In un mercato più rischioso la prudenza è d’obbligo

A cura di Pascal Blanquè, Group Chief investment officer, e Vincent Mortier, Deputy Group Chief Investment Officer di Amundi

Dopo settimane di relativa stabilità, si è riaffacciato lo spetto di una guerra commerciale che ha scosso la fiducia degli investitori e risvegliato i mercati dal loro atteggiamento compiacente. Tuttavia, anche se prevale ancora un forte ottimismo riguardo al raggiungimento di un accordo, riteniamo che il rischio di una delusione sia alto, e ciò potrebbe scatenare un’altra ondata di volatilità.

Ciò che abbiamo notato di recente è che la politica continua a dominare i mercati finanziari: il rischio politico viene percepito attualmente come una problematica passeggera, ma se dovesse interferire con il ciclo economico il suo impatto potrebbe essere molto più duraturo e avere implicazioni più significative.

Anche il nostro scenario macroeconomico centrale – proseguimento di una crescita mondiale moderata con un ampliamento del differenziale di crescita tra i Paesi emergenti e i Paesi sviluppati nella seconda parte del 2019 e un’inflazione bassa grazie alle banche centrali accomodanti – potrebbe essere messo in discussione se dovesse esserci un’escalation vera e propria della guerra commerciale. Infatti la Cina potrebbe contrattaccare estendendo i dazi a tutte le esportazioni rimanenti verso gli Stati Uniti. Ciò potrebbe avere un effetto diretto sul PIL (riduzione delle esportazioni) ed effetti indiretti sulla fiducia delle imprese e dei consumatori, mentre l’aumento delle spinte inflazionistiche e del costo degli input potrebbe incidere sugli utili societari.

Tuttavia non ci sembra che un accordo sia esattamente dietro l’angolo. Permangono i rischi di una battaglia aspra e prolungata, e tali rischi non sono destinati a scomparire a breve perché sono il riflesso di una lotta di potere sulla scena geopolitica tra vecchi e nuovi imperi. Siamo anche consapevoli del lato imprevedibile del protezionismo (riduzione del commercio mondiale, potenziali spinte inflazionistiche ecc) e non ci sembra che esso sia già scontato dalle quotazioni degli attivi rischiosi. Secondo noi questo tira e molla in cui si alterneranno toni aggressivi e momenti di riconciliazione proseguirà, con ulteriori picchi di volatilità sui mercati.

È anche troppo presto per dei tagli da parte della Fed: probabilmente i mercati si sono sbilanciati troppo nello scontare un intervento della Fed, e per il momento non sosteniamo questa tesi. Siamo dell’idea che la revisione al ribasso delle aspettative d’inflazione è ormai giunta alla fine e che potrebbe verificarsi un’inversione di tendenza. Ciò vorrebbe dire che nonostante il rischio d’inflazione sia marginale, la volatilità dovrebbe riflettersi nei dati e nelle aspettative d’inflazione per cui dovrebbe inaugurarsi una fase meno lineare in ambito obbligazionario, soprattutto negli USA.

Il mercato sposterà a breve la sua attenzione sui dati relativi alla crescita (commercio, utili) e in alcuni segmenti visti i premi attuali ci sono pochi margini per una delusione: un’altra sfida per gli Stati Uniti.

Nell’insieme, alla luce di tutte queste considerazioni, crediamo che non sia ancora giunto il momento di abbandonare completamente tutti gli attivi rischiosi, ma che sia invece il caso di implementare delle strategie per proteggere i portafogli in caso di un peggioramento della situazione e di effettuare delle prese di beneficio laddove gli investitori abbiano conseguito i guadagni che si erano prefissati, visto che ora il profilo rischio/rendimento appare asimmetrico (attese di rischi maggiori e di rendimenti più bassi).

Le condizioni finanziarie sono in generale piuttosto accomodanti, con i rendimenti da dividendi che, soprattutto in Europa, appaiono attraenti rispetto ai rendimenti obbligazionari. Visti i recenti movimenti, i mercati azionari mondiali sono ritornati vicini al valore equo, spazzando via l’eccessivo ottimismo del primo trimestre. Anche se le previsioni riguardo agli utili non appaiono particolarmente rosee visto che si sta verificando la convergenza a livello regionale tipica della fase di fine ciclo, non ci sembra ci sia un rischio di una recessione degli utili, mentre intravediamo il potenziale per degli approcci bottom-up nel corso dell’anno.

Tuttavia, crediamo che la situazione favorevole a livello mondiale di cui abbiamo beneficiato sinora (sweet spot) stia cedendo il passo a una fase più fragile in cui il rischio assoluto dovrebbe venire ridotto e in cui potrebbero essere invece sfruttate delle opportunità relative value a favore di alcuni segmenti in Europa e nei Paesi emergenti.

Questa è ovviamente una visione tattica per il resto dell’anno perché nel 2020 compariranno nuovamente i rischi di un’ulteriore decelerazione, ma in un mondo caratterizzato da bassi rendimenti è fondamentale sfruttare le opportunità tattiche per dare un po’ di slancio a un quadro sui rendimenti piuttosto opaco.

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