Il Dow Jones festeggia i nuovi massimi storici, ma le incertezze rimangono

A cura di Vincenzo Longo, market strategist di IG

Prosegue il risk on sui mercati statunitensi (fatta eccezione per il Nasdaq -2%) entrati ormai nell’era Trump. Il Dow Jones ha brindato oggi con i nuovi massimi storici a 18.770 punti. Nonostante tutto, sono ancora molti coloro che cercano di interpretare il brusco movimento a cui abbiamo assistito ieri. Ieri, man mano che la vittoria Trump si concretizzava Stato dopo Stato, le borse asiatiche e i futures sugli indici Usa hanno iniziato a peggiorare, con quest’ultimi sospesi dopo aver segnato cali del 5%. La tendenza è iniziata a invertirsi qualche minuto prima dell’apertura delle borse europee, in concomitanza con il primo discorso del vincente Trump.

A stupire gli investitori sono state le parole insolitamente pacate e i toni moderati utilizzati dal neo presidente, che sembrano aver convinto gli operatori. In questo modo, il tycoon newyorchese potrebbe aver smussato anche gli spigoli più pronunciati del suo temperamento che  potrebbero lasciar pensare a un applicazione moderata del suo programma elettorale.

È bastato questo a rafforzare il sentiment del mercato e a cancellare tutto lo scetticismo che ruotava intorno alla sua candidatura, riportando Wall Street ai nuovi massimi storici? Probabilmente no. Il mercato si è concentrato sul programma elettorale andando a premiare i settori che saranno influenzati positivamente dalla sua politica economica. Così i settori delle costruzioni, i farmaceutici, gli industriali e le banche si sono fatte promotrici di un rally importante i cui effetti si stanno estendendo oggi anche in Europa.

Il mercato sembra aver risposto alla perfezione secondo una logica che vede il passaggio da una politica monetaria accomodante a una politica fiscale ultra accomodante. Gli effetti sono stati chiari e proseguono anche oggi:

  • il mercato governativo rimane sotto pressione, soprattutto sulla parte a lunghissimo termine (dal 10 anni in su). I rendimenti sono saliti ai massimi da gennaio e i prezzi sono scesi violentemente. Ieri il Tnote a 10 anni ha registrato la peggior variazione da marzo 2014, complice un deciso rialzo delle aspettative inflattive, le prospettive di un aumento dell’indebitamento debito e rialzo dei tassi della Fed;
  • il biglietto verde si è apprezzato verso tutte le valute mondiali dopo lo scivolone iniziale, scontando la ferma volontà della Fed di procedere con un rialzo dei tassi, le cui probabilità sono salite all’81% secondo i Fed Funds Futures. Il dollar basket è salito sopra 99 punti, massimi di fine ottobre.

Nonostante tutto, restano molti dubbi tra gli investitori. Il miglioramento delle aspettative inflattive e il rialzo dei tassi negli Usa potrebbe stimolare un deflusso corposo degli investimenti diretti verso i Paesi Emergenti, con le valute locali che inizieranno a finire sotto pressione. In questo contesto, da segnalare i nuovi minimi dal 2010 dello yuan verso dollaro. Questo è solo un aspetto negativo che potrebbe acuirsi nel tempo. Lo switch dalla politica monetaria accomodante a una fiscale ultra accomodante sarà sfidante per Trump.

Tutti il mondo del fixed income oggi è stato colpito dalle vendite. Sul comparto governativo, le vendite sui BTp hanno riportato il rendimento del decennale oltre l’1,95%, livelli che non vedeva dall’estate 2015. Il rialzo dei rendimenti sul Bund non è stato altrettanto forte complice a causa di qualche segnale di vendita emerso in Europa nel pomeriggio. Così lo spread è tornato nuovamente sopra i 160 punti base. Non possiamo escludere che il mercato si stia mettendo in scia al referendum costituzionale del 4 dicembre che porta un po’ di instabilità sui titoli italiani.

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