In rialzo le stime sull’Italia, in rallentamento la Cina

A cura di Corrado Caironi, strategist R&CA Ricerca & Finanza
Lenta espansione negli Usa. Negli Stati Uniti il dato significativo della ripresa delle vendite al dettaglio misurato dal Redbook (le Store Sales ad inizio maggio sono passate dal +1.6% al + 2.1%), è stato affievolito dal dato mensile che è rimasto invariato; la domanda non corre come conferma l’indice mensile sui Prezzi alla Produzione ancora negativo, -0,4%, nonostante il rialzo del prezzo del petrolio. A completare il quadro macro statunitense è arrivato il dato sulla Produzione Industriale, -0,3% con la conferma di una sostanziale staticità del tasso di capacità di utilizzo produttivo a 78,2% (mese precedente 78,4%, rivisto a 78,6%). Sul lato del sentiment, il dato sulla fiducia dei consumatori, elaborato dal Consumer Survey Center dell’Università del Michigan, rispecchia bene la situazione ‘appannata’ con il calo dell’indice da 95,9 punti ad 88,6.
L’Italia rimane in ‘serie’ BBB-. In Europa i problemi restano legati agli aspetti politici ed in particolare quello della Grecia, Draghi media allargando i cordoni della liquidità, e dell’immigrazione dal nord Africa: i paesi europei sono chiamati ad una risposta di cooperazione formale a cui già il conservatore David Cameron, appena rieletto in UK, ha espresso un’opinione negativa. Sul fronte economico rimangono i riflessi positivi dell’economia del 1Q15 che mantengono la volatilità sui bond governativi e una mini ripresa dell’Euro. In Italia, la delusione per il giudizio invariato dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (BBB-) ha lasciato un po’ di amaro in bocca al governo; l’agenzia ha giudicato ancora insufficienti le riforme seppur con qualche sottolineatura positiva; tra i nodi maggiori restano il nuovo incremento del debito pubblico e i conti di bilancio molto ‘tirati’ e soggetti a continue revisioni, come nel caso del rimborso ai pensionati della rivalutazione sollevato dalla Consulta.
Focus della settimana. Il focus sarà in Germania sugli indicatori degli istituti ZEW e IFO; nell’area Euro i dati sui PMI e CPI; anche negli Usa sono attesi i dati PMI e di inflazione oltre alle minute rilasciate dal FOMC della Federal Reserve; in Asia: riunione della Banca centrale in Giappone, e in Cina sono attesi i dati di HSBC per i PMI.
PIL italiano +0,3% nel 1Q15
Dati economici dell’area Euro positivi. Il dato di crescita del PIL italiano di + 0,3% nel primo trimestre del 2015 ha ridato fiducia al mercato, come il dato sopra le attese della Francia + 0,6% e quello ottimo della Spagna + 0,9%. Più deludente è stato il + 0,3% della Germania, una fase di riflessione per l’incidenza negativa delle relazioni con l’Est Europa (Russia), nonostante la situazione permanga positiva. Gli spazi per un’espansione della spesa tedesca rimangono ampi; la Germania ha uno dei più alti surplus nei conti pubblici dell’area Euro con risorse che dovranno essere immesse nel sistema produttivo in qualità di investimenti infrastrutturali se non in parte utilizzate nella diminuzione della pressione fiscale.
L’Italia esce dalla recessione. Per quanto riguarda l’Italia, qualcosa negli ultimi mesi sembra cambiato e non solo per la partenza dell’Esposizione Mondiale a Milano, l’EXPO è diventato un grande affare non solo mediatico, ma anche per gli ingenti capitali (stime di oltre 50 mld di Euro) affluiti negli ultimi dodici mesi sul mercato finanziario domestico e sul listino di borsa. Da tempo gli investitori sono tornati positivi sull’Italia; la loro ipotesi è che il paese sia troppo in ritardo rispetto alle altre economie dell’area Euro nonostante il permanere di fattori positivi quali la svalutazione dell’Euro, il forte calo del costo dei finanziamenti ed la caduta del prezzo del petrolio, fattori comuni all’area che in alcuni casi potrebbero essere ancora più incisivi sui conti italiani. Nelle analisi di consensus degli economisti le proiezione di crescita del PIL italiano per il 2015 sono di un + 0,5% e + 1% per il 2016 segnando la definitiva uscita dalla recessione.
