Il punto sui mercati di Banca Intermobiliare

a cura di Banca Intermobilare

Negli ultimi otto anni il ruolo dominante assunto dalle Banche Centrali ha spesso determinato situazioni anomale rispetto al comportamento passato dei mercati finanziari e la scorsa settimana ne abbiamo avuto un ennesimo esempio: brutti dati macro negli Stati Uniti, Borse europee in calo, mentre Wall Street si manteneva in prossimità dei massimi assoluti.
Nello specifico, mercoledì scorso dopo l’uscita del negativo dato sul PIL americano del 1Q (+0.2% contro attese di +1%, con l’aggiunta di un bassa qualità delle varie componenti) vi è stata un’accelerazione al ribasso delle Borse europee (DAX -3.2%), mentre l’S&P500 ha chiuso con una leggera flessione (-0.4%).
Nello scorso numero avevamo accennato alla possibilità che i dati macro potessero raccogliere il testimone dalla crisi greca come fonte di volatilità, ma non avevamo messo in conto la possibilità che gli effetti negativi si facessero sentire soprattutto sull’Europa.

Questa reazione, per certi versi contro intuitiva, va ricercata proprio nel repricing della politica monetaria: il PIL è stato soltanto l’ultimo di una batteria di deboli dati americani che ha caratterizzato questo avvio d’anno e, per quanto il rallentamento potrebbe essere dovuto ad effetti temporanei, gli operatori hanno immediatamente riaggiustato le aspettative sul rialzo dei tassi.
L’effetto lo si è visto subito sull’Euro/Dollaro, anche perché negli ultimi mesi l’andamento del cambio era stato guidato soprattutto dal differenziale di politica monetaria. Ovviamente il movimento sul cambio ha avuto una conseguente ripercussione sui mercati azionari, considerato che proprio la debolezza dell’Euro aveva fornito un significativo contributo al rialzo delle Borse europee dall’inizio dell’anno. Il fatto poi che gli investimenti dall’estero sull’Europa fossero avvenuti presumibilmente a cambio coperto ha a sua volta alimentato il movimento, dato che le prese di profitto sulle Borse europee con la chiusura delle coperture sul cambio impongono il riacquisto dell’Euro.
La modifica delle aspettative sui tassi americani ha avuto i suoi riflessi anche sul comparto obbligazionario con uno steepening della curva americana e un rimbalzo del rendimento del Bund.

Non è detto che gli effetti di questo repricing della politica monetaria della FED si siano già esauriti, ma riteniamo comunque che siano destinati ad avere più che altro effetti di breve termine, soprattutto se saranno confermate le aspettative di una riaccelerazione dell’economia americana nei prossimi mesi e se il pull-back dell’EuroDollaro non andrà oltre certe soglie (un primo livello di verifica importante è l’area 1.15).
Se, come crediamo, i segnali di ripresa dell’economia europea troveranno conferma, i recenti aggiustamenti dei mercati azionari europei conseguenti ai cambi di aspettativa sulle politiche monetarie non devono destare troppa preoccupazione.
L’Europa è probabilmente l’area che ha fornito le migliori indicazioni macro in questa prima parte dell’anno (se si esclude la Francia, anche i recenti indici PMI hanno confermato le aspettative di ripresa), mentre, al di là degli aggiustamenti relativi, in termini assoluti la politica monetaria è destinata a restare fortemente espansiva ancora a lungo.
Proprio oggi la Commissione Europea ha aggiornato le previsioni economiche: a livello di area Euro la crescita 2015 è stata portata dal 1.3% al 1.5% (invariato il 2016 a +1.9%), mentre sull’Italia è stato mantenuta allo 0.6% la crescita di quest’anno, mentre è stata alzata al 1.4% (da 1.3%) quella 2016.

Per certi versi, una conferma a questo scenario, sembra arrivare proprio dalla periferia ed, in particolare, dall’Italia, che ha sinora dimostrato una certa forza relativa nei confronti del DAX.
D’altronde, la nostra Borsa, avendo un ruolo marginale in ambito mondiale, risente in misura decisamente minore rispetto a quella tedesca dei posizionamenti relativi, al tempo stesso la nostra economia sta fornendo importanti segnali di miglioramento in termini di momentum (l’indice Manufacturing PMI italiano ha evidenziato la lettura più alta tra i principali paesi europei ed anche il maggiore incremento).

Con l’auspicio che non arrivi nessun nuovo elemento di disturbo dalla crisi greca. Come dimostrano le news di queste ultime ore lo scenario resta fluido e soggetto a repentini cambiamenti, anche se riteniamo che le probabilità si confermino a favore del nostro scenario base del raggiungimento di un compromesso, magari già in occasione del meeting dell’Eurogruppo del prossimo 11 maggio (da verificare però se il risultato partorito dalle dure trattative obbligherà Tsipras a sottoporre l’intesa a referendum).

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