Il Renminbi vuole rompere la Muraglia

a cura di DeAWM

Il mercato finanziario cinese è tornato sotto i riflettori negli ultimi mesi. Prima per i forti guadagni agli investitori, poi con sempre maggiore apprensione per una forte crescita non più giustificata dai fondamentali economici. Più recentemente, per una violenta correzione che ricorda quella registrata nel 2007. Affrontiamo qui un tema strettamente collegato: l’internazionalizzazione della Cina e del Renminbi.

Un dragone ambizioso, ma ancora ingessato Uno dei principali eventi, se non il più rilevante, ad interessare l’assetto economico-finanziario globale nell’arco dei prossimi quindici anni sarà di certo l’apertura del mercato finanziario cinese, un evento di portata così storica tale da indurre economisti e strategist ad occuparsene per tempo.
Potremmo affermare che è quasi d’obbligo, considerato che nelle banche cinesi vi sono circa 21 mila miliardi di dollari che, per bocca dello stesso premier Li Keqiang, prenderanno anche una strada al di fuori dei confini nazionali.

Come noto, alcuni segni della potenza economica cinese sono già ben visibili, ad esempio, nel mercato immobiliare globale; dalla California a Sydney, i prezzi degli immobili risentono da tempo dell’attivismo degli investitori cinesi.

Altri elementi potrebbero incontrare qualche difficoltà in più come ad esempio l’accesso per investitori istituzionali, quali fondi pensione che, in ogni caso, possono solo beneficiare di un Paese netto esportatore di risparmio; il Gruppo Deutsche Bank, come investitore qualificato al mercato cinese, ha già attirato diversi capitali nel settore delle infrastrutture, ad esempio.

Come sottolineato da Charles Li, CEO di Hong Kong Exchanges & Clearing Ltd, nei prossimi anni la Cina si trasformerà da paese netto importatore di capitali a netto esportatore, stante la necessità di diversificare e ottimizzare i propri investimenti, che sempre più le autorità avvertono quale esigenza di massima priorità.

L’apertura del mercato consentirà – inoltre – il trading in Renminbi nelle materie prime (come già avviene per alcune) e i prezzi verrano sempre più influenzati dalla domanda / offerta locale.

Ciò che rende il 2015 particolarmente importante è la revisione – quinquennale per l’appunto – operata dal FMI del proprio basket di riserve valutarie (facenti parte del cosiddetto Special Drawing Rights) e la Cina non vuole assolutamente mancare all’appuntamento, grazie ad un imponente pacchetto di riforme, come l’aver approntato cinque centri offshore per il Renminbi, l’aver allargato la banda di oscillazione della divisa e il collegamento più stretto tra Shanghai e Hong Kong. Ultima mossa la scorsa settimana, con la cancellazione della norma, esistente da venti anni, che il massimo rapporto di impegni su depositi doveva essere pari al 75%.

Altri segni del potenziale cinese sono da ricercarsi nella notizia riguardo al primato degli investitori cinesi nel mercato immobiliare USA; hanno superato i canadesi quali principali soggetti operanti in quel mercato.

Anche Liang Hong ha puntualizzato come l’integrazione del paese con il minor reddito pro capite ma con il maggior tasso di risparmio costituisca un evento senza precedenti. E le stesse banche cinesi stanno cominciando a muoversi oltre i confini nazionali; come ad esempio la Bank of Communication, quinta banca del paese, pronta ad acquisire una realtà brasiliana.

Immediato anche l’interesse delle autorità finaziarie USA che rappresentate dal Segretario al Tesoro Lew si sono dette pronte allo sbarco, dopo un non convincente e timido atteggiamento post adesione al WTO.

La domanda immediata che sorge da tale argomento e prospettiva riguarda il futuro del Renminbi e il suo ruolo quale divisa concorrente del dollaro; tale ruolo, comunque, non potrà essere svolto prima di poter disporre di un mercato locale assai liquido e se da un lato le autorità USA sperano in un rapido mutamento riguardo ai criteri per l’accesso al mercato locale, è bene tener presente che imponenti deflussi di capitale, dovuto al deprezzamento, porterebbero la Cina a rivedere rapidamente la propria politica in tale direzione. In ogni caso, nel medio termine sarà benefico all’economia globale non avere una sola grande valuta di riserva, ma vivere in un mondo “multipolare”. Dollaro, Renminbi ed Euro hanno tutto il diritto di assurgere a questo ruolo.

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