Stime di crescita al rialzo. Secondo gli analisti finanziari le stime macro in realtà risulterebbero troppo prudenti; le loro recenti previsioni vedrebbero una crescita di + 0,7% per l’anno in corso e + 1,7% per il prossimo, dati che tenderebbero a chiudere il gap degli ultimi anni. A confortare gli analisti sono anche i molti passi fatti sulle riforme dal governo italiano in ordine al mercato del lavoro (Jobs Act), alla riforma delle grandi banche popolari (conversione in Spa) e a quella più recente del sistema elettorale (Italicum); il completamento del programma passerebbe ora dal ‘depotenziamento’ del Senato, da un intervento sui NPL (non performing loans) in pancia al sistema bancario e ad una riforma fiscale con focus sulla crescita.
Equity “generally quite high”
Presidente Fed Yellen. Nell’intervista televisiva di qualche giorno fa (6 maggio scorso) la Presidente della Fed Janet Yellen, nell’occasione insieme a Christine Lagarde del Fondo Monetario Internazionale, oltre ai commenti positivi sull’economia USA, ha espresso in modo chiaro l’opinione riguardo alla sopravalutazione della borsa statunitense, le cui azioni sono ‘abbastanza alte’ (“generally quite high”), lasciando intravedere una situazione del mercato troppo condizionata dai bassi tassi di interesse e dai corrispettivi rendimenti della curva dei Bonds. L’osservazione a portato tutti a pensare ad Alan Greespan quando il 5 dicembre 1996 aveva parlato di “irrazionale esuberanza” del mercato azionario statunitense, tema rimasto inascoltato fino alla bolla della new economy del 2000. In verità in questa prima parte dell’anno sia l’S&P500 che l’indice Dow Jones Industrial Average sono rimasti in altalena sui livelli di fine anno scorso; sono ben altri gli indici che hanno dimostrato performance molto elevate come il DJ Euro Stoxx (+15%) e lo Shanghai Composite (+36%).
Economia cinese in rallentamento. Nelle analisi dei gestori è proprio il mercato cinese ad essere un osservato speciale in quanto sembra aumentare lo scollamento tra le evidenze macroeconomiche del paese e la forte ripresa delle quotazioni azionarie; situazione in realtà opposta al mercato europeo dove le stime economiche sono viste in miglioramento. L’indice generale di Shanghai è raddoppiato negli ultimi dodici mesi con una forte accelerazione dopo la “connessione” tra i mercati azionari di Hong Kong e Shanghai a seguito della riforma finanziaria del novembre scorso; nel frattempo la crescita economica sta rallentando (+7% nel primo trimestre 2015 rispetto al precedente +7,3%) così come le prospettive per i prossimi semestri. L’economia reale sembra vicina ad una fase deflazionistica con l’indice dei prezzi alla produzione (PPI) in contrazione da 37 mesi consecutivi. La PBoC, banca centrale cinese, ha iniziato ormai da tempo una politica monetaria espansiva riducendo sia i tassi di riferimento che le riserve obbligatorie delle banche (RRR) in modo da ampliare la base di liquidità nel mercato.
Valutazioni indici cinesi. A questo ha invece corrisposto un forte aumento degli indici azionari, rimasti sopiti per molto tempo rispetto alle borse sviluppate, che ha innescato nell’euforia di una abbondante liquidità un forte rally delle azioni. Anche se lo Shanghai Composite sembra contenere le sue valutazioni (il P/E è circa 22x) la realtà è mascherata dalla bassa valutazione delle grandi banche e dalle aziende statali a larga capitalizzazione. Il mercato più interessante cioè quello delle medie e piccole capitalizzazioni (indici ChiNext e SME Board) sembra invece tornato a livelli molto elevati (rispettivamente 65x e 95x il P/E) prospettando un possibile aumento della volatilità dei listini cinesi; posizione più difensiva e maggiore attenzione allo stock picking possono essere utili.

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