Immobiliare, ecco i segmenti più esposti a rischi e i più resilienti nella pandemia globale

A cura di Nuveen Real Estate 

A causa della maggiore esposizione ai cicli economici, i segmenti dell’ospitalità e del retail sono stati tra i più duramente colpiti dai primi lock-down causati dalla pandemia. Questi settori continuano ad essere sotto pressione perché solo in alcune aree geografiche l’attività economica è tornata alla normalità. Nel migliore dei casi si è assistito a riaperture parziali, ma la recente impennata dei casi di Covid-19 ha portato a nuove restrizioni in alcune aree. Anche il settore degli uffici ha registrato un calo, poiché al momento il “lavoro da casa” si conferma la modalità di lavoro prevalente per i dipendenti di numerosi settori economici. Vi sono tuttavia segmenti immobiliari che, pur dovendo affrontare importanti difficoltà legate alla pandemia, hanno resistito meglio rispetto ai segmenti più ciclici. Tra questi il residenziale, le residenze sanitarie e il self-storage.

Inoltre, tre settori in particolare si sono distinti per la loro capacità di resilienza: l’industriale, i data center e le strutture per le telecomunicazioni. Queste tipologie immobiliari sono state meno danneggiate, e in alcuni casi hanno anche registrato effetti positivi legati all’evoluzione della pandemia.

Ospitalità

Negli Usa

I livelli di occupazione variano a seconda della tipologia di immobili e dei mercati. I select-service hotel si stanno in generale riprendendo meglio rispetto agli hotel a servizio completo, che tendenzialmente puntano su viaggi d’affari e viaggi di gruppo. A settembre, il livello di occupazione di numerosi select-service Reit quotati in borsa ha superato il 40%, che è considerato il livello di break-even dal punto di vista del cash-flow. Anche gli hotel a servizio completo hanno visto un miglioramento, ma in generale hanno operato a livelli che si sono attestati intorno al 20%-30%. Alcune strutture a servizio completo, in particolare quelle rivolte alla domanda turistica, hanno raggiunto livelli di occupazione pari a quelli delle strutture select-service. In generale, il fatturato per camera disponibile (RevPAR) dei segmenti dell’ospitalità negli Stati Uniti ha raggiunto i livelli minimi ad aprile, registrando in alcuni casi un calo di oltre il 90% su base annua. Da allora questo trend è gradualmente migliorato, fino a raggiungere livelli tra il 50% e il 60%.

Nonostante i volumi di investimento abbiano registrato una leggera ripresa negli ultimi mesi, permangono dubbi sull’impatto della fase più acuta della pandemia sui valori degli asset negli Stati Uniti. Il pricing per il settore alberghiero sembra essere calato in media del 20%-30%, ma questi livelli variano a seconda degli asset e dei mercati e potrebbero essere pesantemente influenzati da fattori specifici legati alla gestione e al brand.

In Asia

Il turismo e i viaggi internazionali e nazionali hanno un’incidenza rilevante sull’economia in Asia, e il Covid-19 ha avuto un impatto significativo. Gli arrivi di turisti internazionali a Hong Kong, Singapore, in Giappone, in Tailandia e in altre zone della regione asiatica registrano un calo compreso tra il -85% e il -99%. I viaggi interni in Cina sono tornati ad aumentare in modo deciso dopo la revoca delle misure di blocco, ma questa situazione non si è ancora tradotta in un miglioramento sostanziale dei livelli di RevPAR o di occupazione tra i più importanti operatori nel settore dell’ospitalità nel Paese.

In Europa

In Europa, i livelli di occupazione degli hotel hanno recuperato fino a raggiungere un 40%-50% durante l’estate del 2020, ma il RevPAR è tornato a registrare un declino intorno al 60% su base annua a causa delle nuove chiusure. Esattamente come negli Stati Uniti e in Asia, anche in Europa il settore dell’ospitalità è stato il più colpito; i contratti di locazione legati alle performance in molti casi non hanno consentito di raccogliere alcun canone e la riscossione di molti affitti a canone fisso è stata posticipata, portando a livelli di raccolta inferiori al 25% dall’inizio della pandemia.

Retail

Il settore retail stava già affrontando problemi strutturali che la pandemia di Covid-19 ha evidenziato, accelerando trend complessi che si stavano già imponendo.

