Il Super Tuesday di Biden e della Fed

A cura di Stefan Keller, Senior Asset Allocation Strategist di Candriam

Il flusso di notizie dagli Stati Uniti è stato importante: in primo luogo, le primarie democratiche del “Super Tuesday” sono state una grande vittoria per Joe Biden mentre Bernie Sanders ha deluso, e ora deve recuperare terreno verso i moderati che si radunano dietro Biden. In secondo luogo, la Federal Reserve ha annunciato un taglio inter-meeting di 50 punti base in risposta allo shock di Covid-19. Il voto è stato unanime e ha lasciato la porta aperta a ulteriori riduzioni dei tassi nelle riunioni future.

La super sorpresa per Joe Biden

Le primarie democratiche rischiano di essere una gara tra due. In seguito alle votazioni del Super Tuesday, è stato assegnato più di un terzo del totale dei 3.979 delegati che saranno presenti alla convention democratica del 13-16 luglio a Milwaukee. Grazie alle vittorie in otto stati, incluso il Texas, Joe Biden ha preso il comando con 453 delegati. Tra gli altri, Bernie Sanders, il candidato più liberale o progressista in gara, ha vinto le primarie della California e ora ha 382 delegati.

Quello che emerge è una gara tra Joe Biden e Bernie Sanders poiché tutti gli altri candidati sono stati lasciati indietro: Amy Klobuchar e Pete Buttigieg sono usciti dopo le primarie in South Carolina e sostengono Joe Biden, mentre Mike Bloomberg ha vinto in un solo Stato – Samoa americane – e ha sospeso la sua campagna. Elizabeth Warren, candidata progressista, non ha vinto nessuno dei primi 19 tornate di voto, e si è classificata terza nel suo stato, il Massachusetts.

Sono necessari almeno 1.991 delegati per ottenere la nomination nella votazione del primo turno durante la convention di luglio. Le prossime settimane saranno cruciali in quanto 3.080 o il 65% dei delegati primari saranno determinati entro la fine di marzo.

La Fed ha rotto l’argine

I tagli durante gli inter-meeting d’emergenza sono rari. Martedì ha visto verificarsi l’ottavo taglio dei tassi in un inter-meeting d’emergenza da parte della Fed dell’ultimo quarto di secolo. I precedenti si sono verificati in tre gruppi: 1998, 2001 e 2007/08. Quindi, il taglio di ieri è stata la prima mossa di 50 punti base dalla crisi finanziaria del 2008. Le performance a medio termine dell’S&P 500 dopo questi tagli sono state del -4,3% nei successivi 6 mesi e del -9,2% nell’anno successivo.

Sappiamo che i tagli dei tassi dei Federal Funds funzionano quando salgono sia i mercati azionari sia i rendimenti obbligazionari. Ciò è accaduto in previsione lunedì, ma martedì i titoli azionari e i rendimenti delle obbligazioni sono precipitati, per la prima volta nella storia il rendimento dei titoli di stato Usa sui 10 anni è sceso sotto l’1,0%.

Quindi, la Fed ha commesso un errore politico premendo il pulsante antipanico? Noi non la pensiamo così. A nostro avviso, la principale motivazione alla mossa di martedì è stata una risposta al forte inasprimento delle condizioni finanziarie da metà febbraio attraverso un effetto negativo sulla ricchezza dovuto alla caduta dei mercati azionari e alla stretta sui mercati del credito.

In prospettiva, le aspettative da parte del mercato di un ulteriore allentamento delle politiche da parte della Fed e delle altre banche centrali rimangono elevate, in particolare a seguito dell’impegno delle banche centrali e dei ministri delle finanze del G7 di utilizzare tutti gli strumenti politici adeguati. Se le prospettive e i mercati finanziari iniziano a stabilizzarsi, riteniamo che l’allentamento da parte della Fed smetterà. D’altra parte, se si sviluppano dinamiche recessive, riteniamo che la Fed probabilmente taglierà ulteriormente e riattiverà la guida in avanti e possibilmente il Qe. In Europa, la BoE può ridurre i tassi, mentre è probabile che la Bce agisca sull’allentamento del credito (ad esempio finanziamenti bancari mirati per prestiti alle Pmi, intensificazione degli acquisti di debito delle imprese).

In breve, manteniamo un’esposizione azionaria leggermente sottopesata a causa dell’incertezza che circonda le notizie sul coronavirus e della mancanza di una risposta politica globale coordinata. Concordiamo con il presidente della Fed Jerome Powell che “il virus, e le misure che vengono adottate per contenerlo, peseranno sicuramente sull’attività economica, sia qui (negli Stati Uniti, ndr) che all’estero per qualche tempo”. L’intensità dello shock sia sull’offerta che sulla domanda e le risposte politiche globali determineranno le nostre prossime fasi di aggiustamento del portafoglio.

Per ora, le informazioni affidabili sono scarse e notiamo che a febbraio il cinese Caixin services Pmi ha raggiunto uno scioccante quota 26,5 punti, contro le aspettative di 48 punti. Abbiamo sottopesato le azioni fino alla fine di gennaio e siamo diventati neutrali il 27 gennaio. Da allora siamo neutrali sull’azionario e abbiamo messo in atto strategie derivate per mitigare l’effetto di un calo del mercato, strategie che hanno giocato il loro ruolo. La scorsa settimana, siamo diventati tatticamente leggermente sottopeso in azioni. Abbiamo concentrato la riduzione del rischio sui titoli azionari poiché era la classe di attivi che aveva mostrato il massimo livello di vulnerabilità a uno shock. Altrove, rimaniamo per ora sottopesati. Siamo neutrali in euro/dollaro e manteniamo una lunga esposizione allo yen. Manteniamo la nostra preferenza per l’oro come copertura.

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