Il rally delle Borse è in esaurimento?

A cura di V. Mivelaz e A. Masset, analisti di Swissquote

Alcuni investitori si erano convinti che la Federal Reserve si sarebbe “piegata” alle pressioni del Presidente Trump e avrebbe tagliato i tassi o almeno che avrebbe agito in base ad un approccio più accomodante nel suo statement. Ma ciò non è accaduto.

Pertanto, una correzione non deve lasciare stupiti più di tanto in quanto è perfettamente normale che gli indici fatichino ad aggiungere nuovi guadagni ai livelli in cui si trovano già attualmente, che rappresentano delle resistenze tecniche “chiave” per capire la direzione delle prossime settimane.

Infatti, dopo aver toccato nuovi record, lo Standard and Poor’s 500 non è riuscito al momento a oltrepassare i 2940 punti.

Al di qua dell’Atlantico la situazione non cambia molto, con l’Eurostoxx 600 di nuovo sullo spartiacque a 395 punti. L’incertezza è palpabile e certamente la situazione ha preso questa piega proprio a seguito della riunione della Fed di due giorni fa: sarebbe semplicistico affermare che la Fed, scegliendo di rimanere ferma, abbia portato i mercati fuori strada.

In realtà, quello che noi riteniamo è che sia stato Donald Trump ad aver deviato gli investitori chiedendo a gran voce una riduzione dei tassi quando lo scenario economico non giustificherebbe assolutamente una mossa di questo tipo.

Nonostante le banche centrali abbiano certamente più di una responsabilità nell’aver creato questo mercato rialzista decennale, spingere al rialzo le Borse non è certo parte della loro mission. Pertanto, la Fed si trova nuovamente nella situazione di “wait and see” in cui potrebbe indugiare per molti mesi. In questo contesto, gli investitori non avrebbero altra scelta se non quella di ricominciare a monitorare i dati macro e micro, leggere le foglie del te e immaginarsi quali saranno le prossime mosse da parte di Powell.

Sul mercato valutario il dollaro prosegue la sua risalita anche dopo il recente sell-off, riteniamo che la decisione della FED di restare ai margini della scena potrebbe dare una nuova spinta al rally del biglietto verde, specialmente in uno scenario di crescita a singhiozzo e di politica monetaria accomodante nella maggiorparte delle aree geografiche.

Ombre anche sull’economia svizzera

 Come anticipato, l’economia elvetica sta attraversando una fase di rallentamento nel trimestre in corso: gli ultimi dati macro infatti presentano un quadro piuttosto fosco. Il dato PMI di Aprile si trova in contrazione mentre, senza badare alla decelerazione avvenuta a prima vista nei prezzi, sembrerebbe che i consumatori svizzeri pagheranno di più per comperare quegli stessi beni che oggi possono avere ad un prezzo inferiore. Oltre a ciò, un nuovo calo negli indicatori KOF e sui consumi privati contribuisce a scattare una foto non bella.

A conferma, la trimestrale della società Geberit, leader nella fornitura di prodotti sanitari, e in cui si rimarca che il 2019 sarà un anno difficile a causa dell’aumento della volatilità in Europa (Brexit, politica italiana, ecc) e del rallentamento delle attività di costruzione, potrebbe rappresentare un precursore di ciò che potrebbe accadere all’economia svizzera. Infatti, nonostante i toni non allarmistici degli economisti, l’indice PMI del mese di aprile è sceso ai livelli minimi da settembre 2015 (dopo che la BNS aveva tolto il peg al cambio con l’euro) e anche l’indice delle PMI Raiffeisen mostra un trend al ribasso per quanto riguarda gli ordini industriali.

Una situazione che richiede un monitoraggio attento circa gli sviluppi futuri. Pertanto, benchè sia tutto sotto controllo, si richiede grande cautela dal momento che un’escalation delle tensioni commerciali tra Usa ed Europa potrebbe comportare conseguenze avverse sull’industria svizzera delle esportazioni.

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