Negli Usa

Come evidenziato nel grafico seguente, dalla fine di febbraio all’inizio di aprile 2020 i rendimenti negativi dei Reit legati a shopping center e mall sono stati molto più pronunciati rispetto all’insieme dei Reit e all’Indice S&P 500. Il grafico 2 mostra anche il posizionamento dei due settori ad aprile per quanto riguarda i tassi di capitalizzazione impliciti, gli sconti sul Nav e i multipli Ffo (Fondi da Operazioni ) attesi per il 2020. Quando i diversi Stati hanno iniziato ad allentare le restrizioni e i negozi a riaprire, i pagamenti degli affitti sono aumentati. A giugno, i livelli di pagamento erano arrivati intorno al 60% per i community centres, e a settembre hanno superato l’80%.

Performance dei Reit Retail (21 feb 2020 – 3 apr 2020)

Il posizionamento relativamente meno negativo dei community centres rispetto ai mall può essere attribuito a diversi fattori: sono all’aperto, generalmente hanno locatari che offrono beni essenziali, sfruttano il potenziale delle attività da asporto (drive-through), sono in grado di offrire parcheggi riservati per soddisfare una maggiore domanda per il ritiro e l’asporto, e spesso si trovano in zone più vicine ai consumatori. Al contempo, le difficoltà delle grandi catene a cui sono tradizionalmente ancorati i mall sono state esacerbate dalla pandemia. Tutto ciò porterà a ulteriori chiusure, anche se i centri commerciali di fascia alta e con una buona ubicazione hanno più probabilità di altri di poter superare la situazione attuale.

In Asia e in Europa

A livello internazionale, le chiusure legate al Covid-19 hanno avuto un impatto significativo sui centri commerciali, anche se nella maggior parte dei paesi la metratura pro capite è molto più bassa rispetto agli Stati Uniti, il che riduce in una certa misura lo squilibrio tra domanda e offerta. La riscossione degli affitti in tutte le aree geografiche è stata in media del 40% circa durante i lockdown e dell’85% dopo i lockdown.

Uffici

Negli Usa

L’impatto del virus sul settore degli uffici negli Stati Uniti è stato considerevole. Se è vero che elevati livelli di riscossione degli affitti e una durata dei contratti di locazione superiore alla media possono offrire una certa protezione ai flussi di cassa nel breve periodo, questi vantaggi relativi sono stati annullati da una maggiore incertezza economica, dalle dinamiche dello smart working e dalle pratiche di distanziamento sociale. In quale modo questi fattori influenzeranno il sentiment e la futura domanda di spazi per uffici rimarrà probabilmente un’incognita fino a quando non si avranno maggiori certezze sul fronte sanitario.

Il lavoro da casa è chiaramente emerso come uno dei trend dominanti nell’era del coronavirus. Alcuni datori di lavoro, tra cui molti operatori del settore tecnologico, hanno adottato orari di lavoro flessibili e postazioni di lavoro in remoto/alternative molto prima della pandemia, come strategia per attrarre e fidelizzare i talenti. In futuro prevediamo una flessibilità ancora maggiore in ambito lavorativo, con orari su turnazione e la possibilità di lavorare alternativamente da un ufficio o da casa.

È prevedibile un peggioramento dei fondamentali del settore, a causa di un calo della domanda e di un livello più elevato degli spazi sfitti in tutto il Paese, ma è ancora troppo presto per valutare l’impatto. Gran parte dei locatori sta cercando di mantenere affitti stabili anziché offrire affitti più flessibili e agevolazioni ai locatari. Al contempo, i livelli di utilizzo si sono mantenuti estremamente bassi (nell’ordine del 10%-15%) in molti importanti mercati urbani, dove i dipendenti utilizzano maggiormente i mezzi pubblici per recarsi al lavoro.

Nei mercati suburbani e in altri mercati tra i top 25 i tassi di utilizzo si sono mantenuti leggermente più elevati, ma anche in questo caso variano a seconda del mercato. La domanda di nuovi contratti di locazione è stata modesta negli ultimi mesi e non si prevede che la situazione cambi molto fino alla fine del 2021. Solo allora un maggior numero di dipendenti sarà rientrato in ufficio e le aziende saranno in grado di fare una valutazione più accurata delle loro future esigenze a livello immobiliare.

