Il Covid-19 conquista il centro della scena nelle classifiche ESG nazionali

A cura di Max Schieler, Senior SI Country Analyst di RobecoSAM

L’edizione di luglio della classifica semestrale Country ESG Rankings copre un periodo senza precedenti, in cui la pandemia ha colpito milioni di persone in tutto il mondo. Tale classifica traccia le caratteristiche ambientali, sociali e di governance (ESG) di 150 nazioni, il che ne fa il sondaggio sulla sostenibilità più completo nel suo genere. I Paesi nordici dominano ancora una volta la vetta della classifica, grazie agli elevati livelli di sostenibilità, con la Svezia che si riprende il primo posto sfilandolo alla Norvegia, seguite da Finlandia, Danimarca e Islanda. Non sorprende forse che i cinque Paesi in fondo alla classifica siano lo Yemen,la Repubblica Centrafricana, il Ciad, il Sudan e Gibuti, tutte nazioni alle prese con conflitti interni.

I Paesi in cima e in fondo alla classifica biennale ESG nazionale. Fonte: RobecoSAM

Come gestire una crisi

Lo scoppio e la diffusione della pandemia da coronavirus dimostrano quanto rapidamente un rischio a livello locale possa trasformarsi in una crisi globale con gravi conseguenze umanitarie, economiche, finanziarie e politiche. Il Covid-19 ci ricorda inoltre che, in un mondo strettamente interconnesso come quello di oggi, un’analisi obiettiva dei fattori ESG è fondamentale per una valutazione completa delle vulnerabilità e dei fattori di resilienza di un Paese. Le nazioni con punteggi ESG elevati sono riuscite a contenere il virus in modo più efficace, mentre punteggi ESG inferiori sono risultati associati a numeri di infezione più elevati e a misure di contenimento del virus meno efficaci.

Vincitori e perdenti

Tra i Paesi con un punteggio ESG di 8/10 o superiore, undici sono europei; la Nuova Zelanda è il Paese più alto in classifica al di fuori dell’Europa. Spicca l’assenza da questo elenco degli Stati Uniti, il cui punteggio di sostenibilità è stato costantemente eroso sotto la presidenza Trump. Manca all’appello anche il Giappone. Singapore ha mantenuto la sua posizione di leader dei mercati emergenti, con la posizione n. 16 in classifica. Le due sorprese principali, in senso positivo, sono state l’Argentina e l’Arabia Saudita. Secondo il rapporto, l’Argentina ha compiuto enormi passi avanti nell’adozione delle energie rinnovabili, ed è riuscita a sradicare la corruzione a seguito di ampie riforme. L’Arabia Saudita ha ottenuto un punteggio più elevato grazie ai miglioramenti compiuti in materia di diritti delle donne, al punto che quest’anno la Banca mondiale l’ha definita il principale riformatore mondiale nell’ambito della parità di genere.

Tutti e 22 i Paesi in fondo alla classifica, con un punteggio ESG di 4/10 o inferiore, rappresentano mercati emergenti dell’emisfero meridionale, con le nazioni africane che occupano saldamente gli ultimi posti del ranking. Le due principali potenze economiche del continente, il Sudafrica e la Nigeria, si classificano rispettivamente all’89° e al 135° posto. La Cina rimane ancora relativamente in bassa posizione, con il suo 91° posto, mentre l’India è 108°. Il Paese che è calato più di tutti in classifica è stato il Brasile, a causa dei continui incendi appiccati alla foresta pluviale amazzonica sotto l’amministrazione del presidente Bolsonaro, che da sempre nega gli effetti del cambiamento climatico. Inoltre, a causa della risposta sbagliata del governo al Covid-19, il Brasile è diventato un focolaio virale, e i conseguenti danni sanitari ed economici saranno molto più elevati del necessario.

Spirale discendente per gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti rimangono bloccati in una spirale al ribasso, con punteggi in continua diminuzione per tutti e tre i fattori ESG – e ciò prima che i recenti disordini civili fossero inclusi nei dati. Oltre ad avere il più elevato tasso di infezioni e decessi da coronavirus a livello mondiale, il Paese ha anche registrato un forte declino delle condizioni sociali e l’inversione di tendenza di quella che era una normativa ambientale molto progressista, afferma il rapporto. Nonostante ottimi punteggi nei fattori relativi a governance e profilo, gli Stati Uniti hanno sottoperformato in termini di gestione della crisi da Covid-19. Questo risultato non sorprende, alla luce delle numerose dichiarazioni del presidente Trump. A differenza di altri Paesi, l’amministrazione Trump ha a lungo minimizzato gli effetti del virus e quindi non è riuscita ad agire tempestivamente. Inoltre, ha ostacolato gli sforzi per contenere la crisi, prima negando e minimizzando le evidenze scientifiche, e poi non ascoltando gli avvertimenti tempestivi di dirigenti sanitari e altri esperti.

Le democrazie hanno fatto meglio

Nel complesso, le democrazie si sono meglio comportate nella lotta al coronavirus rispetto ai regimi autoritari. La dura risposta della Cina alla pandemia, e il successo nel contenere la diffusione del virus, hanno diffuso l’idea che i regimi autoritari godessero di un vantaggio nell’affrontare la crisi. La risposta dei Paesi democratici è stata variegata: in alcuni casi rapida, onnicomprensiva ed esplicita e in altri sbrigativa, tardiva e mal organizzata. Tuttavia, non ci sono prove che un regime politico autoritario sarebbe stato più adatto a gestire questa pandemia; in realtà, i dati dimostrano proprio il contrario. Tra i Paesi che hanno meglio gestito la crisi, la maggior parte sono democrazie. La riluttanza di molti governi a rispondere rapidamente è un riflesso del rispetto per la libertà di scelta dei cittadini e per le decisioni assunte a livello regionale piuttosto che un segnale di ignoranza o inettitudine di fronte alla crisi.

La correlazione tra punteggi ESG e risposta al Covid-19 a livello di paese: a parte gli Stati Uniti, le democrazie si sono comportate meglio. Fonte: RobecoSAM

Non si tratta solo di sanità

È importante anche non concentrarsi esclusivamente sulle strutture sanitarie di un Paese. In genere, le nazioni con una dimensione sociale più robusta, e un impegno più forte a favore della governance, si sono comportate meglio rispetto a quelle guidate da leader populisti, come evidenziano i dati. In un caso come questo, concentrarsi solo sul sistema sanitario si rivela insufficiente nel valutare la resilienza e la capacità di un Paese di affrontare una crisi di tale velocità e portata. I Paesi con i livelli maggiori di spesa sanitaria sono stati tra quelli più duramente colpiti. Una buona governance, inoltre, non solo influenza standard di vita elevati, ma gioca un ruolo importante nella capacità di un Paese di proteggere la salute pubblica, attutire le ricadute economiche e mitigare i disordini socio-politici. Nel complesso, il coronavirus ci ricorda con forza perché le lettere E, S e G sono ugualmente importanti quando si valutano i rischi e le opportunità di investimento di un Paese.

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