Il cataclisma Ism Usa e le conseguenze per i mercati finanziari

La pubblicazione dell’indice ISM del settore servizi è stata largamente al di sotto delle aspettative, con il dato relativo al mese di settembre sceso a 52,6, rispetto al 56,4 di agosto e al 55 previsto da Wall Street. La componente nuovi ordini è stata tra le più penalizzate, con un ridimensionamento a 55,2 rispetto al 61,5 del mese precedente, mettendo in dubbio non solo lo stato attuale dell’economia, ma anche l’andamento dei prossimi mesi.

Ancor più preoccupante il fatto che tali indicazioni sono arrivate dopo un altrettanto deludente ISM relativo al settore manifatturiero (in calo a settembre a 47,8 da 49,1), accompagnato ad un rapporto sul mercato del lavoro in peggioramento.

In questo scenario gli investitori sono tornati a rifugiarsi sul comparto del reddito fisso, temendo l’avvento di una recesione per l’economia statunitense nel prossimo futuro. Per scongiurare questo evento gli economisti prevedono che ci saranno due ritocchi al ribasso del costo del denaro da parte della Fed prima di fine anno, un’eventualità che andrebbe a vantaggio dei Treasuries statunitensi e, nel contempo, andrebbe a penalizzare le quotazioni del dollaro.

In anticipazione di tale manovra di politica monetaria il biglietto verde ha stornato, tornando a ridosso di quota 1,10 rispetto alla moneta unica, nonostante l’Europa continui ad essere condizionata da un risultato incerto per quanto riguarda la Brexit. Il rendimento del biennale statunitense, intanto, è sceso di 11 punti base all’1,37%, mentre il rendimento del decennale si attesta attualmente all’1,52%.

Gli economisti vedono attualmente le probabilità di recessione il prossimo anno al 50%, una percentuale destinata ad essere rivisitata al rialzo in caso le negoziazioni tra Stati Uniti e Cina di questa settimana non portino a risultati concreti, facendo scattare un nuovo round di dazi incrociati.

La buona notizia è il ridimensionamento delle aspettative di inflazione, con le attese di medio-lungo termine fissate all’1,48% (minimo dal 2016), il che consente alla Banca Centrale di valutare interventi espansivi mirati di sostegno all’economia, senza preoccuparsi nell’immediato del rischio di una crescita dei prezzi superiore all’obiettivo del 2 per cento.

A cura di Wings Partners Sim

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