In Asia e in Australia

Le valutazioni degli uffici in Asia, Giappone escluso, si sono mantenute sostanzialmente stabili nonostante lo smart working, riflettendo l’opinione diffusa secondo cui questo cambiamento sarà per lo più temporaneo, per via delle dimensioni ridotte degli alloggi e della densità delle aree urbane nella regione. Nonostante il calo della domanda di contratti di locazione di breve termine, i livelli di occupazione rimangono sostanzialmente sani, intorno o superiori al 90%, e le transazioni a Hong Kong e Singapore continuano a essere chiuse a rendimenti del 3% o inferiori, il che indica fiducia nella resilienza del mercato.

In Australia assistiamo a dinamiche simili. Anche se il livello dei contratti è diminuito, considerando la propensione sociale e culturale del Paese al lavoro in ufficio, la crescita futura spinta dai flussi dell’immigrazione e l’attrattiva generata da importanti investimenti nelle infrastrutture urbane pubbliche, rimaniamo ottimisti. Prevediamo un’ulteriore normalizzazione nei posti di lavoro, che potrà alleviare le preoccupazioni dei locatari per la riduzione degli spazi negli uffici.

In Giappone, le pratiche di smart working sono state implementate da alcune aziende (specialmente le grandi multinazionali), ma non è chiaro quanto saranno adottate in maniera stabile. La cultura aziendale giapponese valorizza le relazioni, e gli spazi abitativi relativamente piccoli rappresentano un problema per le postazioni di lavoro da casa. Tuttavia, crediamo che le pratiche di smart working avranno un impatto sulla domanda di uffici.

In Europa

In Europa, l’andamento del settore degli uffici è stato eterogeneo. L’aspetto positivo è che gli affitti degli uffici sono stati coperti per lo più da inquilini aziendali, e i rendimenti degli investimenti non si sono ridotti per gli asset con contratti di locazione a lungo termine. Tuttavia, i volumi degli affitti nel terzo trimestre del 2020 sono scesi di quasi il 50% rispetto all’anno precedente nella maggior parte delle città più importanti, rendendo difficile definire il livello di calo degli affitti. Gli incentivi per le locazioni sono però in aumento, soprattutto nel business district della Défense a Parigi. I tassi di presenza in ufficio nel terzo trimestre variavano significativamente da Paese a Paese. Francia, Germania, Svizzera e Scandinavia sono in testa, con un range tra il 50% e il normale utilizzo, mentre il Regno Unito ha notevolmente rallentato attestandosi intorno al 30%.

Residenziale

Negli Usa

Negli Stati Uniti il tema più rilevante per l’asset classe residenziale è stato la migrazione dai sottomercati densamente abitati nel nucleo urbano verso aree suburbane meno densamente popolate. Questo trend è stato incoraggiato dalla ricerca di spazi più ampi per le esigenze di smart working dei residenti e dall’impossibilità di sfruttare l’offerta di attività sociali e di servizi tipica della vita in città, a causa delle chiusure e dei lockdown. L’attività migratoria è stata differente a seconda dell’area metropolitana, con alcuni trend di spostamento particolarmente degni di nota, come l’allontanamento dalle coste e verso i mercati della Sunbelt. Questi trend hanno avuto effetti positivi sugli affitti monofamiliari, ma anche sugli appartamenti suburbani. La possibilità che questi spostamenti si trasformino in scelte permanenti dipenderà probabilmente dalla rapidità con cui i vaccini saranno distribuiti, tuttavia riteniamo probabile che parte della domanda si sia spostata a lungo termine verso aree suburbane o verso la Sunbelt.

I tassi di occupazione degli appartamenti e gli affitti nei mercati urbani sono scesi a oggi del 5% e del 20% circa rispettivamente. I mercati suburbani hanno registrato cali inferiori, ma il numero dei posti di lavoro persi ha superato il picco della recessione del 2007-09, causando un leggero calo dei livelli di occupazione e degli affitti in questi mercati.

