere come protagonista nel 2018? E come possono farsi trovare pronti gli investitori?

Il buono

Nel 2018 è probabile che l’economia rallenti, ma ci aspettiamo che gli utili societari continueranno comunque a crescere. Le società statunitensi operano in un contesto normativo e fiscale più favorevole che dovrebbe incentivare gli investimenti. In Europa, Giappone e mondo emergente, un’ulteriore aumento degli utili può venire dall’accelerazione della crescita e degli scambi commerciali.

Un sondaggio da noi condotto tra i partecipanti alla conferenza ha rivelato che più di due terzi si aspettavano un’espansione dell’economia anche nel 2019 o 2020. Un numero analogo di intervistati ha dichiarato che l’azionario potrebbe essere l’asset class migliore nel 2018, mentre il rimanente ha preferito le materie prime

Iniziamo il 2018 con un quadro particolarmente positivo per l’azionario. Il nostro Asset Allocation Committee (AAC) predilige gli investimenti alternativi al reddito fisso e valuta favorevolmente le obbligazioni indicizzate all’inflazione e le materie prime, attendendosi un aumento dei prezzi. Si tratta di una posizione in linea con le opinioni espresse dagli intervistati.

Il cattivo

I partecipanti alla conferenza hanno votato inequivocabilmente il rialzo dei tassi o dell’inflazione come rischio principale per il 2018.

Nel 2017 l’inflazione ha latitato, ma gli Anni Sessanta del secolo scorso hanno dimostrato che la disoccupazione può calare per diversi anni senza produrre alcun effetto sull’inflazione, fino al momento in cui una determinata soglia viene superata. Ci aspettiamo che ciò possa accadere nel 2018, ma riteniamo anche che l’aumento dell’inflazione sarà graduale. Le obbligazioni indicizzate all’inflazione ci paiono uno strumento ragionevolmente conveniente per coprire un simile rischio. Viceversa, siamo dell’avviso che attualmente gli investitori non siano adeguatamente compensati per il rischio legato alle obbligazioni investment grade.

Il brutto

Il sostegno fornito dalle banche centrali ha indotto i mercati alla compiacenza. La volatilità è ai minimi storici. I rendimenti rimangono bassi e gli spread ridotti, nonostante l’aumento dell’indebitamento. Le valutazioni non sono stratosferiche, ma riteniamo che non presentino margini d’aumento.

L’ultimo ribasso del 5% dell’indice S&P 500 è stato registrato 400 giorni fa e sono in molti a ritenere che sia giunto il momento di una correzione. L’elemento catalizzatore potrebbe essere l’esito delle tornate elettorali in Italia e in Messico o quello delle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, l’incertezza che aleggia sui negoziati per il NAFTA, uno shock provocato dalla correzione delle politiche monetarie da parte delle banche centrali oppure un forte rallentamento della crescita (più probabile in Cina).

Vero è che negli ultimi anni i mercati hanno superato una serie di shock, ma l’esperienza insegna anche che dopo avere ignorato simili fattori quegli stessi mercati li prendono in considerazione non appena riemergono.

Il preparato

Come possono prepararsi gli investitori? A Londra abbiamo discusso delle prospettive a 12 mesi del nostro AAC e abbiamo dibattuto il nostro punto di vista, secondo cui l’attuale slancio economico e di mercato potrebbe proseguire almeno per tutta la prima metà del 2018. Se gli eventi del primo semestre confermeranno le aspettative, potrebbero rappresentare un buon momento per iniziare a posizionarsi in vista di un aumento dell’inflazione e adottare un profilo maggiormente difensivo.

L’assunzione di un posizionamento difensivo non implica necessariamente tagli drastici alle posizioni in titoli azionari e di credito. Al contrario, può significare una riduzione della sensibilità al mercato azionario (magari utilizzando metodi alternativi, ad esempio strategie a bassa volatilità e putwrite), un miglioramento della qualità del credito (valutando, ad esempio, se detenere titoli di debito dei mercati emergenti in luogo dei titoli high yield statunitense) oppure cercando di sfruttare le opportunità offerte da strategie meno liquide. Soprattutto, però, riteniamo che occorre riconoscere che il 2018 difficilmente sarà una replica del 2017.

Come avrebbe detto Clint Eastwood, in questo mondo le persone si dividono in due categorie: quelle che sono preparate per affrontare rischi elevati e quelle che non lo sono.

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