Il destino degli Emergenti rimane legato alle politiche monetarie

A cura di Jonathan Mann, Managing Director, Head of Emerging Market Debt di BMO Global Asset Management
La crescita e le esportazioni dei mercati emergenti dovrebbero continuare a beneficiare dello sviluppo lento ma stabile dei mercati sviluppati e da un’espansione dei volumi del commercio globale, anche se si prevede un rallentamento dell’economia statunitense ad un ritmo più sostenibile con l’affermarsi della stretta monetaria. La modesta crescita monetaria e creditizia in molti paesi emergenti significa che le pressioni inflazionistiche, derivanti dalle recenti svalutazioni valutarie, dovrebbero essere temporanee e la maggior parte delle banche centrali possono permettersi di lasciare le fluttuazioni valutarie come meccanismo di aggiustamento. Fanno eccezione l’Argentina e la Turchia, dove i residenti hanno perso fiducia e stanno trasformando in dollari i loro portafogli.
In Turchia, dopo il disastroso mese di agosto durante il quale la lira è crollata del 24,8%, gli investitori erano in attesa di una risposta di politica monetaria da parte delle autorità. La Banca Centrale ha portato i tassi al 24%, una scelta vista dal mercato come uno “stimolo per la credibilità”, ma che il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha etichettato come “uno strumento di sfruttamento”. Il ‘super ministro’ per il Tesoro e per la finanza – fresco di nomina – Berat Albayrak, il genero del presidente Erdogan, ha presentato il programma economico di medio termine per il paese. Il mercato ha interpretato le sue previsioni di crescita (2,3% per il 2019), l’aggiustamento del deficit delle partite correnti (al 3,3% del PIL) e le previsioni per l’inflazione (20,8% per quest’anno e 15,9% nel 2019) come un gradito tocco di realismo. Alcuni osservatori credono che data la severa stretta creditizia, che vede la crescita del credito in termini reali ancora profondamente in territorio negativo, la crescita potrebbe sorprendere ancora verso il basso, rispetto alle previsioni ufficiali del 2019. La Turchia rimane vulnerabile agli afflussi di capitale.
Le obbligazioni argentine hanno registrato un forte rimbalzo supportate dalle aspettative di un rafforzamento del programma da parte dell’FMI. Questa previsione si è poi verificata, con un aumento del prestito pari a 7 miliardi, per un totale di 57 miliardi. Due importanti cambiamenti rispetto all’accordo originale, inoltre, hanno rassicurato in modo specifico il mercato. In primis, come richiesto dall’Argentina, il FMI concentrerà i pagamenti nella prima fase, eliminando ogni dubbio sull’abilità del Paese di autofinanziarsi fino alla fine del 2019.
In secondo luogo, una nuova e stringente struttura di politica monetaria, basata sugli aggregati monetari, ha l’obiettivo di contenere l‘incessante inflazione. Questo si aggiunge a una politica fiscale già di per sé molto restrittiva. L’austerità metterà alla prova la volontà dell’Argentina di continuare il suo percorso verso una normalizzazione economica e in questo senso, la tempistica e la forza della ripresa saranno fondamentali per determinare i vincitori delle elezioni presidenziali di ottobre 2019.
In Cina, la manovra ‘regolamentare ‘ restrittiva è stata compensata da una tradizionale politica monetaria accomodante. Sono anche ripartiti gli investimenti in infrastrutture, il che dovrebbe essere di supporto ai prezzi dei metalli industriali come il rame e l’alluminio. Le sanzioni contro l‘Iran dovrebbero sostenere il prezzo del greggio, e sembrerebbe che l’“OPEC+” non sia pienamente in grado di colmare il conseguente calo nell’offerta, anche questo un fattore positivo per i prezzi dell’energia.
La guerra commerciale con la Cina molto probabilmente continuerà, e potrebbe anche intensificarsi nel corso del tempo. Tale prospettiva sembra essere stata internalizzata dai partecipanti del mercato, che osservano da vicino le evidenze di un impatto sulla crescita e/o sull’inflazione, Ciò nonostante, come mostrano i recenti accordi con il Messico, risultati positivi sono ancora possibili.
Il bilancio della Fed si sta ridimensionando, e il programma di QE della Banca Centrale Europea cesserà entro la fine dell’anno. Di conseguenza, le pressioni per i Paesi più dipendenti dai flussi di capitale globali per finanziare i deficit commericali e deficit fiscali sono in aumento. Tuttavia, in generale, i principali tassi reali rimangono bassi, supportando così la ricerca di rendimento, e aiutando il debito dei mercati emergenti da una prospettiva più tecnica.
Qualsiasi altra ripresa della volatilità dei mercati globali e/o un rallentamento statunitense potrebbe portare a un posizionamento più accomodante della Fed che supporterebbe gli asset dei mercati emergenti. L’emissione sovrana dei mercati emergenti ha già raggiunto 121 miliardi di dollari da inizio anno, superiore alla media quinquennale di 110 miliardi di dollari, quindi la maggior parte dei bisogni di finanziamento dei paesi sono già stati soddisfatti.
Dopo l’ondata dell’anno scorso, gli afflussi nei fondi obbligazionari emergenti sono in fase di stallo, ma riteniamo che gli investitori rimangano strutturalmente sottoallocati. Dopo il recente allargamento dello spread nel segmento ad alto rendimento, lo spread dell’indice EMBI Diversified di 340 punti base è ampio rispetto alla media post-Lehman, per cui le valutazioni sono abbastanza interessanti.
Non mancano i rischi all’orizzonte. Valori inaspettatamente alti relativi all’inflazione o alle dinamiche dei salari negli Stati Uniti potrebbero portare ad aumenti dei tassi da parte della Fed superiori alle aspettative di mercato, prosciugando ulteriormente la liquidità e spingendo verso l’alto il dollaro USA. La gestione “occhio per occhio” che sta caratterizzando i contrasti in ambito commerciale tra Stati Uniti e Cina/UE potrebbe portare ad un peggioramento delle tensioni, colpendo la fiducia e la spesa per investimenti in una o entrambe le economie. Anche se non è la nostra ipotesi di base, segnali di ulteriore debolezza dell’economia cinese e del Renminbi potrebbe colpire i prezzi globali delle materie prime e avere un effetto domino in Asia e America Latina.

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