I pagamenti dei canoni di affitto degli appartamenti hanno mostrato una tendenza al rialzo progressiva dopo il momento di maggiore flessione all’inizio della pandemia. Questa tendenza è stata supportata dall’aumento dei sussidi di disoccupazione e dalla riduzione dei posti di lavoro persi. La normativa nazionale, statale e locale per le pratiche di affitto/sfratto avrà sempre più un ruolo preponderante per il settore, in parte perché già negli ultimi anni si stava andando in questa direzione, a causa delle preoccupazioni legate alla sostenibilità economica, a cui si è aggiunta la precarietà dei redditi provocata dalla pandemia.

I prefabbricati si confermano un’asset class molto stabile nel settore residenziale. I residenti in questa tipologia di immobili sono generalmente in pensione, quindi meno esposti nel quotidiano alle fluttuazioni economiche. I mutamenti nei tassi di occupazione e di pagamento degli affitti sono stati minimi. Gli autocaravan, che costituiscono una componente fondamentale del business delle case fabbricate, sono stati inizialmente danneggiati dalla chiusura delle attività economiche. La situazione si è ribaltata nel periodo estivo, con un picco nelle vendite e un aumento del loro utilizzo.

In Australia

Le dinamiche del settore residenziale in Australia sono state simili a quelle degli Stati Uniti. Negli ultimi tempi le facilitazioni del credito, la semplificazione degli obblighi informativi, tassi di interesse più bassi e politiche di stimolo per l’acquisto della prima casa hanno innescato un cambiamento positivo nel sentiment e nelle previsioni. Al momento, le case unifamiliari, le case di riposo e le comunità suburbane ben organizzate rappresentano scelte preferite rispetto agli appartamenti in città. Questa situazione riflette l’incertezza sull’andamento dei flussi migratori, in particolar modo per quanto riguarda la popolazione studentesca, e sul ritorno degli investitori stranieri – fattori chiave nel boom edilizio dell’Australia pre-Covid-19.

In Asia

Il Giappone si è mostrato più universalmente resiliente. La morosità non è socialmente ben vista nella cultura giapponese, quindi il settore residenziale garantisce flussi di cassa difensivi nella fase di rallentamento economico causata dal virus. I fondamentali del mercato residenziale si mantengono solidi e continuano a beneficiare di un’offerta limitata di nuovi alloggi in affitto, nonché di un mercato del lavoro stabile, con una quota crescente di lavoro femminile. Per quanto riguarda il settore degli uffici, lo smart working avrà bisogno di tempi più lunghi per prendere piede in Giappone, per via delle dinamiche culturali e degli alloggi più piccoli.

La domanda residenziale in gran parte dell’Asia, Giappone escluso, è rimasta stabile, beneficiando di una domanda locale sostenuta, con costi di finanziamento decisamente più bassi. La domanda da parte degli investitori, soprattutto da parte degli acquirenti cinesi, ha subìto una battuta d’arresto, ma questo ha avuto un impatto finora modesto sui segmenti primari del mercato residenziale, e le aspettative di una ripresa alla riapertura delle frontiere sono confermate. Questo è particolarmente evidente a Hong Kong, dove una carenza cronica di alloggi e i requisiti di prestito agevolati hanno stimolato una domanda eccezionale di appartamenti più piccoli e a prezzi contenuti.

Strutture sanitarie

Il settore sanitario è estremamente eterogeneo, per questo ha subìto gli effetti del Covid-19 in modalità differenti. Nelle strutture pienamente coinvolte nella crisi del sistema sanitario pubblico il virus ha causato seri problemi operativi, mentre altre strutture hanno mostrato maggior capacità di resistere.

Le case di cura specializzate sono state le più colpite; il numero dei pazienti è calato del 10% circa e le spese sono aumentate a causa della necessità di adottare dispositivi di protezione individuale (Dpi) e della necessità di effettuare i test. Consistenti misure di supporto da parte del governo hanno contribuito a sostenere il comparto nel breve termine. La situazione rimarrà inalterata anche per tutto il 2021, con pochi posticipi di pagamento e poche inadempienze da parte dei locatari. Tuttavia, permangono preoccupazioni sulla tenuta del segmento nel lungo termine, perché anche in condizioni normali, i margini di profitto sono a una sola cifra, ed è poco probabile che il numero di pazienti torni ai livelli pre-pandemia in tempi rapidi, a causa della modifica delle norme per le dimissioni ospedaliere.

