Il punto sui mercati

A cura di Banca del Piemonte

I trend prevalenti sul mercato (tassi globali in rialzo, dollaro forte e azionario in ascesa, guidato in particolare da America e Giappone) non sembrano conoscere sosta al momento, ma paiono entrati in una fase più pacata, in attesa degli importanti eventi che sono in programma da qui a fine anno: la riunione OPEC (30/11), il referendum italiano del 04 dicembre, la riunione BCE dell’8 dicembre e quella del FOMC del 14, in cui si assisterà quasi certamente al rialzo dei tassi Fed Fund, come ormai ampiamente scontato dal mercato.

Il mercato azionario americano ha continuato a macinare nuovi record storici, con l’indice S&P500 sopra i massimi di sempre (oltre 2.200 punti), mentre l’azionario giapponese ha beneficiato del tonfo dello Yen, che si è portato oltre quota 113 nei confronti del dollaro americano.

Il messaggio di Trump
Il primo messaggio di Trump, relativo alle priorità di azione nei primi 100 giorni del mandato, ha lasciato gli investitori abbastanza tranquilli, dal momento che da un lato si sono toccati temi quali l’interruzione della trattativa sul TPP (trattato commerciale del Pacifico), i piani di protezione alle infrastrutture da attacchi informatici e l’abbattimento delle restrizioni sull’estrazione di shale oil e carbone, mentre dall’altro lato non sono stati menzionati alcuni temi delicati quali il muro con il Messico, l’ accordo NAFTA o iniziative di politica estera in grado di destabilizzare gli equilibri geopolitici globali e di conseguenza la fiducia degli operatori.

Dollaro e divergenze sui tassi
In questo clima il dollaro ha continuato la sua corsa, aiutato da robusti dati macroeconomici negli USA (quello sugli ordinativi di beni durevoli è stato assai sorprendente) e da un differenziale di tassi in continua ascesa, in particolare contro l’euro. Spicca infatti la marcata discesa del rendimento del 2Y tedesco che, toccando il –0.73%, raggiunge un minimo ancora più basso del livello toccato in occasione della Brexit. Inevitabile a questo punto è stata l’ulteriore rialzo del dollaro fino in area 1.05. La domanda che verrebbe da porsi è se il mercato in questo momento non stia prendendo seriamente in considerazione una rimozione del limite del tasso di deposito (-0.40%) per gli acquisti della BCE.

Eurozona: segnali positivi sull’economia ma spread in allargamento
All’interno dell’Eurozona si registra un incremento degli indici di fiducia pubblicati in settimana: i PMI di novembre segnalano un miglioramento e disegnano un’economia in buono stato di salute, con un’accelerazione prevista per fine anno.

La corsa dei tassi (americani in primis) è così proseguita e, in particolare, ha impressionato il movimento sul BTP, guidato in parte dalle attese sul referendum (i sondaggi danno un discreto vantaggio del NO), ma forse ancor più dalle solite problematiche che affliggono il sistema bancario italiano. Al sentiment non hanno certo contribuito le indiscrezioni comparse su alcuni organi di stampa in merito all’inadeguatezza delle coperture sui crediti deteriorati (gli NPLs, Non Performing Loans) di alcuni istituti italiani. L’allargamento dello spread nei confronti della Germania, tuttavia, non ha interessato solamente l’Italia, ma è stato apprezzabile anche per Francia (vedi politiche espansive di Fillon collegate all’allargamento del deficit di bilancio) e Spagna. Se consideriamo inoltre la sottoperformance dell’azionario europeo (rispetto al blocco sviluppato America e Giappone) e gli spread in salita, sembrerebbe quasi di vedere i germogli di un attacco speculativo all’Eurozona, soprattutto in vista della grande incertezza che caratterizzerà il quadro politico in Europa a seguito degli importanti appuntamenti elettorali del 2017. Sarà necessario capire se questa tendenza dei mercati proseguirà in maniera più evidente nel corso delle prossime settimane e/o mesi, diventando un tema significativo.

Materie prime: oro in ritirata e petrolio in attesa
La salita dei tassi, la forza del dollaro ed il clima più disteso hanno contribuito alla debolezza dell’oro, che è stato la materia prima più penalizzata, cedendo pesantemente la soglia dei 1200 dollari per oncia e portandosi in area 1180, ritracciando gran parte dei guadagni di quest’anno. Il petrolio ha invece proseguito la sua fase di stabilizzazione, sulle attese della delicatissima riunione OPEC del 30/11: gli operatori dimostrano un’elevata incertezza alla luce delle obiezioni sollevate da Iran e Iraq sull’accordo e delle possibilità concrete di tagliare la produzione di petrolio, evento che potrebbe rivelarsi di portata ancor più grande di quanto inizialmente stimato.

Debolezza dello Yuan cinese
Si segnala l’ennesimo fixing negativo dello Yuan, che ha portato il cambio USD/CNY a 6.91, risvegliando i sempre vivi timori di una fuga di capitali in corso dalla Cina: da questo punto di vista non lasciano tranquilli i consueti problemi che affliggono il Dragone e che riguardano il surriscaldamento del settore immobiliare e la crescita elevata della bolla del credito.

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