Anche le residenze per anziani sono state pesantemente colpite. I livelli di occupazione sono diminuiti del 5%-10%, mentre le spese sono aumentate. Data la mancanza di misure di supporto da parte del governo, i tassi di riscossione degli affitti sono stati inferiori rispetto a quelli delle strutture di cura specializzate. I proprietari di immobili con un’esposizione operativa diretta sul segmento delle residenze per anziani hanno quindi registrato un notevole calo dei flussi di cassa. Le previsioni future sembrano essere un po’ più positive. Data la sua natura, essenzialmente legata a un bisogno, è probabile che il settore si riprenda in tempi relativamente rapidi, in particolar modo con il procedere su larga scala della distribuzione dei vaccini. Un altro aspetto positivo è che la nuova offerta in questo settore si è fortemente ridotta a causa del Covid-19.

Gli asset immobiliari destinati a studi medici e al settore delle life sciences hanno registrato i risultati più positivi in ambito sanitario. Il livello di occupazione si mantiene stabile, il tasso di riscossione degli affitti è superiore al 95% e l’attività di locazione si sta già avviando verso la normalizzazione.

Self-storage

A causa della lentezza nella riapertura delle attività a livello nazionale e locale, la stagione di punta delle locazioni per il self-storage è partita in ritardo. Tuttavia, il ritorno alla mobilità e la crescente domanda di spazi per lo stoccaggio hanno giovato al settore nel periodo estivo e autunnale. Il terzo trimestre si è infatti concluso con livelli di occupazione record, e i flussi di cassa si sono mostrati resilienti. Al contempo, i ritardi nello sviluppo di nuove strutture hanno contribuito a sostenere i livelli degli affitti nel 2020. Anche se nuove strutture saranno completate, prevediamo un numero di consegne nel 2021 inferiore rispetto al 2020, e questo sosterrà le nostre previsioni per il settore nei prossimi 12 mesi.

Industriale

L’industriale è stato il settore immobiliare meglio posizionato e più resiliente a livello globale. Ha beneficiato della spinta dei venti favorevoli pre-pandemici, dell’emergere di nuovi trend positivi e dei bassi livelli complessivi di sfitto. I proprietari hanno dovuto dare un po’ di respiro ad alcuni locatari nei primi tempi, quando la popolazione è stata invitata a rimanere in casa e le attività hanno iniziato a chiudere, ma l’ammontare complessivo delle misure di sostegno è stato relativamente contenuto e le richieste di aiuto sono rapidamente diminuite con le riaperture.
A differenza dei settori colpiti dalla crisi economica dovuta all’obbligo di rimanere in casa, il settore industriale ha beneficiato dell’aumento delle vendite online e delle attività correlate, quali la fornitura di servizi logistici. Per il settore immobiliare industriale, la crescita costante delle vendite online in percentuale sul totale delle vendite retail è diventata il rovescio della medaglia delle difficoltà del settore..

In Europa, quello industriale è l’unico settore del real estate tradizionale che ha veramente tratto vantaggio dal virus. Nel terzo trimestre i contratti di locazione sono risaliti con forza in tutto il continente, spinti da una crescente domanda di spazi e di supporto logistico da parte dei distributori di prodotti alimentari e dei canali di vendita online. Anche i prezzi degli asset stanno aumentando e sono saliti del 3%-5% dall’inizio del 2020. Questa penetrazione accelerata sia negli Stati Uniti che a livello internazionale è destinata a durare in futuro, poiché molti consumatori adotteranno le nuove abitudini di acquisto in modo permanente. Di conseguenza, i locatari che servono il segmento dell’e-commerce avranno probabilmente necessità di molto più spazio. Evidenze di questo trend sono già emerse: la quota di domanda da parte dell’e-commerce e delle attività correlate è cresciuta dal 30% nel 2019 al 36,4% nel 2020, secondo i dati di JLL.

Questo contesto complessivamente sano per i fondamentali del settore immobiliare industriale ha consentito non solo di mantenere flussi di cassa stabili durante la pandemia, ma, nella maggior parte dei casi, anche di continuare a crescere in maniera organica. Come risultato abbiamo avuto rendimenti relativamente elevati per gli azionisti e un costo del capitale attraente per i REIT industriali e gli attori del mercato privato.

Data center

Il Covid-19 ha avuto un impatto minimo sui data center a livello globale. Anzi, le richieste di maggiore connettività, e i trend di utilizzo e di elaborazione dei dati si sono ulteriormente rafforzati. Il fatto che a pochi dipendenti sia richiesto di essere fisicamente presenti sul posto di lavoro, e i rapidi cambiamenti introdotti con le misure di sicurezza legate al diffondersi della pandemia, hanno contribuito a prevenire problemi operativi. Inoltre, con il lavoro da remoto le aziende hanno ancora più chiaramente riconosciuto l’importanza dei dati, e tutto ciò sta accelerando la spinta verso l’outsourcing. La raccolta degli affitti ha incontrato difficoltà davvero modeste, anche nel picco della crisi.

Da metà febbraio, i data center hanno aumentato i guadagni in media del 10% circa, su una crescita annua che si attesta intorno al 5%. Ne è risultato un leggero incremento assoluto della valutazione, a sottolineare l’attrattiva e la stabilità dei data center nel mercato delle transazioni privati. Crediamo che gli investitori istituzionali cercheranno questa tipologia di asset per diversificare ulteriormente il loro portafoglio immobiliare più tradizionale, e questo dovrebbe mantenere stabile il livello dei prezzi nei prossimi anni.

Impianti per le telecomunicazioni

Come per i data center, gli impianti per le telecomunicazioni sono passati per lo più indenni attraverso la pandemia, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Tuttavia, nei mercati emergenti si sono verificate modeste criticità operative.

Negli Stati Uniti, la domanda del wireless è calata al picco dell’epidemia, ma è ora essenzialmente tornata alla normalità e la situazione attuale non è di ostacolo alla costruzione della rete wireless. I rendimenti delle torri cellulari sono rimasti sostanzialmente invariati dalla metà di febbraio, rispetto a una crescita dei guadagni annua del 10%, il che ha provocato un leggero calo nelle valutazioni assolute. Ma anche in questa situazione, come per i data center, gli impianti per le telecomunicazioni hanno dimostrato una capacità di resilienza che evidenzia l’attrattiva e la stabilità di questi asset.

La domanda a livello internazionale è stata più forte a causa della mancanza di infrastrutture wireless in molte aree. Tuttavia, un certo impatto del Covid- 19 sulla filiera e sulle approvazioni dei permessi hanno determinato un leggero rallentamento dell’attività a livello internazionale.

Conclusioni

Tutte le asset class hanno subìto l’impatto della crisi sanitaria globale provocata dal Covid-19, ma forse nessuna più dell’immobiliare commerciale. Storicamente gli investitori scelgono il real estate per i vantaggi che offre in termini di diversificazione, per i rendimenti che genera e per un interessante potenziale di rendimento complessivo. Ora che la disponibilità di vaccini fa intravedere un mondo post pandemico, ci si chiede se queste ragioni per investire nel real estate rimangano valide. La risposta è inequivocabilmente sì.

Molti segmenti immobiliari hanno subìto notevoli pressioni durante la pandemia, mentre altri sono stati meno colpiti. Di fatto, le previsioni per alcune categorie sono addirittura migliorate.
Anche nelle fasce di mercato più colpite ci sono immobili ben posizionati che continueranno ad essere utilizzati, il che significa che qualsiasi problema legato alla liquidità sarà probabilmente temporaneo.

Le scarse correlazioni tra il real estate e le altre asset class — la chiave per assicurarsi i solidi benefici della diversificazione — sono rimaste inalterate. Gli investitori nei settori real estate quotati e privati possono diversificare ulteriormente, tendendo conto delle differenze geografiche e per tipologia immobiliare e delle valutazioni a livello macroeconomico, quali crescita, inflazione, tassi di interesse e misure normative specifiche per ogni nazione. Queste opportunità evidenziano il potenziale di incremento del valore attraverso una gestione attiva— un approccio che sosteniamo fortemente, considerando l’estrema diversità dell’impatto del Covid-19.

Manteniamo fermo il nostro impegno verso questa asset class. Ai clienti in grado di farlo, suggeriamo l’adozione di un approccio olistico che includa asset immobiliari sia privati che quotati in borsa. Consideriamo anche le attuali fluttuazioni del mercato come potenziali fonti di opportunità. Infine, rimaniamo fiduciosi che la somministrazione dei vaccini proceda senza interruzioni e che il mondo possa tornare alla normalità.

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